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Il volume d’arte Menarini fa brillare le sale di Capodimonte. N.d.R.

Risultati immagini per menarini napoliFu la città di Napoli a dare i natali al gruppo farmaceutico Menarini nel lontano 1886, ed è così che l’azienda è tornata in città per un omaggio all’arte e a uno dei suoi musei più mirabili, il Museo di Capodimonte.

Menarini – 10 apr 2017

Il protagonista di questo evento artistico è stato Parmigianino, tra i più importanti artefici del Rinascimento italiano e del Manierismo, di cui rappresentò l’ideale di grazia e raffinatezza. Ai suoi meravigliosi dipinti è ispirata la monografia presentata dalla farmaceutica Menarini.

L’azienda cura, infatti, la tradizionale collana Menarini di volumi d’arte da oltre mezzo secolo, e quest’anno con Pacini Editore ha realizzato una pubblicazione dedicata a Francesco Mazzola detto il  Parmigianino. L’origine del nome artistico proviene oltre che dalle sue origini parmensi, dove nacque nel 1503, anche dalla sua corporatura minuta e dall’aspetto gentile.

Pittore e abile ritrattista, nato in una famiglia di artisti tra cui il padre Filippo, inizio’ da giovanissimo a dipingere nella bottega degli zii Pier Ilario e Michele Mazzola. Le tracce della sua arte sono ancora oggi visibili a Parma, ma anche a Roma e Bologna, e a Casalmaggiore, dove scelse di essere sepolto quando morì nel 1540.

Alcune delle principali opere di Parmigianino sono però a Napoli, esposte proprio al Museo di Capodimonte: Ritratto di Galeazzo San Vitale, Ritratto di giovane donna (l’Antea), Sacra famiglia con san Giovannino, Lucrezia.

Alla presentazione del volume d’arte Parmigianino, avvenuta presso il Museo di Capodimonte, sono intervenuti il Prof. Pierluigi Leone de Castris, e l’autore del volume, il Prof. Alessandro Tosi.

“Il volume, anche grazie alle sue splendide foto e alla sua impeccabile veste editoriale, aiuterà senz’altro ad avvicinare il grande pubblico alla figura di Parmigianino. L’idea poi di presentare il volume stesso a Napoli, oltre a ricordare felicemente le origini della Menarini, consente di legare l’iniziativa allo straordinario nucleo di opere del pittore presenti nel Museo di Capodimonte, che ne rappresenta una sorta di efficace sintesi quasi monografica, dal felice esito giovanile del Galeazzo Sanvitale ai dipinti della maturità fra Roma e l’Emilia, come la Sacra Famiglia e l’Antea, e al prezioso manierismo della Lucrezia, ultimo quadro del pittore” ha dichiarato il Prof. Pierluigi Leone de Castris, Professore ordinario di storia dell’arte moderna presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, e che si è occupato in passato del Parmigianino.

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Nella foto a sinistra Barbano Dir. Il Mattino, Ennio Troiano Dir.risorse umane Menarini, Pierluigi Leone De Catris, Alessandro Tosi autore. Nella foto in alto Ritratto di Galeazzo Sanvitale dipinto dal Parmigianino alla corte dei Sanvitale alla Rocca di Fontanellato. L’opera si trovava nelle collezioni Farnese già nel 1587.

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“Menarini è nata a Napoli in via Calabritto, in quella che era chiamata ‘Farmacia Internazionale'”, ha raccontato Enno Troiano, direttore HR Corporate del Gruppo Menarini. “Un tempo i medicamenti prodotti qui servivano soprattutto per i migranti verso le Americhe, donne e uomini che hanno sofferto e sostenuto l’Italia con le proprie rimesse e i propri sacrifici in uno dei periodi più difficili della nostra storia. Poi la sede fu spostata a Firenze, dove siamo oggi una multinazionale attiva in oltre 130 Paesi al mondo, impegnata nella ricerca, prevalentemente in ambito oncologico, e con la concreta speranza di offrire nuove cure per patologie ancora irrisolte. L’arte e la bellezza italiana accompagnano da sempre Menarini, che cura con particolare attenzione la propria collana di volumi d’arte da 60 anni. Quest’anno – ha aggiunto – abbiamo deciso di coniugare la presentazione del volume dedicato al Parmigianino alla visita a Capodimonte, che custodisce una eccezionale testimonianza del suo genio artistico. Un modo per tornare a Napoli ed alle nostre origini”.

“Con questo volume abbiamo scoperto un artista straordinario che ha arricchito la nostra preziosa collana di volumi d’arte che abbiamo iniziato nel 1956 e che comprende da Leonardo da Vinci a Raffaello, da Bronzino a Tiziano”, ha concluso Lucia Aleotti, presidente del Gruppo Menarini. (italpress)

N.d.R.: Nel 1731, morto senza eredi il Duca di Parma, Antonio Farnese, l’ultimo esponente del ramo maschile della dinastia, il patrimonio passò a sua nipote Elisabetta, consorte di Filippo V di Spagna e madre del nuovo duca di Parma e Piacenza Carlo di Borbone, il quale ereditò l’intera raccolta d’arte. Scoppiata la guerra di successione polacca tra la Spagna e l’Austria, nel febbraio 1734 Carlo partì alla conquista delle Due Sicilie e nel lasciare Parma dispose il trasferimento dei beni farnesiani a Napoli, completato tra il 1735 e il 1739. Furono inclusi in questo viaggio anche le gemme e la biblioteca farnesiana, portate nel palazzo reale di Napoli nel 1736. Nella capitale del regno Carlo intanto ordinò l’edificazione di una «lustre dimora» che servisse come sede delle opere. Nacque la reggia di Capodimonte, ideata dunque unicamente a tale fine e solo successivamente utilizzata come residenza reale. La raccolta comprendeva anche le opere del Parmigianino, che non operò mai a Napoli.

Nel 2003 a Parma, con una grande mostra, si tennero le celebrazioni per il quinto centenario dalla nascita del Parmigianino (1503-1540) che videro 270.000 presenze

Curiosamente anche la Reggia di Colorno fu depredata dagli “italiani”. Dopo l’Unità d’Italia il palazzo venne ceduto dai Savoia al Demanio dello Stato italiano. Quasi tutto l’arredo mobile della reggia fu trasferito nei vari palazzi dei Savoia, tra cui il Quirinale a Roma, Palazzo Pitti a Firenze, il Palazzo reale di Torino e la Palazzina di caccia di Stupinigi.

Cosa che per fortuna non accadde ai più fortunati  fiorentini. L’ultimo atto della casata dei Medici fu degno della loro fama: nel 1737 Anna Maria Luisa de’ Medici stipulò con i nuovi successori, i Lorena (ramo della casa di Asburgo), il cosiddetto “Patto di Famiglia” che stabiliva che essi non potessero trasportare «o levare fuori della Capitale e dello Stato del Granducato… Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed altre cose preziose… affinché esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri». Questo patto, scrupolosamente rispettato dai nuovi granduchi, permise che Firenze non perdesse nessuna opera d’arte e che non subisse la sorte di Parma, Mantova o Urbino

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Redazione Fedaisf

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