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FARMACOVIGILANZA E FARMACIA

 

Anche un medicinale di uso ampio e consolidato può con il tempo riservare sorprese (vedasi il recente caso della nimesulide). Ecco allora l’importanza di un monitoraggio costante, che deve vedere coinvolto il farmacista, soprattutto nei farmaci di automedicazione. Il parere di Luigi Bozzini dell’Aita
II recente caso della nimesulide, farmaco analgesico e antinfiammatorio di ampio e consolidato impiego, che dopo oltre 20 anni ha rivelato una possibile tossicità epatica in soggetti che ne facevano un uso cronico, testimonia come sia necessario sottoporre i medicinali a un monitoraggio costante. Non esistono, infatti, farmaci sicuri al 100 per cento, perché tutti possono nel tempo rivelare effetti indesiderati. Ecco perché viene attribuita alla farmacovigilanza un’importanza sempre maggiore, al punto che questo impegno deve diventare, anche per il farmacista, costante e rilevante. Peraltro si tratta di un ruolo prezioso, proprio di quelli che qualificano come indispensabile la funzione professionale della categoria. Al farmacista, inoltre, spetta in particolare la farmacovigilanza sui prodotti di automedicazione, che rappresentano il suo esclusivo armamentario terapeutico. Approfondiamo l’argomento con il dottor Luigi Bozzini, che dopo una lunga esperienza come direttore di farmacia ospedaliera e del Servizio farmaceutico territoriale occupa ora la funzione di coordinatore della Segreteria scientifica della Direzione generale dell’Aita. Capita spesso di sentire che nuovi studi rivelano pericoli inattesi nell’uso di principi attivi anche di consolidato impiego. Recente il caso della nimesulide, ma non solo… Certo, pensiamo all’acido acetilsalicilico, sintetizzato 110 anni fa e dalle ben note proprietà analgesiche, antipiretiche e antinfiammatorie. Agli inizi degli anni 70 del secolo scorso è stata dimostrata una stretta correlazione tra una malattia pediatrica -piuttosto rara, che insorge con sintomi neurologici e disturbi epatici gravi, anche mortali- e l’assunzione di acido acetilsalicilico da parte di bambini al di sotto i 12 anni affetti da varicella o sindromi similinfluenzali (sindrome di Reye). Poi, verso la fine degli anni ’80, è stato approvato l’impiego di questo farmaco come antiaggregante piastrinico per la prevenzione e il trattamento dell’infarto del miocardio e dell’ictus cerebrale. Ho portato l’esempio dell’acido acetilsalicilico per evidenziare come il profilo di efficacia e tossicità di un farmaco non debba essere mai considerato come definitivo, anche dopo molti anni dalla sua commercializzazione. Infatti, soltanto quando un prodotto farmaceutico è utilizzato per lungo tempo su ampie popolazioni, talora è possibile individuare effetti indesiderati rari o rarissimi, che non era stato possibile mettere in luce durante gli studi clinici. Nel caso della nimesulide, va ricordato che, pur essendo richiesta la prescrizione medica, era invalsa l’abitudine, essenzialmente italiana, di dispensare il farmaco in gran parte anche senza la presentazione della ricetta. La segnalazione della sua tossicità epatica ha indotto l’autorità sanitaria all’obbligo della ricetta da rinnovare volta per volta, così da limitare l’esposizione dei pazienti al farmaco, scoraggiando fenomeni di uso improprio e/o abuso. Perché la popolazione sia il più possibile protetta dai rischi delle reazioni avverse è essenziale che tutti gli attori coinvolti nel sistema -dal paziente correttamente informato, al medico prescrittore attento, al farmacista responsabilizzato nella sua professionalità, alle autorità regolatone- contribuiscano tutti a un utilizzo appropriato dei farmaci. Perché, a suo avviso, c’è una diffusa tendenza a indirizzarsi a prodotti con obbligo di ricetta quando, come per esempio nel caso del dolore lieve, c’è abbondanza di efficaci principi attivi di automedicazi

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