I “silenti” Enasarco

Premettiamo che gli ISF autonomi a partita IVA (come noto solitamente false Partite IVA) non sono soggetti obbligati Enasarco. Enasarco è obbligatoria solo per gli agenti e rappresentanti di commercio che fanno vendite dirette. Com’è noto per legge l’ISF non può fare vendite dirette e come conferma una sentenza della Corte di Cassazione non può essere un agente di commercio, tanto è vero che Enasarco non accetta, come ufficialmente specificato nel proprio regolamento, gli ISF. Per gli ISF Enasarco è una fondazione a cui può versare facoltativamente e volontariamente contributi per avere una pensione integrativa che viene erogata dopo almeno 20 anni di versamenti. Oltre ovviamente ai versamenti per la Gestione Separata INPS. Non è possibile un ricongiungimento fra Enasarco e INPS!

Succede però che alcune azienda costringono gli ISF a versare i contributi Enasarco e, data la natura “precaria” di un contratto a Partita IVA, non è detto che il malcapitato possa arrivare ai 20 anni di versamenti per avere qualcosa come pensione, in questo caso sono contributi persi, versati a fondo perduto. E’ talmente inveterata questa malsana pratica che gli ISF a Partita IVA parlano di contratto Enasarco non rendendosi conto che non esiste un contratto Enasarco.

Detto questo, riportiamo sotto una nota sui cosiddetti “silenti” Enasarco, che non sono solo ISF, in previsione delle future elezioni per il rinnovo del Consiglio di Amministrazione della fondazione


Enasarco, i “silenti” valgono almeno 5 miliardi. Una bomba ad orologeria per chi vincerà le elezioni

Patrimoni & finanza – 15 luglio 2020

Come sono stati spesi, negli anni, i contributi degli agenti c.d. silenti, e chi ne ha beneficiato? Senza i loro versamenti, la Cassa sarebbe stata ugualmente in equilibrio finanziario? Si tratta di domande rimaste fino ad oggi senza risposta, ma la loro “consistenza” rende l’idea di quanto sarà impegnativo, per la politica nazionale e per futura maggioranza, disinnescare questo ordigno ancora inesploso.

Per molti, quella dei c.d. agenti (o ex agenti) “silenti” di Enasarcoagenti senza più mandato che non sono riusciti ad arrivare ai 20 anni obbligatori di contribuzione, perdendo così sia il diritto alla pensione che i versamenti effettuati  – è una profonda ingiustizia sociale, che alcune organizzazioni (Federcontribuenti, in particolare, con Cosimo Lucaselli del dipartimento Enasarco della Federazione) hanno portato all’attenzione della politica nazionale. Infatti, secondo Lucaselli “….i bilanci tecnici, fin da quelli del triennio 2014-2017, ci dicono che i “silenti” oggi ammonterebbero a circa 690.000, ed il tesoro raccolto fino ad oggi da Enasarco ammonterebbe, secondo le medesime stime, a circa 9,2 miliardi di euro…“. Scorrendo i post dei vari gruppi social dedicati al tema, è evidente che i silenti – tra i quali c’è anche chi si è visto accantonare a fondo perduto decine di migliaia di euro –  non intendono rinunciarvi, anche a costo di organizzarsi e promuovere ulteriori iniziative unitarie.

A causa della regola dei 20 anni di contribuzione minima, pertanto, un vero e proprio fiume di denaro è confluito nella Cassa durante gli ultimi decenni, costituendo una dotazione finanziaria che oggi stride rumorosamente con alcuni dati relativi al patrimonio ed alle modalità di contribuzione. Uno fra tutti: la consistenza patrimoniale complessiva di Enasarco, che è pari a circa 8 miliardi (a fronte dei 9,2 miliardi rivendicati dai “silenti”).

Pertanto, dov’è finito questo fiume di denaro? Come è stato speso negli anni, e chi ne ha beneficiato? Senza i versamenti dei silenti, la Cassa sarebbe stata ugualmente in equilibrio finanziario? Fino a che punto è giuridicamente sostenibile che dei contribuenti versino delle somme destinate ad alimentare prestazioni previdenziali di cui sarebbero i beneficiari, e poi debbano accettare passivamente di perdere il denaro accantonato?

Si tratta di domande rimaste fino ad oggi senza risposta, ma la loro “consistenza” rende l’idea di quanto sarà impegnativo, per la futura maggioranza, disinnescare questo ordigno ancora inesploso, trovando una soluzione onorevole ed efficace che non può non includere l’intervento della politica nazionale. Anzi, sarà bene rimettere una questione così spinosa interamente nelle mani del Parlamento e del Governo, gli unici che possono intervenire laddove la matematica non lo consente più.

Il dibattito, mai sopito in realtà, ha ripreso vigore agli inizi del 2019, ed oggi rappresenta una mina vagante per chiunque otterrà, nelle prossime settimane, la maggioranza in consiglio di amministrazione di Enasarco, allorquando le tanto sospirate elezioni avranno finalmente luogo. I c.d. silenti, infatti, si stanno organizzando per mettere in atto alcune iniziative di protesta pubblica già da Settembre.

Secondo Federcontribuenti, Enasarco è una cassa di previdenza piuttosto cara (agli stessi livelli dell’INPS, se non di più) ma i riconoscimenti contributivi che riserva ai suoi iscritti sono stranamente più bassi. Infatti, i contributi previdenziali che agenti e rappresentanti versano obbligatoriamente alla Fondazione sono calcolati sulla base di un’aliquota del 17% (il 14% per i versamenti previdenziali, il 3% per il fondo di solidarietà) da applicare sul totale dei ricavi lordi, e non sui ricavi al netto dei costi dell’attività (imponibile netto, come accade con i contributi INPS). Ciò determina, in valore relativo, un gravame maggiore del contributo derivante dall’applicazione dell’aliquota del 17% che, una volta detratti i costi, pesa fino al 23% sull’imponibile netto.   

Per chiarire quest’ultimo aspetto, prendiamo l’esempio di un agente di commercio plurimandatario con ricavi lordi pari a 40.000,00 euro, in favore del quale verrà versato il contributo Enasarco massimo previsto pari a 6.445,21 (sul massimale di 37.913,00 euro). Se l’agente ha sostenuto costi dell’attività (autoveicolo, carburante, ufficio etc) pari al 30% del monte ricavi, il suo imponibile netto sarà pari ad euro 28.000,00 [40.000,00 – (40.000,00 x 30%=12.000,00)], ma il “peso” del contributo Enasarco di euro 6.445,21 sarà pari al 23% circa (6.445,21 : 28.000,00= 0,2301), e non al 17%.

Negli ultimi anni, il dibattito si è concentrato anche sulla proposta di ricongiungere la contribuzione Enasarco con quella INPS, ma l’obbligo ex lege della doppia contribuzione per gli agenti non ha consentito, fino ad oggi, di poter attuare questo percorso. Peraltro, i vertici della stessa Enasarco, in risposta alle richieste di Federcontribuenti sulla riduzione del periodo minimo di contribuzione, replicavano con un sibillino “….Non riteniamo di dover commentare la proposta di riduzione da 20 a 5 anni dei minimi contributivi per l’ottenimento della pensione….”, mentre sulla questione dei c.d. silenti il presidente Gianroberto Costa, nel 2019, comunicava al magazine Bluerating che “….il fenomeno dei silenti è connesso, più che alle pratiche di evasione contributiva, alla peculiarità della professione svolta e, in particolare, al possibile verificarsi di periodi di inattività degli agenti. Non siamo indifferenti rispetto alle questioni sollevate da questi contribuenti ma non possiamo agire in contrasto con i principi di solidarietà e sostenibilità, a tutela di tutta la categoria”.

Un muro invalicabile, pertanto, che però sembra aver rafforzato la determinazione con la quale i silenti hanno intenzione di chiedere “il conto” sull’utilizzo di quella massa enorme di denaro. Nel frattempo, si moltiplicano le iniziative parlamentari sull’argomento. L’ultima è una interrogazione parlamentare sollevata presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati (5-03746) di Walter Rizzetto (FdI), in risposta alla quale l’esecutivo ha dichiarato di voler aprire ad una soluzione legislativa per risolvere la questione dei contributi silenti.

Dal punto di vista tecnico-legislativo, Enasarco è un ente previdenziale che eroga prestazioniintegrative, ma il periodo minimo di 20 anni rende impossibile sia utilizzare quanto versato prima di questo periodo nè tramite la ricongiunzione dei contributi nell’INPS, sia ricorrere al nuovo istituto del cumulo dei periodi assicurativi di cui alla legge 228/2012 (come modificata dalla legge 232/2016). L’unica alternativa, per gli iscritti, rimane la famigerata prosecuzione volontaria, che ha un senso solo per chi ha già versato almeno 10-15 anni di contributi; altra alternativa è quella di attendere la rendita contributiva, che però sarà disponibile solo dal 2024.

Con la sua interrogazione, l’on. Rizzetto aveva chiesto uno specifico intervento volto a consentire il cumulo della contribuzione Enasarco con quella versata nell’INPS per permettere la maturazione di un maggior importo di pensione, ma il sottosegretario al welfare, on. Stanislao Di Piazza, ha osservato che “…un intervento normativo in tal senso, sebbene auspicabile, comporterebbe profili di onerosità per la Fondazione in quanto avrebbe impatti finanziari rilevanti sull’equilibrio di lungo periodo…”.

In poche parole, se Enasarco verrà costretta ad assumere un impegno finanziario di lungo periodo a beneficio dei silenti – magari con l’esclusione dell’insieme “sacrificabile” di contribuenti che non avevano raggiunto neanche 5 anni di contribuzione – dovrà reperire mezzi freschi pari ad almeno 5 miliardi, sennò rischia di implodere, portando con sé nell’abisso le aspettative di pensione integrativa di 220.000 tra agenti, rappresentanti e consulenti finanziari. In alternativa, la Cassa dovrebbe ritoccare al ribasso le prestazioni previdenziali e/o eliminare quasi del tutto quelle assistenziali ed accessorie.

Una bomba ad orologeria, insomma, che presto cadrà nelle mani della futura maggioranza.

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(si veda Vademecum Enasarco pagg. 23, 24)

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Lettera aperta di un lettore. ISF false partite IVA. N.d.R.

 

 

 

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