Conflitti di interesse: il tallone d’Achille della Sanità pubblica

I medici ottengono la maggior parte delle informazioni sui farmaci dagli informatori scientifici

Pubblicato: 03/09/2014 Nino Cartabellotta HUFFPOST

Secondo la tassonomia di Don Berwick sugli sprechi in Sanità (JAMA 2012) frodi e abusi erodono una percentuale consistente della spesa sanitaria, stimata in Italia dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali intorno ai 5-6 miliardi di euro/anno. Questa cifra, seppur ragguardevole, non comprende tutti gli sprechi correlati ai conflitti di interesse professionali che, seppur privi di rilevanza giuridica, erodono una percentuale ancora maggiore di denaro pubblico.

In Sanità il conflitto di interessi si verifica quando un professionista “si trova in una condizione dove il giudizio relativo a un interesse primario tende a essere influenzato da un interesse secondario, quale guadagno economico o altro vantaggio personale”. Questa definizione di Marco Bobbio identifica perfettamente la vera natura del conflitto di interessi ripetutamente ignorata in tutti i dibattiti sul tema: non si tratta di un comportamento, ma di una condizione che si verifica ogni volta che esiste una relazione in grado di compromettere l’indipendenza di giudizio della persona. In altre parole, l’entità del conflitto di interesse dipende dalla slealtà dell’influenza esterna, a prescindere dalle conseguenze che possono derivarne.

Considerato che il guadagno economico costituisce una componente ineliminabile di qualsiasi attività professionale, gli interessi secondari sono assolutamente legittimi e non devono mai essere demonizzati. Infatti il conflitto di interesse emerge quando la rilevanza degli interessi secondari tende a prevalere su quelli primari rappresentati in sanità dai doveri etici, deontologici e legali di tutti i professionisti: la salute delle persone, l’integrità della ricerca, la formazione dei professionisti sanitari, l’informazione equilibrata e corretta dei pazienti.

Il conflitto di interessi è intrinseco al SSN, è diffuso in maniera capillare e assolto sulla pubblica piazza perché “così fan tutti”. Di conseguenza mina l’integrità del sistema favorendo la diffusione di interventi sanitari (test diagnostici, farmaci, interventi chirurgici, etc) inefficaci e inappropriati e alimentando numerosi comportamenti opportunistici a vari livelli.

• Informazione scientifica. Numerosi conflitti di interesse influenzano il mondo della ricerca che produce le informazioni necessarie per guidare i comportamenti professionali. Oggi, infatti, l’agenda della ricerca è dettata in larga misura dall’industria farmaceutica e biomedicale; le riviste biomediche hanno enormi autonomie per decidere quali studi pubblicare; i medici ottengono la maggior parte delle informazioni sui farmaci dagli informatori scientifici; il mercato della formazione continua è ricco di iniziative sponsorizzate dall’industria.

• Interventi e prestazioni sanitarie. È un vero e proprio mercato che risente inevitabilmente di asimmetrie informative che permettono ai professionisti sanitari di influenzare sia l’offerta di servizi e prestazioni, sia la domanda dei pazienti. Ne conseguono la prescrizione e l’erogazione di innumerevoli interventi sanitari inefficaci e inappropriati, in particolare quando il profitto commerciale diventa il movente principale del mercato e i meccanismi di regolazione sono inesistenti o inefficaci.

• Libera professione. La libera professione intramuraria (cosiddetta ‘intramoenia’) è un’attività disciplinata dalla legge che garantisce al cittadino la possibilità di scegliere il medico cui rivolgersi. Considerato che le prestazioni sono generalmente le stesse che i professionisti erogano come dipendenti pubblici, non è difficile favorire la propria attività privata “modulando” la quantità delle prestazioni erogate dalla struttura pubblica, soprattutto se questo permette al cittadino di ridurre i tempi di attesa.

• Società scientifiche. Anche se non coinvolte direttamente nell’erogazione dei servizi sanitari, svolgono un ruolo significativo perché, grazie alla produzione di linee guida, definiscono gli definiscono standard clinico-assistenziali per guidare i comportamenti professionali. Inoltre, le società scientifiche definiscono l’agenda delle priorità, sia attraverso le tematiche individuate per la formazione dei loro associati, sia richiamando l’attenzione dei cittadini su specifiche malattie e condizioni. A fronte di interessi economici, i conflitti di interesse possano pregiudicare l’indipendenza delle società scientifiche, anche perché in Italia non esiste alcun obbligo di rendicontare pubblicamente l’entità dei finanziamenti ricevuti dall’industria. E’ ben noto che l’organizzazione dei congressi delle società scientifiche viene generalmente sponsorizzata da aziende farmaceutiche e biomedicali che conferiscono – generalmente in maniera indiretta – consistenti onorari ai relatori, in particolare a opinion leader particolarmente influenti.

• Associazioni dei pazienti. Accanto all’iniziale attività volontaristica, spesso complementare al servizio sanitario, negli ultimi anni si è progressivamente affermata una capacità sempre maggiore di influenzare o sostenere le decisioni di politica sanitaria. Di conseguenza esiste il rischio di condizionamenti, evidenti nella composizione degli organi associativi (con squilibri nella presenza tra malati e professionisti), nei rapporti con sponsor commerciali o, addirittura, nel sostegno a iniziative lobbistiche per promuovere l’uso di specifici farmaci e altre tecnologie sanitarie.

Purtroppo alla spinosa questione dei conflitti di interesse in Sanità non è mai stata data nel nostro Paese una rilevanza coerente con il suo potenziale impatto sul SSN, la cui sostenibilità è legata anche alla rigorosa integrità di tutti gli attori. Infatti, le esigue iniziative istituzionali e quelle promosse da varie forme organizzate della società civile non hanno mai avuto alcun impatto reale e/o si sono esaurite dopo gli iniziali entusiasmi.

A tal proposito, sarebbe interessante conoscere le modalità con cui la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, intende monitorare l’attuazione dell’articolo 30 del nuovo Codice di Deontologia Medica che, in maniera assolutamente ineccepibile, riporta che “Il medico evita qualsiasi condizione di conflitto di interessi nella quale il comportamento professionale risulti subordinato a indebiti vantaggi economici o di altra natura. Il medico dichiara le condizioni di conflitto di interessi riguardanti aspetti economici e di altra natura che possono manifestarsi nella ricerca scientifica, nella formazione e nell’aggiornamento professionale, nella prescrizione diagnostico-terapeutica, nella divulgazione scientifica, nei rapporti individuali e di gruppo con industrie, enti, organizzazioni e istituzioni, o con la Pubblica Amministrazione, attenendosi agli indirizzi applicativi allegati”.

Belle parole, ma al SSN servono soprattutto i fatti perché una sana spending review non può prescindere dall’integrità e trasparenza, oltre che di politica e manager, anche di tutti i professionisti sanitari.

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