Il video autogestito

Il video autogestito scuote Big Pharma. Finora, le perturbazioni nel mondo della salute e del farmaco che avevano origine in Internet erano relativamente contenute. Da tempo ci sono, è vero, gli spamming continui degli adepti di Dianetics, per i quali la prima cosa da fare è eliminare qualsiasi psicofarmaco. Ci sono state  le catene di Sant’Antonio sul sodio laurilsolfato ma poco altro. La possibilità offerta da Internet di fare una comunicazione diretta senza avere i mezzi di una grande azienda non aveva finora prodotto esiti rilevanti sotto questo aspetto. La situazione potrebbe però essere invertita da sistemi di pubblicazione multimediale come YouTube. La questione è stata lanciata dalla pubblicazione specializzata AdvertisingAge, focalizzandosi su due documenti in particolare; il primo è stato realizzato da un ex informatore scientifico di Eli Lilly, che si occupava dello Ziprexa. In due spezzoni da cinque minuti ciascuno, l’ex dipendente spiattella la strategia adottata dall’azienda per affrontare la questione degli effetti collaterali del farmaco, e non  ne esce un ritratto lusinghiero. Il secondo è invece il trailer che presenta un vero e proprio documentario intitolato “Big Bucks, Big Pharma” (grandi soldi, grandi farmaceutiche), che in 46 minuti affronta tutto il tema della promozione del farmaco. Il documentario non è però un “contributo dal basso”, come si diceva una volta, ma è opera della Media Education Foundation, un gruppo indipendente di Northampton che si dedica alla realizzazione di film di analisi e denuncia del sistema dei media statunitense.
“Questi episodi sono fonte di una qualche preoccupazione, perché strutture come YouTube non hanno sistemi di controllo” ha dichiarato Dorothy Wetzel, già responsabile del consumer marketing di Pfizer e ora alto papavero di Saatchi & Saatchi New York. “Però bisognerà abituarsi, perché non si tratta di un fenomeno transitorio”. Passando ai contenuti, “Big Bucks, Big Pharma” è una denuncia delle storture indotte dalla pubblicità dell’etico diretta al consumatore (giro d’affari di 5 miliardi di dollari) e sostiene, avvalorata da interviste a personaggi incontestabili come Marcia Angell, l’ex direttore del New England Journal of Medicine (e docente della facoltà medica di Harvard) o di Bob Goodman, primario del policlinico universitario della Columbia e fondatore di No Free Lunch, una ONLUS che combatte l’abitudine dei medici di accettare inviti a pranzo, e altro, da parte delle aziende. Il senso del documentario è tutto racchiuso nella frase pronunciata da  Marcia Angell: “Non posso fare a meno di pensare che milioni di persone assumono farmaci di cui non hanno bisogno e che potrebbero anche rivelarsi pericolosi”. Il documentario, che deve molto a Michael Moore, è in vendita da mesi sul sito della fondazione, ma YouTube è stato determinante per il sistema di marketing virale adottato dai promotori, basato anche sul contatto coen associazioni di anziani, gruppi civici, scuole.
Quanto al caso dell’antipsicotico di Lilly, l’accusa è intuibile: l’azienda avrebbe minimizzato gli effetti indesiderati del farmaco, mostrando come piegare il dato statistico ai propri interessi senza mentire in senso stretto. L’azienda non ha replicato, ma esperti legali intervistati da AdvertisingAge sostengono che, a meno di provare che vi è diffamazione, c’è poco da fare.Secondo un vecchio detto,  se non si può battere qualcuno è meglio allearsi con lui. Ed è quello che probabilmente accadrà anche con questi sistemi autogestiti di comunicazione. Lo prova il fatto che, sempre su YouTube, è reperibile anche un filmato di un minuto e 43 secondi sulla sindrome della gambe senza riposo. Autore, Glaxo SmithKline.
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