Chi è la famiglia italiana proprietaria della società che ha inventato i tamponi per il Covid

I tamponi per i test Covid hanno reso miliardaria l’amministratore delegato di Copan, Stefania Triva. Ma, nonostante le innumerevoli offerte di acquisto, sta mantenendo l’azienda saldamente a conduzione familiare.

di Giacomo Tognini.   Questo articolo è apparso su Forbes.com

In una nebbiosa giornata di inizio gennaio a Brescia, città duramente colpita dalla prima ondata di Covid-19 nel 2020, Stefania Triva, 57 anni, dispone due tamponi fianco a fianco sulla sua scrivania. Uno è un normale cotton fioc, l’altro uno speciale tampone “floccato”, tempestato di minuscole fibre sintetiche che ricordano le doppie punte.

Quel tampone speciale, realizzato dall’azienda di famiglia, Copan, è l’elemento chiave di centinaia di milioni di test Pcr Covid-19, attualmente infilati nel naso in tutto il mondo. Seduta di fronte a un grande dipinto astratto rosso e giallo e a una bacheca di foto dei suoi tre figli, Triva approfondisce le sottili differenze che rendono i suoi tamponi floccati così preziosi.

“In un batuffolo di cotone, le fibre sono attorcigliate attorno al bastoncino, creando una gabbia che intrappola il campione”, dice. “Ma rilascia solo il 20% di quel campione. In un tampone floccato, grazie alla meccanica di attacco delle fibre allo stick, avviene il contrario: viene rilasciato l’80%”.

La nuova miliardaria italiana

Quei tamponi, inventati da Copan nel 2003 e oggetto di contenzioso con il suo principale rivale, l’americana Puritan Medical Products, hanno contribuito a guidare l’enorme crescita dell’azienda. Ne ha prodotti 415 milioni nel 2020, più del doppio rispetto al 2019.

Dopo aver aumentato la produzione, Copan ora ha la capacità di produrne 1 miliardo all’anno. L’utile netto è quasi quintuplicato nel 2020, a $ 79 milioni, su un fatturato di $ 372 milioni. Ha superato quella cifra nel 2021, con le vendite che sono cresciute fino a $ 445 milioni. (L’utile netto non era ancora disponibile al momento della stampa). L’84% delle vendite di Copan proviene da tamponi floccati, che sono stati utilizzati in almeno un miliardo di test molecolari condotti negli studi medici e nelle cliniche di tutto il mondo dall’inizio della pandemia. Una cifra che non include i tamponi per i test rapidi o i kit casalinghi, che sono una piccola frazione del giro d’affari di Copan.

Un successo che ha reso miliardaria Stefania Triva, che detiene una partecipazione del 48% in Copan. Il suo patrimonio è infatti stimato di 1,2 miliardi di dollari. Altri cinque membri della famiglia possiedono il resto dell’azienda, che Forbes stima in altri 1,3 miliardi di dollari.

Niente Ipo all’orizzonte

Il successo travolgente di Copan ha attirato l’attenzione di diversi fondi di investimento, che Triva non nomina. Ma la figlia del fondatore dell’azienda non ha intenzione di vendere. “Riceviamo offerte quasi ogni giorno”, ammette. Lo conferma anche il figlio 32enne Giorgio Triva: “Siamo a una dimensione simile ad altre aziende che di solito questi fondi cercano”.

Ma nonostante il boom della Spac e la proliferazione di Ipo, sia in patria che all’estero, inclusa la quotazione alla Borsa di New York a luglio di Stevanato Group, un’altra azienda italiana a conduzione familiare che ha ricevuto una spinta Covid grazie alle sue fiale per i vaccini, Triva non ha intenzione di quotarsi.

“Quando sei una società per azioni, viene limitata la tua strategia e il processo decisionale”, afferma. “Siamo finanziariamente solidi e indipendenti. E questo ci permette di crescere senza finanziamenti esterni”.

La crescita degli ultimi due anni dimostra che Copan può continuare a espandersi mantenendo saldamente la proprietà in famiglia. “Adoriamo essere liberi, eclettici e veloci, sapendo che a volte dobbiamo correre rischi calcolati”, afferma Triva.

Oltre la pandemia

Ciò significa investire in un futuro oltre la pandemia. Oltre ai test medici, l’azienda effettua anche tamponi utilizzati nella raccolta del Dna forense nelle scene del crimine. I clienti vanno da Scotland Yard alla gendarmeria francese, che ha utilizzato i tamponi realizzati da Copan per identificare gli autori degli attacchi terroristici di Parigi del 2015. Un microtampone sviluppato da Copan e dalla Gendarmeria consente alle autorità di analizzare il Dna da qualsiasi fluido corporeo, o anche solo dalle impronte digitali, in meno di due ore.

Oltre ai tamponi, Copan ha già un prodotto high-tech, e probabilmente più redditizio, da offrire: un’intera suite di macchine e software che automatizza gran parte dell’elaborazione di laboratorio, dai test delle urine alle infezioni batteriche complesse. L’automazione di laboratorio, con un fatturato di 5 miliardi di dollari all’anno, è potenzialmente un mercato molto più grande dei tamponi.

“Abbiamo apportato alcune innovazioni nell’automazione che hanno rivoluzionato la microbiologia”, aggiunge Triva, dando un’occhiata ai vasti magazzini e alle fabbriche fuori dalla finestra del suo ufficio.

La storia di Copan

Copan è stata fondata a Mantova nel 1979 dal padre di Stefania, Giorgio Triva. Inizialmente distribuiva solo prodotti di laboratorio realizzati da altri, come le provette. L’azienda ha iniziato a fare i tamponi nel 1982, lo stesso anno in cui il fratello maggiore di Stefania, Daniele, ingegnere chimico, è entrato nell’azienda di famiglia come direttore generale.

Sostenuta dalle forti vendite di prodotti, compresi i contenitori per la raccolta delle macchine per analisi del sangue che hanno preso piede in Giappone, Copan si è espansa all’estero. Nel 1995 ha aperto una filiale in California. Tre anni dopo si è trasferita nell’attuale sede di Brescia, un importante centro di produzione.

Daniele Triva è subentrato dopo la morte del padre nel 2000. Le fortune di Copan sono cambiate per sempre nel 2003, quando inventato gli ormai onnipresenti tamponi floccati. Mentre era fuori in cerca di un cappotto invernale, Daniele ha notato come le strisce di fibra di nylon sugli appendiabiti aderissero strettamente al tessuto, e si chiedeva se si potesse replicare con i tamponi. Ha sfidato i suoi tecnici a progettare un tampone con fibre adesive che potesse agire come una spugna e rilasciare più materiale campione di quanto potrebbe fare un normale cotton fioc. Ha promesso loro una pizza gratis se ci fossero riusciti.

Lo hanno fatto e la nuova tecnologia che hanno prodotto ha rivoluzionato la diagnostica, rendendo più facile condurre test di routine per virus e infezioni batteriche allo stesso modo. “Prima dei tamponi floccati, usavano fili di alluminio per prelevare campioni nasali”, afferma Triva con una smorfia.

Nel decennio successivo, Copan ha ampliato il suo stabilimento in California e ha aperto un ufficio a Shanghai. Nel 2007 ha iniziato a investire nell’automazione, realizzando macchine proprietarie chiamate “processori walk-away”, che elaborano automaticamente migliaia di campioni al giorno, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

La battaglia legale

A partire dal 2012, Copan è stata coinvolta in una battaglia per violazione di brevetto con il suo più grande concorrente, Puritan Medical Products, dopo che l’azienda americana ha iniziato a produrre i propri tamponi floccati. Copan sostiene che Puritan stia violando molti dei suoi brevetti. La battaglia legale infuria da un decennio e non accenna a diminuire, con vittorie e sconfitte registrate nei tribunali nel Maine, in Germania e in Svezia.

“Sono sempre stati i nostri concorrenti ‘illegali’”, sostiene Triva. La causa in corso contro Puritan presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto del Maine è stata sospesa a maggio 2020 per consentire alle due aziende di concentrarsi a tempo pieno sulla realizzazione di tamponi durante la pandemia. Da allora il contenzioso è ripreso. Puritan nega le accuse, ma ha rifiutato di commentare questo articolo.

La svolta tragica

Uno tragico sviluppo si è verificato nel 2014, quando Daniele è morto a 54 anni dopo una battaglia di sette mesi contro il cancro. Stefania, che aveva iniziato a lavorare in azienda subito dopo il college, si è fatta avanti.

“È stato un periodo molto difficile, ma non ho mai pensato di arrendermi,” dice. “L’unico dubbio che avevo riguardava la nostra capacità di andare avanti, perché mio fratello esercitava una grande leadership. Così ho incontrato tutti i nostri dipendenti di lunga data e ho lanciato un appello. Ho detto loro: ‘Possiamo farlo solo insieme’”.

Sotto la sua guida, Copan non ha smesso di andare avanti. Nel 2016 l’azienda ha aperto una nuova struttura di ingegneria vicino alla sua sede. Successivamente ha aperto nuovi uffici e stabilimenti in Giappone, Australia e Porto Rico. Ma nulla ha preparato Triva, o l’azienda, all’ondata di Covid-19 che ha investito l’Italia all’inizio del 2020. Il primo caso nel Paese è stato diagnosticato il 20 febbraio a Codogno – naturalmente, con tampone floccato di Copan.

L’arrivo della pandemia

Di fronte all’emergenza nazionale, i dipendenti di Copan hanno affrontato turni di sette giorni non-stop per soddisfare la richiesta di tamponi del governo. Ha anche accelerato la produzione per fornire i rifornimenti necessari agli Stati Uniti, con gli aerei americani che sono atterrati a Brescia a fine di marzo e aprile per raccogliere un totale di 4 milioni di tamponi.

“Brescia è stata massacrata dal Covid-19, ma i nostri dipendenti ci sono sempre stati”, dice Triva. Era il periodo in cui l’intera provincia registrava decine di morti al giorno legate al Covid. “Si sentivano solo le sirene delle ambulanze. Ma hanno continuato a lavorare, anche nei fine settimana e nei giorni festivi”.

L’azienda ha assunto centinaia di lavoratori per tenere il passo con lo straordinario aumento della domanda. Ha anche ricevuto due sovvenzioni per 10 milioni di dollari ciascuna. Una dall’Advanced Manufacturing Fund di Apple per costruire un nuovo stabilimento in California, l’altra dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti per aumentare la produzione nella sua fabbrica di Porto Rico.

Ha anche raddoppiato gli sforzi nella robotica, lanciando una macchina chiamata UniVerse che automatizza la preparazione dei campioni per i test medici – per il Covid-19 ma anche altre malattie infettive come la tubercolosi – liberando i tecnici di laboratorio per concentrarsi su compiti meno umili.

L’ultima innovazione di Copan

L’ultima innovazione di Copan è una macchina che riduce dell’80% i tempi di diagnosi delle infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici. L’intelligenza artificiale integrata aiuta a mantenere il sistema in funzione senza intoppi. I test possono essere completati in circa quattro ore e i campioni negativi vengono automaticamente inviati alla spazzatura.

La strategia sembra già funzionare: Copan Wasp, la divisione di automazione dell’azienda, ha registrato un fatturato di 54 milioni di dollari nei primi nove mesi del 2021, in aumento del 39% rispetto all’anno precedente. Ora, fa sapere l’azienda, rappresenta quasi un quinto delle vendite complessive.

Triva attribuisce al suo team e all’eredità di suo fratello quel successo. “Daniele ha seminato una cultura imprenditoriale”, dice, “non solo a me, ma all’intera azienda”. E finché sarà al comando, quella tradizione, e la stessa Copan, rimarranno tutte in famiglia.

 

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