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Budget e piani dalle gambe corte

Le imprese strutturate hanno interiorizzato da tempo la necessità della pianificazione di marketing per guidare le attività attraverso una visione sistemica, che programmi gli investimenti, piuttosto che sostenere costi in maniera occasionale e "reattiva" alle condizioni di mercato. Tuttavia, spesso questa visione teorica si scontra con la pratica: i piani annuali vengono vissuti come un impegno vessatorio, mentre magari si è ancora concentrati nella realizzazione operativa dei progetti dell’anno in corso. A volte finiscono col trasformarsi in un’incombenza veramente insopportabile e si traducono in un’allocazione di budget pre-definiti, secondo stime di prudenza, basate sulla semplice replica dell’anno precedente, dello status quo, applicando tagli indotti dalla crisi.

Quando questo accade, si arriva alla "morte della pianificazione strategica", l’esatto contrario della visione sistemica che programma investimenti di crescita e sviluppo condivisi dal management aziendale. Così proposte, le allocazioni di budget non costringono ad una fase di accurata business intelligence, l’attenzione di tutti è rivolta altrove, pertanto può prosperare la pianificazione per supposizione. E’ necessario fissare obiettivi precisi, misurabili attraverso pochi KPI essenziali e chiaramente definiti. Il piano strategico dovrà definire le azioni scelte per perseguire detti obiettivi, condivise con tutto il management, grazie alla definizione delle linee guida tattiche che comprendono l’impegno di tutte le funzioni aziendali coinvolte. Così pensato, un piano strategico riuscirà a sopravvivere a cambi di ruoli, turnover del personale, proprio perché in grado di esprimere una visione strategica condivisa in azienda.

Citando Kotler: il marketing è l’arte di creare del genuino customer value. Customer value in inglese, per ribadire un concetto che potrebbe perdersi nella traduzione: nell’accezione strutturata del concetto il "valore del cliente" per l’azienda dipende dal "valore che l’azienda trasferisce al cliente". Se comprendiamo e condividiamo quest’ottica, il piano di marketing dovrebbe finalmente superare la limitazione del singolo anno, che in sé ha già la limitatezza della visione operativa, finalmente abbracciando un respiro di almeno 3-5 anni. Perché solo in un simile periodo si può pianificare di implementare un maggior valore percepito per i propri clienti e di conseguenza accrescere il valore per l’azienda (in termini di riacquisti, upselling, corss-selling, passaparola, ecc.).

Se eventualmente qualcuno dovesse trovare questo approccio un po’ "visionario", basterà forse provare a proiettarsi un po’ nel futuro. Provando ad esempio a pensare al ruolo che avranno i social network tra 3 anni, alla diffusione di tablet e smartphone, ecc. Chi pensa che il piano di digital marketing sia adeguato a quella prospettiva? E’ impossibile per qualunque azienda arrivare preparata al futuro, al continuo cambiamento dello scenario, se costantemente non si lavora per indagare i segnali deboli (e nemmeno tanto deboli) del mercato, pianificando azioni che permettano di sondare questi ambiti, senza sprecare risorse, ma comunque testando i nuovi contesti, sperimentando i nuovi media, nuovi partner e consulenti per affrontare nuove sfide, creando competenze e conoscenze condivise nella propria organizzazione.

Un piano di ampio respiro può indirizzare l’azienda ad affrontare il cambiamento, sperimentando con coscienza, accumulando esperienze e testando le tattiche più opportune, ottimizzando l’impiego delle risorse senza tagliare le gambe allo sviluppo futuro dell’azienda stessa. A questo punto, l’inserimento delle "cifre" del bud

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