Svizzera: la sperimentazione sui farmaci si fa con le cavie umane

Tanti gli italiani che si offrono volontari ai test clinici in Svizzera per 1.200 euro in 6 giorni. Un mercato che non sarebbe confinato in Svizzera, né all’interno della sola Europa, e che coinvolge chi è mosso dal bisogno, dall’ignoranza o dalla sete di un guadagno facile. Un mercato silenzioso, opaco nei suoi effetti anche agli abituali consumatori di farmaci.

di Lucia Russo – 25 Novembre 2011


Sono tanti gli italiani che si offrono volontari ai test clinici in Svizzera per 1.200 euro in 6 giorni

Arrotondare o campare sottoponendosi volontariamente alla somministrazione di farmaci da testare è un espediente lavorativo che pare richiami molti italiani, soprattutto studenti universitari, verso le cliniche della Confederazione Elvetica, a un passo dal confine italiano. I 1200 euro offerti in cambio di 6 giorni di ricovero attirano ogni anno 750 italiani provenienti soprattutto dal Nord della Lombardia.

Sarebbero questi i dati salienti, negli attuali tempi di crisi, di un mercato che per quanto oscuro è stato scoperto da almeno un decennio. Il che la dice lunga sulla sua pre-esistenza. Un mercato che non sarebbe confinato tra i confini svizzeri, né solo europei, ma che sfrutta sempre chi è mosso dal bisogno, dall’ignoranza o dalla sete di un guadagno facile e innocuo, almeno nel breve periodo. Non sono nuove le denunce mosse alle multinazionali dei farmaci di eseguire più della metà dei loro test nei paesi del terzo mondo, complici le amministrazioni e le autorità locali.

La persistenza di un siffatto mercato coi relativi rischi scuote l’ingenuità generale di tutti noi, quando in qualità di consumatori (occasionali o abituali) di farmaci di cui magari contestiamo la sperimentazione farmaceutica sugli animali, non verifichiamo in che misura la stessa passa sull’essere umano, in quali stadi e con quale trasparenza. Ancor prima che la farmacopea, la fitoterapia è nata dall’auto-somministrazione e osservazione degli effetti sull’uomo, poi tramandati da una generazione all’altra.

Balzato di recente alla ribalta, e documentato dalle inchieste condotte da giornalisti (vedi Il Fatto Quotidiano, le Iene) che hanno fatto in prima persona da degenti per testimoniare le modalità d’arruolamento e il decorso dei test, il mercato delle cosiddette cavie umane denuncia un incremento degli italiani che volontariamente si offrono, a fronte di una bassissima percentuale di svizzeri che rifuggono da questa pratica pur avendola a portata di mano.


Risale al 2000 la creazione in Svizzera di un registro dei volontari per i test di medicamenti

Il mercato è aperto, tanto che sul web leggiamo anche qualche annuncio di reclutamento pubblicato da una società farmaceutica italiana con sede in Svizzera. Tuttavia, è soprattutto dal passaparola che si arriva al contatto, alla presentazione e infine alla convocazione presso l’Ipas, Institute for pharmacokinetic and analytical studies di Mendrisio, divenendo delle cavie umane.

Vietati in Italia, o almeno ostacolati dall’iter burocratico, i test clinici su soggetti sani sono legalmente regolamentati nella Confederazione Elvet