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Mi aspetto moltissimo.

Il servizio sanitario nazionale fa spendere troppo o fa aspettare troppo? In altre parole, costa troppo per quello che da o quella italiana è una spesa troppo elevata rispetto agli indicatori internazionali?
Prima di tutto è bene precisare che in Italia non si spende troppo per la sanità. La nostra spesa è infatti in linea con quella media europea e semmai appare ancora carente per far fronte a nuove emergenze, come quella della cronicità, che necessitano di maggiori risorse finanziarie e di maggiore integrazione con i servizi sociali. Nello stesso tempo la stessa Oms ci ha riconosciuto il pregio di offrire un buon livello di assistenza sanitaria pur in presenza di finanziamenti non certo altissimi.
Eppure nonostante ciò, e la sua domanda lo conferma, esiste un pregiudizio diffuso sul fatto che la sanità pubblica sia fonte di sprechi e di spese eccessive. Non è vero e uno dei miei compiti sarà proprio quello di dimostrarlo anche attraverso un’attenta analisi dell’effettiva appropriatezza del sistema rispetto a precisi indicatori di risultato e di costo-efficacia. Evidentemente a qualcuno, per molto tempo, ha fatto comodo presentare un volto spendaccione e sprecone della sanità italiana che non risponde assolutamente al vero, almeno nella stragrande maggioranza delle realtà territoriali.
Problemi di efficienza: è esperienza comune che è assai più facile ottenere una prestazione a pagamento, anche in presidi pubblici, rispetto a quelle erogate a carico del Ssn. Mantenendo i due canali aperti non si rischia di vedere sempre in sofferenza quello pubblico? Qual è il bilancio dell’attività libero-professionale intramoenia?
Con la norma inserita nel decreto legge sulla competitività all’esame del Parlamento in queste settimane, abbiamo dato un segnale deciso di svolta alla questione dell’intramoenia. Non si discute il diritto alla libera professione del medico, ma si deve finalmente far chiarezza sul fatto che l’attività ordinaria nell’ambito delle strutture pubbliche è la mission primaria dei medici e delle aziende sanitarie del Ssn. Se ben governata e regolamentata e, soprattutto, se adeguatamente vigilata, la libera professione può rappresentare un’opportunità per la sanità pubblica e per il cittadino. Altrimenti diventa un’altra cosa e il rischio dei due canali aperti si evidenzia. Questo non lo tollereremo.
Sempre sull’efficienza del sistema, quanto pesa una spinta al consumismo e anche una generale intolleranza dell’utente? Diceva un economista che il cittadino è pronto a fare chilometri per pagare meno i biscotti al discount ma difficilmente accetta di spostarsi per un’indagine diagnostica…
Non penso sia questione di chilometri. Il cittadino ne fa già troppi oggi per ottenere una prestazione al di fuori dell’ospedale. La mia grande sfida di legislatura è proprio quella di porre il cittadino nelle condizioni di essere protagonista del sistema sanitario attraverso una profonda riorganizzazione della medicina delle cure primarie. Per farlo ho pensato alla necessità di dare una “casa”, anche fisica e tangibile, a questo settore e l’ho chiamata la “Casa della salute” ad intendere il luogo dove concentrare esperienze, competenze, servizi e coordinamento di tutte quelle forze professionali, tecniche e logistiche oggi disperse sul territorio e difficilmente “visibili” e raggiungibili dal cittadino. Oggi è il cittadino, al di fuori dell’ospedale, che deve “cercare” la prestazione appropriata, non è il servizio sanitario ad andare incontro alle sue esigenze. Con la Casa della Salute intendo invece dare un’identità precisa a tutta la medicina territoriale in collegamento e in rete con l’ospe

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