Medici, ricette, molecole e nomi commerciali

Sono curioso di vedere che cosa scriveranno i medici sulle ricette, quando vorranno indicare la marca del farmaco e non semplicemente la molecola. Infatti, secondo il Maxiemendamento al decreto Sviluppo (oggi non ci sono più leggi il cui nome abbia a che fare col contenuto), viene corretta la norma originaria che prevedeva che il medico indicasse soltanto il nome della molecola. Dopo un lungo braccio di ferro si è raggiunto un compromesso: il medico potrà indicare la marca, ma dovrà motivare la scelta. I compromessi, si sa, raramente comportano una logica stringente. Che cosa potrà scrivere infatti il povero dottore? A rigore la motivazione dovrebbe avere carattere scientifico e affermare che il tal farmaco si è dimostrato più efficace dei suoi equivalente generici, in uno studio, per esempio, pubblicato sul New England Journal of medicine. Ma la vedo difficile: ricerche del genere sono rare e spesso contraddittorie. Più agevole potrebbe essere una motivazione psicologica. Ci sono, per esempio, pazienti anziani che prendono lo stesso farmaco da anni e che potrebbero trovarsi disorientati con confezioni e pillole diverse dal solito. Ma, pur riconoscendo ai medici di esperienza una certa pratica psicologica, questa forma dovrebbe essere ammessa solo per gli psichiatri. Io propongo di essere, semplicemente, sinceri. E visto che i medici amano molto le sigle (scrivono P.O., che vuol dire "per os", cioè per bocca, per via orale, e qualcuno scrive ancora T.I.D. , «tris in die», cioè tre volte al giorno) suggerisco D.I.N.I.F: che vuol dire «Decido io e non il farmacista». Il che, sia chiaro, può avere un qualche fondamento.

Riccardo Renzi

Pagina 51 – (09 dicembre 2012) – Corriere della Sera

 

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