“Abbiamo bisogno di rimettere in moto l’economia, a cominciare dalla ripresa degli investimenti pubblici e privati. Bisogna investire sulla chimica tradizionale affinché diventi ‘green’, ecocompatibile, perché oggi resta ancora il cuore del sistema”. A dirlo è Emilio Miceli, segretario generale della Filctem Cgil, aprendo oggi a Perugia il secondo Congresso nazionale della sua organizzazione davanti a una platea di 527 delegate e delegati chimici, tessili, dell’energia e dei settori manifatturieri provenienti da tutta Italia, in rappresentanza di oltre 232 mila iscritti. Miceli ha poi ricordato come “Eni ed Enel investono ancora troppo poco nel nostro paese. E se le imprese non investono, l’economia non riparte. Eni, in particolare, ha un debito nei confronti del paese perché sta riducendo al lumicino la chimica di base, nonostante, ma siamo ancora agli inizi, siano apprezzabili gli sforzi che si stanno facendo – e non solo da parte di Eni – sui processi di riconversione verso la ‘chimica verde’, in particolare a Marghera, Priolo, Porto Torres e Vercelli”.
Altro punto qualificante della ricetta Filctem per lo sviluppo è il sostegno al made in Italy. “Non condivido – ha spiegato – il disegno di legge istitutivo del made in Italy, perché sottovaluta la produzione tessile. Certo, solo uno sprovveduto può pensare che il successo non derivi dalla raffinatezza delle creazioni italiane, dal talento di chi disegna e progetta. Ma difficilmente si può sostenere che tradizione e qualità del prodotto ne sia estranea. Qualcuno pensa che il made in Italy possa vivere in una lunga catena di montaggio che fa tappa in Cina? Se non è così, allora la sua l’etichettatura deve contenere anche il segno inequivocabile della tradizione della fabbrica tessile e della manifattura italiana”. Ha poi aggiunto: “Sono prodotti che ripagano per intero i costi di produzione, devono soddisfare i clienti che giustamente pagano e pretendono il meglio. Così siamo diventati grandi. Facciamo in modo di restarci”.
Quanto dell’industria farmaceutica, altra colonna portante dei settori rappresentati da Filctem, “il conto che paghiamo è salatissimo: nel corso degli ultimi sei anni il comparto ha perso più di 13 mila addetti”. Le aziende, soprattutto le multinazionali, invece di “investire in ricerca e sviluppo, che è l’unico modo per far mantenere competitività alle imprese, destinano sempre più risorse alle strategie commerciali e spostano le attività nei loro paesi di origine. Il rischio è che l’Italia diventi un ”deposito” di farmaci prodotti altrove”. Secondo Miceli, “la produzione farmaceutica e la ricerca sono asset estremamente importanti, oltre che una filiera di assoluta qualità dell’Italia. Per questo stupisce il fatto che il salvataggio del Centro di ricerche contro i tumori di Nerviano si sia raggiunto con l’intervento diretto della Regione Lombardia. Davvero nessuna