Consiglio di Stato. “Sì all’idrossiclorochina” per il trattamento Covid-19. “La rigidità non può trasformarsi in cecità”

La III Sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Franco Frattini, ha accolto, in sede cautelare, il ricorso di un gruppo di medici di base e ha sospeso la nota del 22 luglio scorso di AIFA che vietava la prescrizione off label (ossia per un uso non previsto dal bugiardino) dell’idrossiclorochina per la lotta al Covid.

La somministrazione secondo i giudici deve essere rimessa all’autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico “in scienza e coscienza” e con l’ovvio consenso informato del singolo paziente. Il farmaco resta non rimborsabile

Riportiamo sotto il link che rimanda alla versione integrale dell’Ordinanza del Consiglio di Stato e alcuni stralci della stessa Ordinanza

L’ORDINANZA

L’Ordinanza del Consiglio di Stato “riporta che l’azione farmacologica della molecola, quale emersa in vitro, sarebbe molteplice e in particolare comporterebbe:

«La perdurante incertezza circa l’efficacia terapeutica dell’idrossiclorochina, ammessa dalla stessa Aifa a giustificazione dell’ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati – si legge nell’ordinanza – non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l’irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale».

“I medici di base firmatari del ricorso avevano lamentato una lesione alla loro libertà di scelta terapeutica – sancita dalla Costituzione – a fronte di studi clinici che a loro dire non avevano dato una risposta univoca. Ai medici fa capo dunque la responsabilità nella somministrazione dell’idrossiclorochina, aspetto sottolineato sempre dalla sentenza del Consiglio di Stato: «La scelta … deve essere rimessa all’autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico in scienza e coscienza e con l’ovvio consenso informato del singolo paziente”.

“Rimane fermo il monitoraggio costante e attento del medico che lo ha prescritto». Ultimo dato: il ricorso alla discussa terapia resta non rimborsabile da parte del servizio sanitario pubblico”.

La sentenza afferma “che, in una situazione come quella attuale di grave emergenza epidemiologica, nella quale si susseguono studi, ricerche, analisi sull’infezione da Sars-CoV-2 e di giorno in giorno vengono aggiornati i dati sulle terapie, sulle sperimentazioni, sui contagi e, purtroppo, sui decessi, fatto ormai notorio, è ben difficile negare, già sul piano logico prima ancora che cronologico, la sopravvenienza di elementi, peraltro ben documentati dai ricorrenti anche a conforto del ricorso per motivi aggiunti, e dunque di quei «mutamenti delle circostanze» che non solo possano, ma anzi debbano comportare una rivalutazione attualizzata e informata delle misure adottate dalle autorità competenti per fronteggiare la diffusione del virus”.

“La stessa AIFA, nella più volte citata scheda sull’idrossiclorochina pubblicata in www.aifa.gov.it e aggiornata al 25 novembre 2020, fornendo «elementi utili ad orientare la prescrizione e a definire un rapporto fra i benefici e i rischi sul singolo paziente», ha riconosciuto che, quanto alla popolazione con malattia meno avanzata, esistono ancora poche evidenze, dal significato clinico tutt’altro che univoco, così da ravvisare la necessità di approfondire la ricerca e di consentire l’uso del farmaco off label seppure, come detto, nell’ambito dei soli studi randomizzati controllati, come del resto aveva anche raccomandato EMA”.

“Tra gli studi randomizzati controllati elencati da AIFA nella citata scheda aggiornata al 25 novembre 2020 su www.aifa.gov.it figurano in particolare solo due trial– quello del 17/7/2000, Skipper et al. 2020 e quello del 16/7/2020, Mitjà O et al. – eseguiti in un setting non ospedaliero su una popolazione con malattia lieve e, cioè, su pazienti sintomatici non ospedalizzati ed entrambi gli studi mostrano vistosi limiti, non solo relativi all’incidenza di confondimento con altri fattori causali, se si pensa, ad esempio, che nel primo la diagnosi certa è stata possibile solo nel 58% dei casi, le valutazioni sono state fatte online o telefonicamente, l’esito primario è stato modificato nel corso dello studio, come rileva AIFA, per consentire di concluderlo con una minore numerosità campionaria (c.d. sample size), mentre, sempre ad esempio, nel secondo la ricerca non era potenziata in modo da valutare endpoint più robusti da un punto di vista clinico, come ben sottolinea la stessa AIFA, quali l’ospedalizzazione o la risoluzione dei sintomi”.

“La difficoltà di condurre studi randomizzati controllati su pazienti a domicilio nell’attuale fase di emergenza epidemiologica, la pressione crescente sulle strutture sanitarie per il rapido diffondersi dell’infezione, lo stesso dibattito interno alla comunità scientifica sulle metodologie e sui risultati degli studi condotti sull’uso dell’idrossiclorochina, come nel caso, ben noto anche alle cronache, dello studio pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet e poi ritirato dai suoi autori rendono difficile l’acquisizione di evidenze sperimentali attendibili, capaci di assicurare una risposta rassicurante, in termini di migliori prove di efficacia clinica, sull’utilizzo del farmaco nei tempi rapidi imposti dalla gravità della situazione”.

“Non compete a questo Consiglio valutare e men che mai decretare l’efficacia terapeutica dell’idrossiclorochina nel contrasto al SARS-CoV-2 in una fase iniziale della malattia, proprio per i limiti connaturati al suo sindacato giurisdizionale, ma questo Consiglio ha il dovere di rilevare che la perdurante incertezza circa la sua efficacia terapeutica, ammessa dalla stessa AIFA a giustificazione dell’ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati, non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l’irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale da parte dei medici curanti in base ad una conclusione – la totale definitiva inefficacia del farmaco sotto ogni aspetto, anche immunomodulatorio – che, allo stato delle conoscenze e della ricerche tuttora parziali e provvisorie, sembra radicale e prematura già a livello scientifico”.

“La scelta se utilizzare o meno il farmaco, in una situazione di dubbio e di contrasto nella comunità scientifica, sulla base di dati clinici non univoci, circa la sua efficacia nel solo stadio iniziale della malattia, deve essere dunque rimessa all’autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico, con l’ovvio consenso informato del singolo paziente, e non ad una astratta affermazione di principio, in nome di un modello scientifico puro, declinato da AIFA con un aprioristico e generalizzato, ancorché temporaneo, divieto di utilizzo”.

“Il breve quadro sin qui descritto circa l’efficacia e la sicurezza della terapia dimostra, pur nella sommaria delibazione consentita in fase cautelare, che il rapporto tra benefici/rischi, sulla base delle conoscenze scientifiche attuali e fermo ogni ulteriore approfondimento istruttorio da parte del Tribunale nel corso del giudizio e, ovviamente, di AIFA in sede procedimentale, non è ragionevolmente tale da precludere l’utilizzo off label dell’idrossiclorochina e la prescrizione del medico curante, sotto sua precisa responsabilità, nella cura domiciliare dell’infezione da SARS-CoV-2, sicché deve essere accolto anche il secondo motivo proposto dagli odierni appellanti”.


Il Corriere della Sera riporta che è quasi unanime la condanna da parte del mondo scientifico del provvedimento giudiziario: «Le evidenze confermano che il profilo rischio-beneficio nella Covid-19 è sfavorevole, le linee guida e le autorità sanitarie raccomandano contro il suo utilizzo, il Consiglio di Stato sovverte la scienza» scrive su twitter Nino Cartabellotta, della Fondazione Gimbe. «L’evidenza dice che ci sono dieci studi secondo cui l’idrossiclorochina non serve.

Se la terapia delle malattie infettive la devono fare i giudici, ci adegueremo ma mi auguro che l’Italia sia ancora un Paese basato sull’evidenza scientifica» polemizza l’infettivologo Matteo Bassetti. Diviso invece il mondo istituzionale: l’Emilia Romagna stoppa insiste nello stoppare l’uso dell’antimalarico, il Piemonte «apre». Entusiasta Matteo Salvini su facebook: «È una notizia che molti medici stavano attendendo».

L’ordinanza è stata accolta invece con favore dai medici di famiglia: »È giusto che il Consiglio di Stato abbia sottolineato la possibilità di utilizzo dellì’idrossiclorochina perchè il medico obbedisce a scienza e coscienza e se ha a disposizione un farmaco che può funzionare ha il diritto di decidere in responsabilità«, ha commentato il segretario generale nazionale della Federazione dei Medici di Medicina generale Silvestro Scotti. E ha aggiunto: »È ovvio che il paziente va informato sulla terapia e sugli eventuali rischi«. Sull’argomento è intervenuto anche Matteo Salvini che su Fb ha scritto: »Irragionevole vietare l’uso dell’idrossiclorochina. Il Consiglio di Stato ha detto sì all’utilizzo, è una notizia che molti medici stavano attendendo.

Tra gli altri, ricordiamo il dottor Luigi Cavanna che a Piacenza somministrando precocemente questo farmaco ha trattato con successo molti pazienti affetti da Covid, casa per casa, riducendo gli accessi all’ospedale«. Luigi Genesio Icardi, assessore alla Sanità della Regione Piemonte e coordinatore nazionale della Commissione Salute plaude alla decisione pubblicata oggi: »Torniamo a disporre di un’arma che può essere impiegata nella lotta al Covid-19, soprattutto sul fronte del trattamento precoce della malattia, attraverso i protocolli di cura domiciliare, fondamentali per evitare il l’ospedalizzazione dei pazienti«. (fonte Fimmg).

 

Exit mobile version