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TRAVOLTI DALLA TANGENTOPOLI SANITARIA. ANZI NO, TUTTI ASSOLTI

Sono convinto che si sia da tempo instaurata l’automatica abitudine di accogliere senza beneficio d’inventario le più disparate e spesso infondate accuse di «malasanità». La riflessione mi è venuta alla mente leggendo sui giornali veneti (quelli nazionali non se ne sono neppure accorti) che si è conclusa con una assoluzione generale la «tangentopoli sanitaria» venuta alla luce nel 2003 con ben 4.713 indagati in tutta Italia (medici, informatori scientifici, dirigenti e funzionari della Glaxo) accusati di corruzione, peculato, associazione a delinquere ed altro. Il via era partito da una inchiesta, presentata da una conferenza stampa della Guardia di Finanza di V erona, città dove si trovano gli impianti della grande multinazionale farmaceutica. La notizia venne riportata con comprensibile enfasi e indignazione da tutta la stampa nazionale, mentre le cronache provinciali approfondivano le indiscrezioni che riguardavano primari e sanitari dei nosocomi locali. L’Unità titolò a tutta pagina «Due milioni a paziente… il prezzo della corruzione». Corrotti e corruttori erano accusati di aver organizzato un mercimonio criminoso, attraverso giri di denaro e di costosi doni, in cambio di massicce prescrizioni ai malati di farmaci della Glaxo. Molti nomi prestigiosi risultavano coinvolti. Sulla base di precedenti esperienze scrissi ripetutamente su questa rubrica che, tranne forse qualche singolo caso, il tutto mi appariva frutto di un macroscopico errore di giudizio, pericoloso ed infamante per la Sanità italiana. Finanziamenti alla ricerca, partecipazione a congressi scientifici, remunerazioni per studi e conferenze e, soprattutto, donazioni o affitti in comodato, regolarmente iscritti a bilancio, di costosi strumenti e impianti diagnostici e curativi, forniti ad ospedali che non avevano fondi per comprarseli, tutto questo veniva "interpretato" dalla magistratura inquirente come prova dell’avvenuta corruzione. Il procedimento per la sua ampiezza venne suddiviso in più filoni, una parte restò a Verona e le altre vennero dislocate presso le procure delle province coinvolte. Inchieste, intercettazioni, udienze, rinvii e quant’altro hanno devastato la vita di migliaia di persone e delle loro famiglie, portato grave danno all’immagine di una grande industria, avvalorando l’idea che è bene tenersi lontani dall’Italia, appesantito inutilmente il magro bilancio della Giustizia. Infatti dopo quasi sei anni dei 4.713 indiziati ben 3.100 sono usciti via via dalle indagini, prima ancora di andare a giudizio. 556 sono stati assolti, quasi tutti con formula piena, 6 sono stati condannati a una sanzione pecuniaria, tra i 300 e gli 800 euro, 1 ha patteggiato. Infine per il troncone di competenza veronese (142 imputati, soprattutto medici e funzionari della Glaxo) è stata la Cassazione ad intervenire, imponendo al Gup (che propendeva per la prescrizione o «perché il fatto non costituisce reato») la formula assolutoria più ampia: «Perché il fatto non sussiste». La morale della vicenda ha molti risvolti: 1. La corruzione sanitaria è estesa ma non riguarda quasi mai i medici quanto i rapporti prevaricanti tra ceto politico e strutture amministrativo dirigenziali del Ssn; 2. I mass-media rincorrono lo scandalismo mediatico senza operare riscontri e soprattutto senza dar conto delle conclusioni; 3 La Magistratura agisce spesso in questo campo senza il dovuto discernimento e senza conoscere le condizioni del Ssn. A conclusione riporto, fra i tanti, lo sfogo pubblicato dal Messaggero V eneto del prof. Tirelli, noto primario del Centro Oncologico di Aviano: «Dopo sei anni di accuse infondate è finito l’incubo. Sono stato oggetto di aggressioni fisiche e verbali, ho dovuto cambiare la macchina troppo appariscente perché la gente per strada mi accusava di aver

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