Family doctors, project-quality.

Medici di famiglia nell’occhio del ciclone. Da un lato la comunità medico-scientifica che “chiede” sempre maggior preparazione secondo i canoni della specialistica tradizionale. Dall’altro lato la politica, che riconosce al medico di base il ruolo di perno del territorio stesso e chiede però sempre più disponibilità. E infine i cittadini: da chi considera il proprio medico un amico di famiglia a chi si lamenta continuamente che gli studi non sono sufficientemente aperti o negli orari giusti, che i medici non visitano o lo fanno troppo velocemente. Ma loro, i “dottori”, come si sentono? Hanno accettato di raccontarsi rispondendo ai circa 40 questionari distribuiti a medici di base iscritti alla Fimmg, tra i 40 e i 60 anni, divisi equamente tra nord centro e sud. Sul tema cruciale degli orari e dell’apertura degli ambulatori il 50 per cento si è dichiarato disposto a dedicare più tempo all’attività in studio, nell’ambito di un’attività di gruppo, per raggiungere una reale copertura dei bisogni dei cittadini “H12” (“H24″ con copertura di guardia medica notturna). Il no non viene quasi mai motivato fatta eccezione per chi afferma di lavorare in piccole realtà e di effettuare da sempre l’H12 con una reperibilità telefonica reale. L’attuale durata giornaliera di apertura dello studio dichiarata va dalle 4-5 anche 6 ore con 2-3-4 ore di attività domiciliare.<br>I due terzi dei medici di base si sono anche dichiarati disposti, come indicato recentemente dal ministro della Salute, Livia Turco, a operare in una rete effettiva fatta di medici di base (guardia medica), specialisti e diagnostica, in modo tale da divenire una effettiva alternativa, lì dove possibile, all’iter ospedaliero. Tuttavia il 45 per cento degli intervistati dichiara di svolgere, oltre a quella di base, un’altra attività medica. Meno disponibili (60 per cento di no) a spostarsi per operare insieme ai colleghi in un unico studio di zona in comune semplificando l’accesso ai pazienti che si recherebbero sempre nello stesso posto.<br>Infine la quasi totalità degli intervistati vorrebbe essere più aiutata a meglio espletare l’attività. In pole position la richiesta di strumentazioni e macchinari (50 per cento). Proposti incentivi per chi si adopera in questo senso contribuendo ad abbattere le liste d’attesa. Segue al secondo posto l'”help” per i collaboratori non medici, per le strutture e la necessità e l’auspicio di maggior prestigio, di maggior riconoscimento del proprio ruolo. Da “repubblica.it” supplemento salute.

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