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Orario di lavoro dell’ISF

L’ISF non ha un orario predeterminato di inizio, di termine o di pausa nella giornata lavorativa e, perciò, li organizza autonomamente (salvo accordi, non peggiorativi, RSU-azienda già in atto).

Tale autonomia gestionale ed organizzativa deriva all’informatore scientifico dal profilo del livello B riconosciuto a questo professionista dal CCNL dei chimici.

Da quanto sopra indicato gli ISF soggiacciono ad un orario settimanale medio di 40 ore divisi in 5 giorni (le famose 8 ore di lavoro giornaliere). Nel nostro caso non si specifica se in queste siano più o meno compresi gli spostamenti con l’auto, la gestione saggi ed il lavoro amministrativo, lasciando perciò vari dubbi interpretativi. L’INAIL però con sue specifiche circolari considera orario di lavoro tutto, anche il tragitto dalla propria abitazione (da più sentenze della Cassazione ritenuta dipendenza aziendale) per raggiungere il primo medico.

Pertanto la peculiarità dell’attività dell’ISF non prevede l’obbligo di uno specifico orario di lavoro o di inizio o di fine orario come per altre categorie, essendo in pratica un lavoro svolto in autonomia ed è perciò impossibile indicare paletti rigidi.

Questo spiega anche il perché le aziende, di norma, tendono a far aumentare il numero dei medici visitati e non parlano mai con l’ISF di orario di lavoro.

Il CCNL in materia di trasferte (art. 18 e 25) non prevede un chilometraggio oltre il quale è obbligatorio un eventuale pernottamento.

La possibilità quindi di pernottare fuori casa fa parte della libera autonomia gestionale dell’ISF. A meno che non sia prevista da un accordo aziendale con la RSU, o una rappresentanza interna dei lavoratori.

Notizia correlata: Corte Ue: spostamenti di lavoro valgono come orario ufficio

Trasferta e Trasferimento

Con la sentenza n. 5701 del 22 marzo 2004, la Cassazione ha affermato che “il tempo impiegato per raggiungere il posto di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria (con sommatoria al normale orario di lavoro), allorché sia funzionale rispetto alla prestazione“.

Nota.

L’infortunio in itinere consiste nell’infortunio occorso al lavoratore durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, oppure durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro.
Qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, l’evento può ricomprendere anche il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti.

La riforma del 2000 (cfr. D.Lgs. 38/2000) ha per la prima volta legislativamente inserito nella tutela assicurativa l’infortunio in itinere.

Il più recente sviluppo giurisprudenziale – ed a questo si è fatto riferimento nella stesura della nuova normativa – ha ulteriormente superato l’antico principio del rischio specifico, riconoscendo l’indennizzabilità di infortuni avvenuti durante il cammino a piedi, ed in assenza di particolari condizioni di rischio, oppure nel corso del trasporto su mezzo pubblico, giungendosi ad affermare che l’elemento discretivo dell’indennizzabilità è la finalità di recarsi al lavoro o di ritornarne.

Per approfondimenti si vedano le seguenti voci:

INAIL. Infortunio in itinere

Redazione Fedaisf

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