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La «certificazione» resta ai produttori

Sara Todaro – 26 giugno 2013 – Il Sole24Ore

Spetterà ancora ai produttori farmaceutici certificare che le materie prime utilizzate per la produzione dei propri prodotti- anche importate da Paesi terzi – rispettano le norme di buona fabbricazione, ferma restando la possibilità per l’Agenzia italiana dei farmaci di compiere ispezioni per accertarsi che le materie prime corrispondano alla certificazione resa dalla persona qualificata responsabile della produzione del relativo medicinale.

A prevederlo è l’articolo 44 del "decreto del fare", che proroga a data da destinarsi la scadenza del 3 luglio prossimo, data a partire dalla quale le materie prime in questione, anche se importate da Paesi terzi avrebbero dovuto essere corredate dal previsto certificato di conformità rilasciato all’officina di produzione dalle Autorità regolatorie di uno Stato dell’Unione europea.

Il decreto "fare" cancella la scadenza abrogando il comma 3 dell’articolo 54 del Dlgs 219/2006 che la prevedeva, lasciando inalterato l’assetto normativo preesistente e rinvia l’adozione delle nuove procedure all’entrata in vigore del Dlgs dì recepimento della direttiva 2011/62/Ue, meglio nota come "direttiva anticontraffazione".

Quest’ultima – approvata nel giugno 2011 e in vigore nell’Ue dal 2 luglio prossimo – modifica il codice Ue dei medicinali dettando norme tese ad impedire l’ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale.

La direttiva è destinata ad avere un notevole impatto sull’attività di controllo esercitata dalle autorità regolatorie europee nell’ambito della produzione e importazione di principi attivi, in quanto statuisce che i produttori e gli importatori di principi attivi debbano essere obbligatoriamente registrati presso le autorità regolatorie nazionali, le quali, pertanto, dovranno sviluppare un adeguato sistema di valutazione delle officine di produzione e degli importatori di principi attivi che includa anche le attività ispettive. Le sostanze attive dovranno essere accompagnate dalla conferma scritta da parte dell’Autorità competente del Paese terzo esportatore che attesta il rispetto di standard almeno equivalenti a quelli validi nella Ue nonché l’esecuzione di controlli periodici, rigorosi e trasparenti, con ispezioni ripetute e senza preavviso.

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