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IL FARMACO SIA MENO SOFFOCATO

Meno leggi e più controlli. E’ quanto chiede Farmindustria alle Istituzioni "non per ridurre, ma per moltiplicare l’efficacia della legge"

L’appello arriva da un convegno sul tema, organizzato oggi a Roma dall’associazione degli industriali farmaceutici. "Troppe leggi sulla stessa materia aumentano l’area interpretativa, rallentando l’attività imprenditoriale", afferma Sergio Dompé, presidente di Farmindustria, che invoca dunque "meno burocrazia, che costa cara alle imprese, più autocertificazione e più controlli su tutta la ‘vita’ del farmaco". Controlli necessari anche per "reggere l’onda d’urto" dell’aumento di traffici illeciti e contraffazioni di farmaci, legati all’allargamento dell’Europa e ai mercati emergenti. "Per rendere più efficiente la nostra Pubblica Amministrazione – afferma Dompé – è necessario avere metà delle leggi, un quarto delle possibili interpretazioni e il doppio dei controlli. Con un rapporto tra imprese e P.A che, per ogni richiesta delle prime, preveda verifiche a date prestabilite e premi o penalizzazioni a seconda dei risultati. Una logica simile a quella della Borsa, dove si è puntualmente controllati e, per ogni sbaglio o scostamento da quanto promesso, si è puniti nella quotazione del titolo". Le imprese del farmaco chiedono dunque un ‘alleggerimento’ delle leggi e si dicono favorevoli a maggiori controlli, ma chiedono anche che questi ultimi "non riguardino solo il settore farmaceutico ma mettano sotto la lente tutto il sistema sanitario". Le imprese, dunque, chiedono di "essere in condizione di operare e rispondere responsabilmente del proprio operato in un contesto legislativo e regolatorio chiaro, stabile e coerente a livello regionale e nazionale. Un contesto quindi senza aree grigie, rinvii difficili da gestire e grovigli di competenze impossibili da districare. Norme chiare e nel numero strettamente necessario per garantire la tutela dei cittadini e il rispetto delle Istituzioni. Ma anche la libertà di intraprendere, che deve essere incentivata dalle leggi e non limitata".
I costi della burocrazia – ricorda Farmindustria – sono "un conto salato per le imprese". "In Italia ad esempio – spiega Dompé – i costi amministrativi nel 2006 sono stati pari al 4,6% del Pil e gli imprenditori impiegano 90 giorni all’anno per rispettare gli adempimenti amministrativi e le procedure burocratiche". Queste ultime "in Italia costano più che in altri Paesi (5.564 euro pro capite contro i 4.115 in Germania, i 5.182 nel Regno Unito, i 3.247 in Spagna): una differenza che nasce non dal costo del personale ma da quello per il funzionamento della ‘macchina pubblica’, il più alto nell’Unione Europea". Le imprese del farmaco "non chiedono naturalmente la riduzione del livello della regolamentazione nazionale e internazionale delle diverse fasi della sperimentazione dei farmaci. Il rigore raggiunto – continua Dompé – va anzi mantenuto perché indice di sicurezza, efficacia e qualità del prodotto". Domandano però "meno leggi nell’Amministrazione pubblica, stretta anch’essa tra obblighi, procedure, cavilli, non sempre necessari e talvolta inutili o dannosi. E quindi meno format da compilare e file da fare e più informatizzazione, rapidità e semplicità nelle pratiche. E nomi che corrispondono a visi con responsabilità individuali certe e accertabili". Nel nostro Paese – riconoscono gli industriali – "l’itinerario in questo senso è stato avviato e diverse cose sono cambiate. Ma il sistema nel suo complesso è ancora troppo lento, poco reattivo, con aree vaste di deresponsabilizzazione nelle quali cittadini e imprese rimangono non raramente invischiati. Più spazio inoltre all’autocertificazio

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