Varianti Coronavirus. Sono 11, ma sono 5 quelle che preoccupano

I virus, in particolare quelli a Rna come i coronavirus, evolvono costantemente attraverso mutazioni del loro genoma. Mutazioni del virus Sars-CoV-2 sono state osservate in tutto il mondo fin dall’inizio della pandemia. Mentre la maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio un vantaggio selettivo rispetto alle altre attraverso una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia o la possibilità di aggirare l’immunità precedentemente acquisita da un individuo o per infezione naturale o per vaccinazione.  In questi casi diventano motivo di preoccupazione, e devono essere monitorate con attenzione (ISS)

Delle undici varianti del nuovo coronavirus sotto osservazione, a preoccupare di più sono cinque. Le più diffuse in tutto il mondo. L’ultima in ordine di tempo è la Epsilon, che secondo la rivista Science è una delle varianti che destano preoccupazione, le cosiddette VOC (Variants of concern). Per ora Epsilon è considerata una variante sotto osservazione e fa parte delle VOI (Variants of Interest).

La variante Alfa, l’ex variante inglese è in calo

La variante Alfa – B.1.1.7 – La ‘variante inglese’ (VOC 202012/01) è stata isolata per la prima volta nel settembre 2020 in Gran Bretagna, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al 9 novembre 2020. Si è rapidamente diffusa in tutto il mondo sostituendo la versione precedente del nuovo coronavirus. In questo momento è la variante dominante nel mondo. Secondo il report Iss-ministero della Salute e Fondazione Bruno Kessler in Italia è al 57,8%, in calo rispetto al 18 maggio quando era all’88,1 per cento. É tenuta sotto controllo la sua versione portatrice della mutazione E484K, la cui diffusione è in aumento.  E’ monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata, ipotizzata anche un maggiore patogenicità, ma al momento non sono emerse evidenze di un effetto negativo sull’efficacia dei vaccini. Al 6 giugno 2021, in base alle segnalazioni pervenute al Sistema di Sorveglianza Integrata COVID- 19, la variante del virus SARS-CoV-2 prevalente in Italia è risultata essere la variante Alpha (lignaggio B.1.1.7)

La Beta, non segnalata nelle ultime 4 settimane

La variante Beta – la B.1.351 – La ‘variante sudafricana’ (501 Y.V2) è stata isolata per la prima volta nell’ottobre 2020 in Sud Africa, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al 28 dicembre 2020. E’ monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata, e perché dai primi studi sembra che possa diminuire l’efficacia del vaccino. Si studia se possa causare un maggior numero di reinfezioni in soggetti già guariti da COVID-19. Sembra diffondersi con un’efficienza maggiore del 50% rispetto al virus originario e più facilmente tra i giovani. In Italia la banca dati Gisaid non rileva nuove segnalazioni nelle ultime 4 settimane.

La Gamma

La ‘variante brasiliana’ (P.1) è stata isolata per la prima volta nel gennaio 2021 in Brasile e Giappone. Alla data del 25 gennaio 2021 è stata segnalata in 8 paesi, compresa l’Italia. E’ monitorata perché è ipotizzata una trasmissibilità più elevata e perché dai primi studi sembra che possa diminuire l’efficacia del vaccino. Si studia se possa causare un maggior numero di reinfezioni in soggetti già guariti da COVID-19 Identificate tre mutazioni che ha subito, indicate con le sigle: N501Y, E484K e K417T, coinvolte nell’efficacia con cui il virus si lega al recettore Ace2 delle cellule umane. Lo studio Iss-ministero-Kessler la rileva all’11,8%, in crescita rispetto al 7,3% precedente. É presente in 11 regioni e risulta più diffusa in Umbria dove segna il 37,5 per cento.

La Delta sorvegliata speciale

Sorvegliata speciale è la Delta – B.1.617.2 -, identificata in India, si è rapidamente diffusa in un centinaio di Paesi. Ha una grande efficienza di trasmissione, stimata fra il 50% e il 60% superiore rispetto alla Alfa. É sotto la lente in tutto il mondo perché molti esperti ritengono possa diventare il virus dominante, soppiantando la variante Alfa. Mentre due delle sue ’sorelle’ – B.1.617.2.1 e B.1.617.2.3 – sono molto meno aggressive e appartengono ormai alla famiglia Kappa delle varianti, si guarda con attenzione alla versione AY.1, nata dalla Delta e ancora più efficiente nel diffondersi. In Italia la Delta nell’ultimo mese è svettata dall’1% al 22,7 per cento. È stata sequenziata in 16 regioni: la prevalenza massima risulta in Friuli Venezia Giulia con il 70,6 per cento. Non è stata invece rilevata in Basilicata, Molise, Umbria, Valle d’Aosta e nella provincia autonoma di Trento.Il completamento del ciclo vaccinale fornisce una protezione contro la variante Delta quasi equivalente a quella osservata contro la variante Alpha. Sulla base delle ultime evidenze disponibili, la VOC Delta (B.1.617.2) è del 40-60% più trasmissibile rispetto alla VOC Alpha (Β.1.1.7) e può essere associata a un rischio più elevato di ospedalizzazione.

La Epsilon

Epsilon – B.1.427 – identificata in California, è ancora poco diffusa in Europa e sono solo due i casi rilevati in Italia secondo la banca internazionale Gisaid. Analizzando la struttura molecolare, i meccanismi di infezione e la resistenza all’attività neutralizzante della variante Epsilon del coronavirus, precedentemente conosciuta come variante californiana, un team di ricerca internazionale ha determinato che a causa di tre mutazioni critiche sulla proteina S o Spike questo ceppo ha una maggiore capacità di “sfuggire” agli anticorpi indotti dai vaccini, dei guariti e ai monoclonali. Nello specifico, le tre mutazioni critiche sono la S13I nel peptide segnale; la W152C nel dominio N-terminale (NTD) e la L452R nel dominio legante il recettore (RBD). Studiando a fondo le caratteristiche di questa variante, si potranno mettere a punto vaccini e trattamenti di seconda generazione in grado di garantire un’efficacia sensibilmente superiore rispetto agli attuali.

Le altre varianti, da Eta a Zeta

Poi ci sono le altre varianti, come Eta, all’1,4%, rilevata in 10 casi in Calabria, Lombardia, marche, Sicilia e Toscana. E c’è Zeta, allo 0,2%, rilevata in Sicilia in un solo caso. C’è anche Lambda, che viene dal Perù, ed è stata individuata in Italia in tre casi: due in Sicilia e uno in Piemonte. La prevalenza di altre varianti del virus SARS-CoV-2 di interesse per la sanità pubblica è <1% nel nostro paese, ad eccezione della variante Eta (lignaggio B.1.525, 1,19%). Casi associati a varianti Kappa e Delta (lignaggio B.1.617.1/2) sono al momento rari, tuttavia si segnala un recente aumento nella frequenza di queste segnalazioni sul territorio nazionale, in particolare di focolai dovuti alla variante Delta.

L’analisi delle varianti viene effettuata dai laboratori delle singole regioni, sotto il coordinamento dell’Iss. L’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) raccomanda di sequenziare almeno circa 500 campioni selezionati casualmente ogni settimana a livello nazionale, con le seguenti priorità: individui vaccinati contro SARS-CoV-2 che successivamente si infettano nonostante una risposta immunitaria al vaccino; contesti ad alto rischio, quali ospedali nei quali vengono ricoverati pazienti immunocompromessi positivi a SARS-CoV-2 per lunghi periodi; casi di reinfezione; individui in arrivo da paesi con alta incidenza di varianti SARS-CoV-2; aumento dei casi o cambiamento nella trasmissibilità e/o virulenza in un’area; cambiamento nelle performance di strumenti diagnostici o terapie; analisi di cluster, per valutare la catena di trasmissione e/o l’efficacia di strategie di contenimento dell’infezione. In particolare l’Istituto Superiore di Sanità ha chiesto ai laboratori delle Regioni e Province autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus per individuare in particolare la presenza della ‘variante inglese’. Successivamente verrà poi individuata la presenza della variante brasiliana e, se necessario, anche quella sudafricana. (ISS)

Notizie correlate: OMS. Tracking SARS-CoV-2 variants

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