Fondazione Gimbe. Come le regioni hanno sprecato i soldi in sanità

Come le Regioni hanno sprecato i soldi investiti in sanità negli ultimi anni

La fondazione Gimbe ha pubblicato un’analisi sugli adempimenti delle Regioni ai livelli essenziali di assistenza (Lea) tra il 2010 e il 2018, rimarcando come un quarto delle risorse spese in sanità non abbia prodotto alcun servizio per i cittadini. Secondo i ricercatori non solo è necessario rivedere il sistema con cui si monitora la qualità dei servizi sanitari sui territori, ma bisogna anche ripensare alle modalità di attuazione dei Piani di rientro, che negli ultimi anni non si sono dimostrati efficaci. E, in tutto questo, colmare il divario che esiste anche in sanità tra Nord e Sud.

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23 novembre 2020 – Comunicato stampa Gimbe

Sanità: adempimenti livelli essenziali di assistenza 2010-2018. Il 25% delle risorse spese dalle regioni per la sanità non ha prodotto servizi per i cittadini

L’ANALISI GIMBE 2010-2018 DOCUMENTA UNA PERCENTUALE CUMULATIVA DEGLI ADEMPIMENTI DELLE REGIONI AI LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA DEL 75% CON UNA FORBICE MOLTO AMPIA: IN TESTA ALLA CLASSIFICA 11 REGIONI TUTTE DEL CENTRO-NORD, AD ECCEZIONE DELLA BASILICATA. SE LA “GRIGLIA LEA” È LO STRUMENTO UFFICIALE PER MONITORARE L’EROGAZIONE DELLE PRESTAZIONI SANITARIE, QUESTO SIGNIFICA CHE NEL PERIODO 2010-2018 UN QUARTO DELLE RISORSE SPESE PER LA SANITÀ NON HA PRODOTTO SERVIZI PER I CITTADINI. GRAZIE AD UNO STRUMENTO DI VALUTAZIONE ORMAI ARRUGGINITO DA ANNI, NEL 2018 REGIONI TUTTE PROMOSSE.

23 novembre 2020 – Fondazione GIMBE, Bologna

Ogni anno il Ministero della Salute rende noto il report “Monitoraggio dei LEA attraverso la cd. Griglia LEA” che verifica l’erogazione, attraverso l’assegnazione di un punteggio, delle prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire ai cittadini. «Si tratta di una vera e propria “pagella” sulla “materia” sanità – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – che permette di identificare Regioni promosse ebocciate». Infatti, per le Regioni considerate inadempienti e sottoposte a Piano di rientro, il Ministero della Salute prevedeuno specifico affiancamento, sino al commissariamento, fatta eccezione per quelle non soggette a verifica degli adempimenti: Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta e Province autonome di Trento e di Bolzano.

«L’Osservatorio GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale – continua Cartabellotta – da anni rileva che il monitoraggio tramite la “griglia LEA” è solo un political agreement tra Governo e Regioni, perché lo strumento è sempre più inadeguato per valutare la reale erogazione delle prestazioni sanitarie e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini». Innanzitutto, la griglia LEA ha modeste capacità di identificare gli inadempimenti per il numero limitato di indicatori e per le modalità di rilevazione, ovvero l’autocertificazione da parte delle stesse Regioni. In secondo luogo, lo strumento si è progressivamente “appiattito” perché indicatori e soglie di adempimento non hanno subìto negli anni rilevanti variazioni e non vengono modificati dal 2015. Ancora, la soglia di adempimento per la “promozione” è rimasta negli anni la stessa: 160 su 225 punti. Infine, il monitoraggio viene resopubblico con due anni circa di ritardo, impedendo tempestive azioni di miglioramento.

«Tutti questi limiti – spiega Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione – riducono la possibilità di valutare in maniera oggettiva, analitica e tempestiva la capacità delle Regioni di erogare le prestazioni ordinarie, anche per stimare la possibilità di rispondere ad un evento straordinario come la pandemia».

«Dal 2008 lo Stato – puntualizza il Presidente – certifica l’erogazione delle prestazioni da parte delle Regioni con uno strumento sempre meno adeguato avalutare la qualità dell’assistenza sanitaria.In particolare, l’ultimo monitoraggio del 2018, “promuove” tutte le Regioni sottoposte alla verifica adempimenti, in netto contrasto con numerosi report indipendenti nazionalie internazionali che attestanoinvece un peggioramento della qualità dell’assistenza».

 

La Fondazione GIMBE ha analizzato i risultati dei monitoraggi annuali del Ministero della Salute relativi agli anni 2010-2018. In dettaglio:

  • A partire dai singoli indicatori sono stati calcolati i punteggi totali, calcolando quelli non disponibili: in particolare quelli delle Regioni non sottoposte a verifica degli adempimenti per gli anni 2010-2016 e quelli relativi a tutte le Regioni per gli anni 2010-2011.
  • Le “percentuali di adempimento” sono state calcolate come rapporto tra punteggio cumulativo ottenuto nel periodo 2010-2018 e il punteggio massimo di 2.025 raggiungibile nei 9 anni analizzati.
  • La classifica finale è stata elaborata secondo le percentuali cumulative di adempimento 2010-2018 e suddivisa in quartili.

L’analisi degli adempimenti LEA 2010-2018 (tabella) dimostra che:

  • Nel periodo considerato la percentuale cumulativa media di adempimento delle Regioni è del 75% (range tra Regioni 56,2%-92,8%). In altri termini, se la griglia LEA è lo strumento ufficiale per monitorare l’erogazione delle prestazioni essenziali, il 25% delle risorse spese dalle Regioni per la sanità nel periodo 2010-2018 non ha prodotto servizi per i cittadini (range tra Regioni 7,2%-43,8%).
  • La percentuale cumulativa di adempimento annuale è aumentata dal 64,1% del 2010 all’85,1% del 2018, un miglioramento ampiamente sovrastimato in ragione dell’appiattimento della griglia LEA sopra descritto.
  • Solo 11 Regioni superano la soglia di adempimento cumulativo del 76% e, ad eccezione della Basilicata, sono tutte situate al Centro-Nord, confermando sia la “questione meridionale” in sanità, sia la sostanziale inefficacia di Piani di rientro e commissariamenti nel migliorare l’erogazione dei LEA.
  • Regioni e Province autonome non sottoposte a verifica degli adempimenti hanno performance molto variegate. Da un lato Friuli-Venezia Giulia e Provincia autonoma di Trento raggiungono percentuali di adempimento cumulative rispettivamente dell’80,4% e 78,3%. Dall’altro Valle D’Aosta, Sardegna e Provincia autonoma di Bolzano si collocano nel quartile con le performance peggiori.

 

 

«La nostra valutazione pluriennale – commenta Gili – fornisce numerosi spunti per implementare il “Nuovo Sistema di Garanzia” che, salvo ulteriori ritardi, dovrebbe aver sostituito la “griglia LEA” dal 1° gennaio 2020». Infatti, se il nuovo strumento è stato sviluppato per meglio documentare gli adempimenti regionali, bisogna prevenirne il progressivo “appiattimento” e rivedere le modalità di attuazione dei Piani di rientro, per consentire al Ministero della Salute di effettuare interventi selettivi, evitando di paralizzare l’intera Regione con lo strumento del commissariamento.

«Se dopo anni tagli e definanziamenti – conclude Cartabellotta – la pandemia finalmente ha rimesso il Servizio Sanitario Nazionale al centro dell’agenda politica, dall’altro ha enfatizzato il conflitto istituzionale tra Governo e Regioni, ben lontano da quella “leale collaborazione” a cui l’art. 117 della Costituzione affida la tutela della salute tramite il meccanismo della legislazione concorrente. Senza una nuova stagione di collaborazione politica tra Governo e Regioni e un radicale cambio di rotta per monitorare l’erogazione dei LEA, sarà impossibile ridurre diseguaglianze e mobilità sanitaria e il diritto alla tutela della salute continuerà ad essere legato al CAP di residenza delle persone. E con la pandemia le persone si devono affidare, nel bene e nel male, alla sanità della propria Regione».

 

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19 novembre 2020
Coronavirus: 4.134 morti in una settimana, in 17 regioni terapie intensive oltre la soglia di saturazione. Primi segnali di rallentamento, ma serve grande prudenza

IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA NELLA SETTIMANA 11-17 NOVEMBRE, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, UN AUMENTO DI OLTRE 242 MILA CASI E DI 143MILA ATTUALMENTE POSITIVI. SALGONO A 33.074 I PAZIENTI RICOVERATI E A 3.612 QUELLI IN TERAPIA INTENSIVA CON SOGLIE DI SATURAZIONEDEGLI OSPEDALI SUPERATERISPETTIVAMENTE IN 15 E 17 REGIONI. RALLENTALA VELOCITÀ DI CRESCITA DI NUOVI CASI, RICOVERI E TERAPIE INTENSIVE, MENTRE RIMANE ESPONENZIALE L’AUMENTO DEI DECESSI. IPOTIZZARE UN ALLENTAMENTO DELLE MISURE CON L’OBIETTIVO DI SALVARE IL NATALE RISCHIA DI AVERE UN PREZZO ALTISSIMO, ANCHE IN TERMINI DI VITE UMANE.

19 novembre 2020 – Fondazione GIMBE, Bologna

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 11-17 novembre, rispetto alla precedente, una stabilizzazione nell’incremento del trend dei nuovi casi (242.609 vs 235.634), a fronte di una lieve riduzione dei casi testati (854.626 vs 872.026) e di un lieve aumento del rapporto positivi/casi testati (28,4% vs 27%). Crescono del 24,4% i casi attualmente positivi (733.810 vs 590.110) e, sul fronte degli ospedali, si registra un ulteriore incremento dei pazienti ricoverati con sintomi (33.074 vs 28.633) e in terapia intensiva (3.612 vs 2.971); aumentano del 41,7% i decessi (4.134 vs 2.918). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 4.134 (+41,7%)
  • Terapia intensiva: +641 (+21,6%)
  • Ricoverati con sintomi: +4.441 (+15,5%)
  • Nuovi casi: 242.609 (+24,4%)
  • Casi attualmente positivi: +143.700 (+24,4%)
  • Casi testati -17.400 (-2%)
  • Tamponi totali: +45.051 (+3,1%)

«Per interpretare correttamente i termini “rallentamento”, “raffreddamento”, “frenata” che nell’ultima settimana hanno invaso anche la comunicazione istituzionale – spiega il Presidente – è indispensabile sottolineare la netta differenza tra l’incremento percentuale dei nuovi casi ed il loro aumento in termini assoluti. Altrimenti, si finisce per “torturare i numeri sino a farli confessare”, enfatizzando timidi miglioramenti per limitare restrizioni e legittimare riaperture». Infatti, se nell’ultima settimana si registra un’ulteriore riduzione dell’incremento percentuale dei nuovi casi (dal 31% al 24,4%), questi sono comunque aumentati di 242.609 rispetto alla settimana precedente (figura 1). Infatti, se da un lato in tutte le Regioni, eccetto la Puglia, si riduce l’incremento percentuale dei casi, dall’altro i casi attualmente positivi aumentano ovunque tranne che in Valle D’Aosta (tabella).

 

«Le misure di contenimento introdotte – spiega il Presidente – non hanno affatto “appiattito” la curva dei contagi che continua a salire, seppure con velocità ridotta, analogamente a quella dei ricoverati con sintomi e delle terapie intensive. Il contagio, in sostanza, è come un’automobile che, dopo avere accelerato la corsa per settimane (incremento percentuale dei casi), ora viaggia ad una velocità molto elevata ma costante (numero di casi settimanali), nonostante abbia ridotto l’accelerazione».

La riduzione dell’incremento percentuale si intravede anche sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi e, in misura minore, sulle terapie intensive: «Tuttavia – puntualizza Cartabellotta – non conoscendo i flussi dei pazienti in entrata e in uscita, non si può escludere che questo dato sia influenzato dall’effetto saturazione dei posti letto che nelle terapie intensive purtroppo causano un incremento della letalità». In ogni caso, la soglia di occupazione del 40% definita dal Ministero della Salute per pazienti COVID nei reparti di area medica è stata superata in 15 Regioni (figura 2) e quella del 30% nelle terapie intensive in 17 (figura 3).  Se le rispettive medie nazionali hanno raggiunto il 51% e il 42%, in diverse Regioni i valori sono molto più elevati e alcuni ospedali sono allo stremo anche perché, aggiunge Cartabellotta «i pazienti COVID stanno progressivamente “cannibalizzando” i posti letto di altri reparti limitando la capacità di assistere pazienti con altre patologie».

 

«L’incremento dei decessi – spiega Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – mantiene invece un trend esponenziale, facendo registrare un +41,7% rispetto alla settimana precedente. Tale incremento è destinato ad aumentare nelle prossime settimane, perché l’effetto delle misure restrittive riduce prima gli indici di contagio (Rt, incremento percentuale dei casi), poi i ricoveri e le terapie intensive, e solo da ultimo i decessi».

«Se da lato i rallentamenti dell’ultima settimana rappresentano indubbiamente un segnale positivo – conclude Cartabellotta – dall’altro è fondamentale rilevare che le curve dei casi attualmente positivi, di ricoveri, terapie intensive e, soprattutto, dei decessi continuano a salire (figura 4). In questo scenario, tenendo conto dell’attuale livello di sovraccarico di ospedali e terapie intensive e della crescita esponenziale dei decessi, ipotizzare un allentamento delle misure con l’obiettivo di salvare il Natale, rischia di avere conseguenze molto gravi, sia in termini di salute delle persone che di vite umane».

 

Il monitoraggio GIMBE dell’epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org

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