Note di redazionePrimo Piano

Regime forfettario, Partita Iva 2015: ecco le novità della legge di Stabilità da gennaio. False partite IVA: operative le presunzioni di subordinazione. N.d.R.

A partite dal 1° Gennaio 2015, chi decide di aprire una nuova Partita IVA e aderire al regime forfettario vedrà dei cambiamenti rispetto al passato, che non favoriranno proprio tutti, anzi… la nuova legge di Stabilità ha introdotto novità in merito alle fasce di età, le aliquote IRPEF e per chi percepisce altri redditi). Vediamo i dettagli.

Regime forfettario 2015, fasce di età e di reddito

Al nuovo regime forfettario possono accedere i contribuenti di età inferiore ai 41 anni. Le fasce di reddito per poter aderire, vanno dai 15mila euro l’anno per consulenti e professionisti fino ai 40mila euro l’anno per i commercianti. Altre condizioni sono che i beni strumentali non abbiano un valore superiore ai 20mila euro (al lordo di ammortamento) e che le spese per prestazioni di lavoro non siano superiore ai 5mila euro.

Regime forfettario 2015, aliquote IRPEF e base imponibile

L‘aliquota IRPEF prevista per il nuovo regime forfettario è del 15%. Chi possiede già la Partita IVA e ha già aderito al regime dei minimi, ha la possibilità di passare al nuovo regime o continuare a pagare il 5% per altri 4 anni (o fino al raggiungimento dei 35 anni). Cambia anche la base imponibile su cui si calcola l’aliquota. Mentre rima era costituita dalla differenza fra ricavi e costi, adesso bisognerà moltiplicare i ricavi annui per un coefficiente di redditività. Questo passaggio riduce il valore dei ricavi ottenuti e rappresenta il forfait.

Tra i vantaggi del regime forfettario includiamo l’esonero dall’obbligo di registrazione e di tenuta delle scritture contabili, dagli studi di settore, dall’IRAP, dalle ritenute e dall’essere soggetti IVA. Inoltre, per le nuove iniziative produttive la base imponibile viene ridotta di un terzo per i primi 3 anni, sempre che nei 3 anni precedenti non si è svolta un’attività simile o uguale.

Regime forfettario 2015, contributi INPS e redditi cumulati

Per chi apre una nuova Partita IVA in qualità di consulente o professionista, senza iscrizione a uno specifico ordine professionale, l’aliquota da versare all’INPS per i contributi previdenziali sarà del 27,72%, ma questa andrà progressivamente ad aumentare fino ad arrivare al 33% previsto per il 2017 (salve nuove modifiche) . Chi ha una ditta individuale è soggetto ad un’aliquota inferiore, ma con un minimo contributivo. Chi percepisce altri redditi (da pensione o da lavoro), può aderire al nuovo regime solo se i redditi da lavoro autonomo sono superiori agli altri eventuali redditi.

Nota: Nuovo regime dei minimi: i chiarimenti delle Entrate

Partite Iva: prima Renzi le colpisce, poi le ‘salva’ con lo slogan

Elisabetta Ambrosi | 23 dicembre 2014 | Il Fatto Quotidiano

E’ di stamattina l’annuncio del premier Renzi di un provvedimento ad hoc per le partite Iva, in particolare quelle dei professionisti e free lance. “Serve correttivo”, ha annunciato il premier a poche ore dall’approvazione della legge di Stabilità. Una legge [legge di Stabilità, il testo] fatta dal suo governo e che quindi avrebbe dovuto direttamente riconoscere le istanze di uno dei pochi settori del paese che, mentre da un lato sta producendo conoscenza e innovazione, dall’altro non riesce a sopravvivere, vessato soprattutto da un’aliquota contributiva insensata e folle, pagata totalmente dal lavoratore e che, oltretutto, non servirà in alcun modo a garantirgli una pensione, ma solo a compensare i debiti delle altre casse dell’Inps (visto che la gestione separata, nella quale questi professionisti versano sudatissimi soldi, è l’unica in attivo, ma non eroga alcuna tutela verso coloro che invece la finanziano).

Il problema resta sempre lo stesso: Renzi è un under quaranta che non sa nulla di come vivono e lavorano gli altri under quaranta. Nato, lavorativamente parlando, dentro un apparato burocratico, ci è sempre rimasto e sembra non avere alcuna cognizione di cosa nel mondo del lavoro non dipendente sta realmente accadendo. Eppure ormai tutto si gioca là fuori: fuori cioè dal perimetro di un lavoro garantito al quale il governo Renzi ha tolto alcune tutele ma che comunque è destinato progressivamente a ridursi ancora di più di quanto non accada.

E allora sarebbe stato fondamentale interrogarsi prima di varare una legge che, modificando il regime dei minimi, l’unica agevolazione concessa ai giovani senza lavoro dipendente in questi infami anni di crisi, di fatto aumenta la tassazione sui professionisti che guadagnano di meno, magari laureati e formati, eppure impossibilitati a vivere del loro guadagno. Ma ci sarebbe stato soprattutto da interrogarsi prima di confermare l’aumento delle aliquote contributive Inps, il cui blocco era stato persino approvato in Commissione Bilancio, e che è veramente l’aspetto che impedisce a questi giovani lavoratori di poter sopravvivere. Decurtare da ciò che si è guadagnato, in tempi di crisi e con il lavoro che diminuisce, il trenta per cento per i contributi, più le tasse, significa praticamente andare a guadagnare meno della metà del lordo. Ma non basta perché questi lavoratori sono costretti a pagarsi, oltre la previdenza, tutto il resto da sé. Come un’assicurazione medica, oppure un’assicurazione che consenta loro di ricevere qualche soldo nel caso non possano lavorare.

Ad esempio se si ammalano di malattia grave, come è successo a Daniela Fregosi, diventata ormai un simbolo della lotta dei lavoratori autonomi per avere diritti di base come la sospensione dal pagamento dei contributi nel caso si abbia un tumore (come Daniela Fregosi scrive da mesi sul suo blog Afrodite K,  un lavoratore autonomo che si ammala non ha diritto né alla malattia prolungata,né ad un sostegno al reddito integrativo nei mesi di malattia come sarebbe umano e normale se l’Inps fosse un ente normale e l’Italia un paese normale, né tantomeno alla pensione di invalidità, per la quale sono richiesti requisiti inverosimili).

I lavoratori autonomi, quei giovani appunto spesso evocati da Renzi – chi non ricorda la famosa mamma a partita Iva che avrebbe dovuto essere presto tutelata? -, continuano ad essere prima ancora che vessati completamente ignorati da una classe politica che del mercato del lavoro non sa nulla. Eppure sono la cartina di tornasole di anni di riforme mancate. Ed è proprio attraverso la loro protesta, che presto si farà sentire con forza, anche con misure radicali come  l’ipotesi di uno sciopero contributivo, che esploderà ben presto la contraddizione italiana: un paese che fino agli anni Novanta è vissuto tutelando solo il lavoro dipendente e lasciando al lavoro autonomo di un tempo, professionisti, artigiani e commercianti, la possibilità di evadere in cambio. Ma che oggi è invece un paese dove le professionalità più avanzate passano soprattutto attraverso il lavoro autonomo, che è profondamente cambiato rispetto al passato e oggi accoglie anche tutti quei laureati (che un tempo sarebbero entrati in ministeri, scuole, aziende), oltre che le nuove piccole imprese, fatte sempre da giovani che cercano di inventarsi un lavoro nell’era del non lavoro e della crisi economica.

Oggi chi non ha un lavoro dipendente si trova in questa condizione: se ha un lavoro, paga tasse e contributi enormi senza ricevere alcun servizio né tutela. Se è disoccupato, non riceve alcun redditoperché non esiste un sussidio di disoccupazione per i professionisti. Se si ammala, e non può lavorare, deve comunque continuare a pagare tasse e contributi. Quando avrà l’età di andare in pensione, non potrà andarci perché i suoi contributi saranno serviti a pagare altre pensioni, non la sua. I lavoratori autonomi non hanno ricevuto, né riceveranno, gli ottanta euro. L’aumento delle aliquote servirà infatti a finanziare un’Aspi che riguardar forse quei co.co.co che lo stesso Renzi ha detto di voler eliminare.

Dunque per  loro, nulla di nulla, tranne l’ennesimo annuncio. Non sarebbe un problema per il governo, se restassero una minoranza. Peccato che quelli che non hanno un lavoro dipendente sono la maggioranza tra i giovani lavoratori. E in futuro saranno la maggioranza dei lavoratori. Cominciare a capire chi siano è urgente. Ma il governo, e pure i sindacati, continuano a concepire il lavoro solo come lavoro dipendente. O, al massimo, parasubordinato, cioè quasi dipendente.

Sugli altri milioni di lavoratori, solo l’indifferenza che nasce dall’ignoranza, unita a miopi misure vessatorie. Rimangiate, per ora solo verbalmente, poche ore dopo aver brindato alla più equa delle leggi di Stabilità.

Notizie correlate“Un errore la mazzata fiscale alle partite Iva” Sab, 27/12/2014 – Il Giornale

Ecco come il governo sta bistrattando le partite Iva. Parla Anna Soru (Acta)

Altro tema cruciale è l’aumento dal 27 al 33 per cento dei contributi alla gestione separata Inps a carico delle partite Iva.

Aumento che scatterà da gennaio 2015. E che riguarderà la gran parte dei lavoratori libero professionali. Anche per questo motivo molti di noi sono fuggiti da una gestione separata assai poco conveniente. Il risultato è deprimente rispetto al resto dell’Europa.

Perché?

Il peso contributivo e fiscale per il lavoratore autonomo è in Italia leggermente superiore a quello che grava su un lavoratore dipendente. Ma il primo non gode del bonus degli 80 euro in busta paga né dei benefici del Welfare, compresa l’Aspi introdotta dalla legge Fornero per tutelare chi si ritrova involontariamente senza lavoro. Un’indennità allargata a tutti tranne noi, che invece la paghiamo per gli altri. La differenza rispetto alle persone con rapporto subordinato è che oggi per noi mancano i ritorni di mercato e di profitto del passato.

( … continua)

False partite IVA: operative le presunzioni di subordinazione

di Giulio Bruno – Responsabile U.O. vigilanza ordinaria della DTL di Lodi

Scade il 31 dicembre 2014 il termine previsto dalla legge Fornero per l’applicazione dei criteri presuntivi volti a mascherare le false partite IVA. Dal 1° gennaio 2015 gli ispettori potranno far valere gli indici di presunzione di collaborazione coordinata e continua, che testano la genuinità o meno della partita IVA aperta dal lavoratore. Qualora se ne rilevassero i presupposti, la prestazione resa dal possessore di partita IVA andrà ricondotta ad una collaborazione coordinata e continuativa se sussiste il progetto; in assenza del progetto, il rapporto sarà considerato di tipo subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto, prima fattura (Vedasi: Disciplina del rapporto di lavoro).

Negli ultimi tempi gli enti ispettivi si sono trovati a dover fronteggiare, in maniera sempre più consistente, il fenomeno delle false partite IVA.

Soggetti che in passato, hanno usufruito e sfruttato il cosiddetto lavoro sommerso, oggi si avvalgono di forme di “pseudo-artigianato”, utili, sostanzialmente, a mascherare, rapporti lavorativi che, invece, in tutto e per tutto, sono riconducibili alle prestazioni subordinate.

In particolare l’ente ispettivo può imbattersi in lavoratori che, pur muniti di partita Iva, continuano a svolgere attività di lavoro subordinato presso l’azienda nella quale erano, in precedenza, anche contrattualmente, dipendenti.

Indici di presunzione

La legge Fornero (legge n. 92/2012), al fine di contrastare il fenomeno delle false partite Iva, ha regolamentato i rapporti tra soggetti titolari delle stesse, introducendo un meccanismo di presunzione al verificarsi di alcune specifiche condizioni (art. 69 bis nel D.lgs. 276/2003).

I titolari di partita Iva si presumono collaboratori a progetto e, in assenza del progetto, lavoratori subordinati nel caso in cui si realizzino almeno due delle seguenti condizioni:

_______________________________________________________________
1) La collaborazione con lo stesso committente ha una durata superiore a otto mesi per due anni consecutivi (241 giorni, anche non continuativi)
Il personale ispettivo dovrà considerare i periodi di attività desumendoli da documenti, come lettere d’incarico o fatture, in cui è indicato l’arco temporale di riferimento della prestazione professionale. Per gli ispettori saranno indispensabili anche le testimonianze di altri lavoratori o di terzi.
2) Il corrispettivo derivante dalla collaborazione, fatturato anche a più soggetti, supera l’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi.
Nel calcolo devono rientrare solo i corrispettivi derivanti da prestazioni autonome, escluse eventuali somme percepite per prestazioni di lavoro subordinato o accessorio o redditi di altra natura. Si dovranno considerare i corrispettivi fatturati, a prescindere dall’incasso delle somme.
3) La presenza di una postazione fissa di lavoro, non necessariamente di uso esclusivo.
Il personale ispettivo deve verificare se, negli archi temporali utili alla realizzazione di una delle condizioni indicate, il collaboratore possa usufruire di una postazione ubicata in locali di disponibilità del committente, indipendentemente dalla possibilità di utilizzare attrezzatura necessaria allo svolgimento dell’attività.

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Ambito di applicabilità della presunzione

La circolare n. 32/2012 del Ministero del Lavoro chiarisce che per i primi due parametri la verifica potrà essere eseguita a posteriori, una volta che siano trascorsi due anni dalla legge 92/2012 (la durata di 8 mesi deve essere riferita a ciascun anno civile e, poiché la legge Fornero è entrata in vigore il 18 luglio 2012, la condizione potrà concretamente realizzarsi solo a partire dai periodi 1° gennaio – 31 dicembre degli anni 2013 e 2014).

È solo dal 1° gennaio 2015, pertanto, che gli ispettori potranno far valere gli indici di presunzione di collaborazione coordinata e continua (lavoro parasubordinato), che indicano la genuinità o meno della Partita Iva aperta dal lavoratore.

Si tratta di una presunzione relativa perché il committente può fornire prova dell’effettiva autonomia del lavoratore munito di partita Iva.

Qualora gli ispettori rilevassero tali condizioni, la prestazione resa dal possessore di partita Iva andrà ricondotta a una collaborazione coordinata e continuativa sempre che si accerti l’esistenza di un progetto.

Si applicheranno, pertanto, tutte le disposizioni previste per tale contratto (titolo VII, capo I d.lgs. n 276/2003), ivi comprese le disposizioni in materia di sospensione del rapporto in caso di malattia e infortunio e proroga dello stesso in caso di gravidanza.

Qualora invece il datore ometta il progetto, il rapporto sarà considerato di tipo subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto (prima fattura).

Tale strumento è diretto a semplificare l’attività ispettiva mediante l’utilizzo di un meccanismo di carattere presuntivo, ma non rappresenta l’unico modo per ricondurre, da parte degli ispettori, un rapporto di natura autonoma nell’alveo della subordinazione.

Nel caso di accesso ispettivo presso un’azienda, pertanto, a prescindere dagli indici presuntivi sopra indicati, l’ente ispettivo eseguirà tutte le verifiche opportune per valutare se l’utilizzo delle partite iva abbia come scopo quello di eludere la normativa in materia di lavoro dipendente.

Accertamenti in sede ispettiva

Al fine di verificare se si tratti di un lavoratore autonomo o di un lavoratore dipendente, l’ente ispettivo valuterà:

· l’esercizio del potere direttivo da parte dell’impresa o di altro soggetto quale, ad esempio il committente

· l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale

· l’esecuzione da parte del lavoratore delle medesime attività degli altri dipendenti della ditta; l’utilizzo di attrezzature dell’impresa e di dispositivi di protezione individuale fornitegli dall’impresa

· l’osservanza vincolante di un orario di lavoro

· il pagamento di una retribuzione fissa calcolata sulla base delle ore di lavoro svolte e sull’effettiva presenza

· l’assenza di rischio di impresa.

Se il lavoratore autonomo, ingaggiato dall’impresa, agisce in base agli indici di subordinazione sopraindicati, la situazione è irregolare e il lavoratore dovrà̀ essere assunto dall’impresa esecutrice a far data dal momento in cui ha avuto inizio la prestazione.

Nonostante l’assunzione, il lavoratore potrà mantenere la qualifica d’impresa individuale, ma troveranno applicazione gli oneri previdenziali, assicurativi, contributivi, retributivi e le tutele per la salute e la sicurezza sul lavoro proprie del lavoro subordinato e tipiche per l’impresa.

In tutti i casi di disconoscimento della natura autonoma delle prestazioni, il personale ispettivo è tenuto a contestare al soggetto utilizzatore, oltre che le violazioni di natura lavoristica connesse alla riconduzione delle suddette prestazioni al lavoro subordinato e le conseguenti evasioni contributive, anche quegli illeciti riscontrabili in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in materia di sorveglianza sanitaria e di mancata formazione e informazione dei lavoratori adottando apposito provvedimento di prescrizione obbligatoria ai sensi del D.lgs. n. 758/1994.

Impresa di fatto

Altra figura utilizzata per eludere la normativa in materia di lavoro dipendente è quella dell’impresa di fatto: l’ente ispettivo accerta l’esistenza di una pluralità̀ di lavoratori autonomi di cui solo uno tra questi ha assunto le obbligazioni contrattuali e gli altri, muniti di partita Iva, operano, di fatto, con vincolo di subordinazione nei confronti del primo obbligato, in presenza o meno di contratto formale.

Il lavoratore autonomo che organizza concretamente l’attività dei propri colleghi “autonomi” è soggetto alle sanzioni previste a carico del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 299 del D.lgs. 81/08 ed è considerato quale datore di lavoro.

Conseguenze della riqualificazione

Gli ispettori che accertino la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, diffideranno il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido, ai sensi dell’art. 13 del D.lgs. 124/2004, alla regolarizzazione delle inosservanze entro un termine e secondo modalità indicate.

In caso di regolarizzazione, entro i termini assegnati e con le modalità fissate, il trasgressore o l’eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all’importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa.

Sanzioni applicate

Per le omesse registrazioni nel libro unico del lavoro nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo.

– la sanzione amministrativa (art. 13 del D.lgs. 124/04) è pari ad euro 1.200,00 e la sanzione amministrativa determinata ai sensi dell’art. 16 della Legge 689/81 è pari ad euro 2.400,00

Per la mancata consegna al lavoratore diuna copia del contratto individuale di lavoro che contenga anche tutte le informazioni previste dal decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152.

– la sanzione amministrativa (art. 13 del D.lgs. 124/04) è pari ad euro 250,00 e la sanzione amministrativa determinata ai sensi dell’art. 16 della Legge 689/81 è pari ad euro 500,00

Per la mancata comunicazione al competente Centro per l’impiego prima dell’immissione al lavoro del dipendente

– la sanzione amministrativa(art. 13 del D.lgs. 124/04) è pari ad euro 100,00 e la sanzione amministrativa determinata ai sensi dell’art. 16 della Legge 689/81 è pari ad euro 166,66.

Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione.

Notizie correlate:

Fedaiisf per chi inizia. Attenzione ai contratti di assunzione!

Cassazione. Non è agente di commercio l’informatore scientifico  –  La sentenza

N.d.R.: La professione dell’Informatore Scientifico del Farmaco è regolamentata da D. Lgs. 219/06, in particolare l’art. 122 ne traccia i requisiti e l’attività. Al comma 3 si dice che “L’attività degli informatori scientifici è svolta sulla base di un rapporto di lavoro instaurato con un’unica impresa farmaceutica. Con decreto del Ministro della salute, su proposta dell’AIFA, possono essere previste, in ragione delle dimensioni e delle caratteristiche delle imprese, deroghe alle disposizioni previste dal precedente periodo”.

A differenza del precedente D.Lgs. 541/92 (art. 9, comma 3) in cui si diceva che l’attività degli ISF è svolta sulla base di un rapporto di lavoro univoco e a tempo pieno, la nuova norma non specifica il tipo di rapporto di lavoro. Ė comunque evidente che l’attività e la mansione dell’ISF non cambia qualunque contratto si adoperi (dipendente o autonomo).

Pur essendo molto diffuso il contratto d’agenzia, gli ISF non sono e non possono essere agenti di commercio (vedi sentenza della Cassazione n. 19394/2014), nel senso che non concludono, e non lo possono fare per le leggi citate sopra, contratti di vendita di farmaci con i farmacisti. Coloro che lo fanno sono Rappresentanti di Commercio, non ISF.

Gli informatori inoltre svolgono un lavoro intellettuale. Lo stabilisce il punto 2 della classificazione ISTAT delle professioni che comprende PROFESSIONI INTELLETTUALI, SCIENTIFICHE E DI ELEVATA SPECIALIZZAZIONE e porta come esempio di questo gruppo proprio l’informatore scientifico del farmaco mentre l’art. 2229 del Codice Civile dispone che per l’esercizio delle professioni intellettuali è necessaria l’iscrizione in appositi Albi o Elenchi. Nonostante ciò gli ISF non dispongono di un Albo e quindi non sono tutelati da nessun Ordine e non avendo una previdenza dell’Ordine devono necessariamente avere una previdenza INPS, se dipendenti diretti con CCNL, o una gestione previdenziale separata dell’INPS se autonomi.

Molti nuovi contratti per neoassunti sono a partita IVA: come Agenti (non di commercio, però), consulenti (senza l’obbligo di Enasarco), procacciatori, ecc.. Resta in sospeso sul come vengono calcolati gli emolumenti per queste figure professionali autonome. Di solito sono provvigioni su vendite che gli Informatori non fanno, ma che il loro lavora “stimola” (ma anche questo non potrebbero farlo). Sono da escludere in ogni caso le provvigioni calcolate su dati IMS/ITS in quanto, per ammissione della stessa IMS Health (Algoritmi 107, pag. 6, punto 2.2 accordo IMS/AIISF), hanno solo valore statistico.

Si vedaAIFA.Chiarimenti su ISF (Nei chiarimenti esposti da AIFA nel documento allegato del 2002 si fa riferimento al D.Lgs. 541/92 che è stato poi inserito integralmente nel D.Lgs.219/06 ad eccezione di quanto sopra esposto, cioè che “l’attività degli ISF è svolta sulla base di un rapporto di lavoro univoco e a tempo pieno” sostituito con “un rapporto di lavoro instaurato con un’unica impresa farmaceutica”. La sostanza non cambia)

Notizia correlata: Dal Jobs Act licenziamenti di gruppo

spacer Decreto legislativo su contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti
spacer Decreto legislativo Nuova Aspi
spacer Il Jobs Act (Legge 183/2014)


N.d.R.: La professione dell’Informatore Scientifico del Farmaco è regolamentata da D. Lgs. 219/06, in particolare l’art. 122 ne traccia i requisiti e l’attività. Al comma 3 si dice che “L’attività degli informatori scientifici è svolta sulla base di un rapporto di lavoro instaurato con un’unica impresa farmaceutica. Con decreto del Ministro della salute, su proposta dell’AIFA, possono essere previste, in ragione delle dimensioni e delle caratteristiche delle imprese, deroghe alle disposizioni previste dal precedente periodo”.

Pur essendo molto diffuso il contratto d’agenzia, gli ISF non sono e non possono essere agenti di commercio (vedi sentenza della Cassazione n. 19394/2014), nel senso che non concludono, e non lo possono fare per le leggi citate sopra, contratti di vendita di farmaci con i farmacisti. Coloro che lo fanno sono Rappresentanti di Commercio, non ISF.

L’art. 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003, salvo prova contraria del committente, stabilisce che le prestazioni effettuate da persone con partita IVA sono riqualificate come rapporti di lavoro dipendente (false partite IVA) qualora ricorrano almeno due delle seguenti condizioni:

  1. La collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva a 8 mesi annui per 2 anni consecutivi (lett. a – criterio temporale);
  2. Il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi, costituisca più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di 2 anni solari consecutivi (lett. b – criterio del fatturato);
  3. Il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente (lett. c – criterio organizzativo).

È evidente che l’ISF agente lavorando per un unico committente (i plurimandati devono essere autorizzato dal Ministero della Salute) e il corrispettivo che percepisce deriva da un unico “cliente” non possono per legge essere partite IVA

Sussistendo gli indici citati e in assenza di prova contraria, deve essere riqualificato il rapporto di lavoro autonomo con partita IVA in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi degli articoli 61 e 69 del D.Lgs. n. 276/2003.

Gli organi ispettivi dovranno, in fase di riqualificazione del rapporto di lavoro, redigere il verbale unico di accertamento da trasmettere all’INPS e all’INAIL, per il recupero dei contributi e dei premi e determinare le sanzioni pecuniarie amministrative per i mancati adempimenti.

Notizie correlate: Falso contratto di procacciatore. …e le false Partite IVA

Le false partite IVA. Due sentenze emblematiche

Lettera aperta di un lettore. ISF false partite IVA. N.d.R.

 

Redazione Fedaisf

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