Scaccabarozzi, per ora no a stop forniture

Lo stop al rifornimento di medicinali alle strutture sanitarie deciso da alcune imprese in Grecia a causa delle insolvenze "è una mossa di difficile applicazione nel nostro Paese.

Però non lo posso escludere in un futuro, perché oltretutto veniamo chiamati a ripianare dei soldi per prodotti forniti e che non ci sono ancora stati pagati. Questa è l’assurdità del nostro Paese".

A dirlo è stato il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, a margine della presentazione del terzo Libro bianco sulla salute delle donne. "Le industrie farmaceutiche – ha ribadito – sono preoccupatissime perché hanno un grande ruolo di responsabilità sociale, che è quello di mettere a disposizione farmaci per i pazienti. Nonostante non vengano pagate o vengano pagate a 250 giorni, con punte anche di 1000 giorni, continuano a farlo. Siamo in un Paese dove nelle Regioni sottoposte a piano di rientro non ci è consentito portare avanti azioni per pretendere i soldi che ci sono dovuti: la legge impedisce il recupero dei crediti".

Io escludo" il blocco delle forniture "al momento, però – avverte – è bene sottolineare il ruolo sociale che noi stiamo svolgendo in questo momento: ci sono ospedali che hanno delle difficoltà finanziarie notevoli e nonostante questo noi continuiamo a fornirli. Quanto possiamo resistere non lo so, dico solo che già portando i tempi di pagamenti a quanto richiesto dalla comunità europea noi potremmo dare un’ulteriore spinta all’economia".

"Oggi le imprese del farmaco, se non fosse per il fatto che le grandi multinazionali a capitale estero, le banche o le case madri ripianano i conti o gli imprenditori ci mettono del proprio con i profitti ottenuti fuori dall’Italia – ha concluso Scaccabarozzi – sarebbero in difficoltà anche nel pagare gli stipendi dei dipendenti. Perché siamo aziende che incassano a 250 giorni, ma gli stipendi li dobbiamo pagare ogni mese a 66 mila dipendenti.

E’ questo che rappresentiamo per il sistema Paese. E’ probabilmente tempo di uscire dal pregiudizio che quella farmaceutica non sia un’industria sana.

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