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A proposito di erbe officinali. Cenni di storia del Farmaco.

Probabilmente la parola farmaco deriva dal greco pharmacon, rimedio. Presso gli antichi greci, il pharmacos era la vittima sacrificale, il capro espiatorio: la sua uccisione consentiva di allontanare la punizione divina dalla popolazione. La pratica, in auge presso gran parte dei popoli antichi, rivelava la sua intrinseca ambiguità: con la morte certa di pochi si cercava di garantire la salvezza sperata a molti, dando così, contemporaneamente morte e vita.

La sostanza pharmacon parallelamente, doveva allontanare dal corpo malato lo spirito maligno che lo affliggeva e la vittima, in questo caso, poteva essere anche lo steso paziente. Era del tutto evidente la natura ambigua delle droghe (ambiguità conservata nelle lingue anglosassoni dove il termine drug può assumere due significati nettamente contrapposti: farmaco e droga): a seconda del dosaggio e, più in generale, dell’uso che se ne faceva, potevano essere curative o tossiche. Omero, del resto, usa lo stesso termine per indicare sia il nepente – bevanda probabilmente a base di oppio che Elena offre allo sconsolato Telemaco in cerca di notizie di suo padre (Odissea, libro IV, vv. 219-234) – sia la pozione malefica con cui la maga Circe aveva trasformato i compagni di Ulisse in maiali (op. cit., X, 210-243; probabilmente un infuso di solanacee dagli effetti depersonalizzanti).

Dulacamara (Solanum Dulcamara) – Famiglia delle Solanacee

Era così chiara l’ambiguità dei farmaci che il mondo greco l’aveva, per così dire, istituzionalizzata nel mito di Asclepio (Esculapio), la divinità che aveva appreso da Chirone gran parte dell’arte medica, ma che aveva poi acquisito, grazie a Perseo, un rimedio infallibile per liberarsi dei nemici e resuscitare gli amici: con il liquido sgorgato da un lato del collo di Medusa, dava la morte; con quello proveniente dal lato opposto dava la vita agli amici (pare che avesse preso a resuscitare tanti morti da svuotare l’Ade. Zeus, temendo che l’ordine dell’universo venisse sovvertito, fulminò Asclepio). Nell’arte greca Asclepio viene sempre rappresentato con uno o due serpenti che ricordano, forse, l’origine e l’ambivalenza dei suoi poteri.

Asclepio, dio greco della medicina

Del resto, molto prima (c.a. 1200 a. C.), nella Bibbia il serpente aveva assunto l’ambiguo valore simbolico di vita e morte, fecondità e tentazione. A parte ciò che accadde nel Paradiso terrestre, nel libro dei Numeri (21, 8-9) è riportato uno dei diversi momenti di insofferenza del popolo ebraico nel deserto: erano stufi di cibarsi della solita manna. Allora Dio li punì facendoli mordere da serpenti velenosi.

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