A Torino si è parlato di sanità digitale. Takeda porta la sua esperienza

Sanità digitale. Nei giorni fra il 7 e il 9 ottobre u.s. si è tenuto a Torino il  Festival del Digitale Popolare organizzato dalla Fondazione Italia Digitale. Il luogo che ospitava l’evento ad inizio ‘900 era la prima centrale elettrica di Torino (funzionante a carbone) ed oggi è stata trasformata in sede per attività culturali, musicali ed artistiche. Chiamata “la cattedrale” (per via della sua tipologia architettonica) si estende per circa 4.500 metri quadri ed è in grado di accogliere fino a 1000 persone. Ora ospita anche il Museo Lavazza.

Uno dei temi affrontati è stato: “Digitale, la sanità per tutti”.

Quando si parla di digitale in sanità si pensa immediatamente alla telemedicina, all’intelligenza artificiale e in generale a hardware e software. In realtà, per poter utilizzare questi strumenti al meglio è necessario investire sui processi delle aziende sanitarie e degli ospedali.

Al tavolo erano presenti anche i rappresentati di due delle aziende che stanno più utilizzando l’intelligenza artificiale applicata alla sanità: Affidea e Takeda. La prima è specializzata in diagnostica per immagini, la seconda è una casa farmaceutica specializzata in oncologia, gastroenterologia, neuroscienze e malattie rare.

Per Takeda Italia è intervenuto Andrea Pecci, Costumer Excellence&Innovation Head

Durante la pandemia Takeda ha rivisto alcuni meccanismi organizzativi. Quelli rivolti all’esterno si sono rafforzati: “Già nel 2014-15 avevamo introdotto un engagement multicanale per i medici da parte degli informatori scientifici – ha affermato Andrea Pecci – La pandemia ci ha quindi trovati pronti e abbiamo incrementato questo approccio olistico”.

Circa il 30-35% di medici ha richiesto un engagement multicanale. “Il nostro obiettivo è fornire le informazioni corrette al momento giusto e nel posto giusto – ha continuato Pecci – Oggi abbiamo a disposizione metriche molto più potenti di quanto poteva essere in passato il feedback dopo una chiacchierata. Possiamo capire che cosa interessa di più al medico tracciando gli articoli che legge all’interno della nostra newsletter, i temi sui quali si sofferma di più e così via. In questo modo possiamo fornirgli un’esperienza molto più personalizzata”.

La vera rivoluzione, invece, è avvenuta nell’organizzazione aziendale interna: “La digitalizzazione ci ha permesso di cambiare il paradigma, impostando un nuovo modello lavorativo all’interno degli uffici – ha spiegato Pecci – Abbiamo chiesto alle persone di cambiare il proprio mindset: non siamo più pagati per il tempo che diamo all’azienda, ma per quello che produciamo, per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti. Si tratta di un mix tra lavoro agile e intelligente”.

Le ricadute di questo sistema organizzativo hanno un impatto positivo sul pianeta (i dipendenti si spostano meno e quindi inquinano di meno) e sul benessere personale (la maggiore flessibilità permette un miglior equilibrio con la vita privata).

“All’inizio chi era abituato alla vita d’ufficio si è sentito un po’ oppresso – ha ammesso Pecci – Nei primi tempi abbiamo assistito a una sovraproduzione di mail e videocall. Oggi, però, tutto funziona meglio: abbiamo il diritto alla disconnessione e sappiamo di non dover rispondere immediatamente a un messaggio. Se c’è un’urgenza, veniamo chiamati”.

(Estratto da PPHC – Digitale, la sanità per tutti – 13 ottobre 2022)

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