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Imprese italiane ancora distanti rispetto a media Ue

L’Italia si distanzia notevolmente dai Paesi europei più avanzati in termini di ricerca e brevetti, ma si posiziona meglio in termini di propensione all’innovazione delle imprese. Il rapporto tra spesa per ricerca e sviluppo (R&S) e Pil è fermo a 1,3% a fronte di una media europea del 2% e un obiettivo del 3%. E’ quanto emerge dal Rapporto Bes realizzato da Istat e Cnel. Più della metà della spesa è sostenuta dalle imprese, ma l’obiettivo europeo che prevede un significativo impegno dei privati nella ricerca è ancora distante. Anche il numero di brevetti è solo di 73,3 per milione di abitanti contro una media europea di 108,6.Nel triennio 2008-2010 le imprese italiane hanno, tuttavia, introdotto innovazioni di prodotto, di processo, organizzative o di marketing nel 54% dei casi, collocandosi al di sopra della media europea (49%).

12 marzo 2013 – PharmaKronos

pr 12/3/2013 Chiesi al top tra le imprese che brevettano in Italia – unica emiliana tra le prime 5

Parma 12 marzo Manifatturiero, chimica e automotive. Sono i settori di punta dell’innovazione made in Italy insieme a farmaceutica e tlc. In questi comparti si concentrano le domande di brevetto trasmesse nel 2012 all’European patent office (Epo), l’ente che registra le richieste di brevetto unificato europeo. Il numero delle domande dal nostro Paese è di 4.735, in flessione (-3,4%) sul 2011. Al primo posto con 72 richieste spicca Indesit, che nel 2012 ha investito 90 milioni in Ricerca & sviluppo.

Massicci investimenti in aumento, 197 milioni contro i 169 del 2011, per Paolo Chiesi, vice presidente e direttore R&S del Gruppo Chiesi farmaceutici di Parma che si piazza al 5° posto assoluto, unica emiliana della graduatoria, , che evidenzia le difficoltà in cui si muovono le imprese: «Mancano i contributi diretti e la penuria di incentivi fiscali rende sempre più difficile mantenere queste attività in Italia. Abbiamo un portafoglio con oltre 1.400 brevetti mondiali che ci assicurano una posizione concorrenziale e reinvestiamo nella ricerca i ricavi legati all’introduzione di nuovi farmaci sui mercati mondiali».

di Stefano Catellani – viaemilia.net

 

 

 

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