Il Salvagente 20 Dic di Livia Parisi
Farmaci equivalenti Attorno alla scelta tra generici e medicinali di marca si è scatenato un duro scontro tra lobby.
Introdotti per legge nel 1995 ma comparsi in forza sul mercato italiano all`inizio del secondo millennio, i farmaci generici sono stati protagonisti negli ultimi mesi di un vero tira e molla, giocato in Parlamento tra lobby contrastanti, quelle dei farmacisti e quelle delle case farmaceutiche. In mezzo i cittadini, confusi e frastornati da ordini e contrordini. Paracetamolo e acido acetilsalicilico sono ormai diventati familiari per la maggior parte dei cittadini. Che, però, più smarriti potrebbero trovarsi davanti a una ricetta con nomi come Latanoprost, Cabergolina, Ciprofloxacina, Diazepam. Prima si chiamavano generici, con un nome che deriva dalla traduzione letterale inglese, ma che in italiano da l`idea di qualcosa che serva un po` per tutto e a niente nello specifico. Ora vengono indicati come equivalenti a prodotti farmaceutici originali, o "di riferimento". Ne hanno, infatti, gli stessi effetti dal punto di vista dell`efficacia e della sicurezza. Di fatto, sono intercambiabili: contengono la stessa quantità e qualità del principio attivo, medesima forma (pomate, sciroppi, fiale…), modalità di rilascio e dosaggio. A cambiare è il prezzo: quello dell`equivalente deve essere inferiore almeno del 20% rispetto al corrispondente farmaco di riferimento, Possono essere da banco o rimborsabili dal Servizio sanitario. E l`acceso dibattito che li ha portati sui giornali, è nato proprio per quanto riguarda le prescrizioni mediche, finite nel mirino del taglio della spesa pubblica. Ordini e contrordini II cambio di marcia risale a luglio scorso, con la norma con cui si stabiliva che il farmacista è tenuto sempre a sostituire la specialità medicinale con l`equivalente a prezzo più basso, a meno che il medico non abbia espressamente indicato nella ricetta la "non sostituibilità". Successivamente, un emendamento alla spending review obbligava il medico, salvo eccezioni da giustificare, a prescrivere il farmaco indicando solo il principio attivo, almeno quando si trova di fronte a una prima diagnosi di patologia cronica o quando visita il paziente per una nuova malattia. Decisione presa senza consultare la categoria, che ha portato i medici di base sulle barricate. C`è chi ha parlato di "fine della libertà di cura", chi ha minacciato lo stato di agitazione permanente o il refe rendum abrogativo contro "un provvedimento inutile dal punto divista del risparmio e potenzialmente pericoloso per la salute dei cittadini". L`ultima norma, approvata poche settimane fa, sempre come emendamento, ha risolto dando un colpo al cerchio e uno alla botte: il medico può indicare sia il farmaco che il principio attivo e l`ultima parola va al cittadino. “È stata adottata per correggere per correggere il disorientamento creato dalla precedente che aveva lasciato spazio ad una sostituibilità fatta in modo selvaggio da molti farmacisti. Ora almeno il farmacista non è autorizzato a sostituire il farmaco a meno che non lo chieda il cittadino”, spiega il segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (FIMM