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Coronavirus: È responsabilità del datore di lavoro di tutelare i lavoratori dal rischio biologico. Possibilità di CIG ordinaria o permesso retribuito

Ci sono giunte molte richieste di chiarimenti sul “cosa fare” dal punto di vista lavorativo nelle zone a rischio coronavirus.

Dai comunicati, circolari e leggi possiamo dire quanto segue.

  • È responsabilità esclusiva del datore di lavoro tutelare i dipendenti dal rischio biologico. Il mancato rispetto delle misure di contenimento è punito ai sensi dell’articolo 650 del Codice penale.
  • Il contagio conclamato in Italia del nuovo virus impone alle aziende l’aggiornamento del documento di valutazione dei rischi (Duvri) per la presenza del nuovo rischio biologico, nonché la fornitura dei dispositivi di protezione individuali (le mascherine)
  • Per gestire le assenze forzate dei lavoratori, invece, l’azienda può ricorrere a un periodo di cassa integrazione per «eventi di forza maggiore»

La criticità da affrontare è lo stop alle attività. Stop che può arrivare da autonoma decisione dell’azienda o dei lavoratori (accogliendo gli «inviti» a non uscire di casa, per esempio) oppure per ordine di autorità.

  • Nel primo caso l’assenza non è imputabile ai lavoratori; quindi deve essere retribuita dall’azienda che ha deciso di abbassare le serrande.
  • Nel secondo caso è il contrario: l’assenza è imputabile al lavoratore che ha deciso di restarsene a casa per paura del contagio; ma la stessa logica preventiva del “rischio biologico” sta poi orientando le aziende nella gestione del personale che debba recarsi in trasferta in zone “a rischio”. In tali ipotesi la tendenza appare quella di ritenere legittimo (e dunque irrilevante ai fini disciplinari) l’eventuale rifiuto opposto dal dipendente, in ragione dell’epidemia, al provvedimento di trasferta o distacco.
  • Nel terzo caso, poiché lo stop è imposto dall’alto, le assenze non sono imputabili ai lavoratori (dal punto di vista disciplinare) e ricadono quindi nel secondo caso

È da escludere nel modo più assoluto che il dipendente sia costretto a prendere delle ferie

La CIG, tuttavia, spetta ai dipendenti con almeno tre mesi di anzianità delle aziende destinatarie della cassa integrazione. E gli altri lavoratori? E le altre aziende? In soccorso può arrivare il contratto collettivo applicato in azienda, eventualmente (molti lo fanno) contempli la possibilità per il lavoratore di fruire di permessi retribuiti in caso di eventi eccezionali. 

I lavoratori autonomi, come le false partite IVA che caratterizzano gli ISF autonomi, non hanno adempimenti e incombenze da mettere in atto per affrontare l’emergenza del virus, essendo praticamente responsabili di loro stessi. Queste false partite IVA rischiano la disdetta del mandato, in pratica il licenziamento.


Riportiamo sotto alcuni comunicati e circolari o norme

Rimane fermo l’obbligo datoriale di attuare specifiche misure di sicurezza (si veda nello specifico l’art. 18, co.1, lett. e), D. Lgs. n. 151/2015) calibrate anche in funzione delle condizioni sanitarie (si veda l’interpello Ministero del Lavoro n. 11/2016) del luogo della prestazione.

In tal senso, per fronteggiare al meglio il concreto pericolo di contagio, è sempre più frequente il ricorso delle aziende sia a forme di lavoro “da remoto” (“lavoro agile/smart-working” o telelavoro), sia a provvedimenti di sospensione della dell’attività lavorativa pur in costanza di retribuzione; iniziative, queste, che stanno trovando riscontro anche nei riguardi di lavoratori “in quarantena” dopo essere tornati in Italia da zone particolarmente esposte all’epidemia.

La stessa logica preventiva del “rischio biologico” sta poi orientando le aziende nella gestione del personale che debba recarsi in trasferta nell’area orientale o in zone “a rischio”. In tali ipotesi la tendenza appare quella di ritenere legittimo (e dunque irrilevante ai fini disciplinari) l’eventuale rifiuto opposto dal dipendente, in ragione dell’epidemia, al provvedimento di trasferta o distacco.

Così descritto il quadro attuale, rimane inteso che le misure precauzionali richieste o messe in atto da operatori e datori di lavoro potranno/dovranno progressivamente mutare alla luce dei futuri sviluppi della malattia e delle conseguenti indicazioni fornite dalle Istituzioni nazionali, dall’OMS e dagli esperti del settore.

Indennità lavoratori autonomi (art. 16, D.L. n. 9/2020)

Ai collaboratori coordinati e continuativi (Co.co.co), ai titolari di rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale ed ai lavoratori autonomi o professionisti ivi compresi i titolari di attività di impresa, iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima, nonché alla gestione separata (di cui all’articolo 2 comma 26 della legge 8 agosto 1995 n. 335) e che svolgono la loro attività lavorativa alla data del 23 febbraio 2020 nei Comuni della «zona rossa» o siano ivi residenti alla medesima data viene riconosciuta un’indennità mensile di cinquecento per un massimo di tre mesi e parametrata all’effettivo periodo di sospensione dell’attività.


Coronavirus: le istruzioni del Ministero della salute per i datori di lavoro

Per fare fronte alla diffusione del “coronavirus”, il Ministero della salute ha pubblicato la Circolare n. 3190/2020, destinata agli operatori che per ragioni lavorative vengano a contatto con il pubblico, ma che fornisce indicazioni operative utili per tutti i datori di lavoro.

Il Ministero ribadisce che, ai sensi della normativa vigente (D.Lgs. 81/2008), la responsabilità di tutelare i lavoratori dal “rischio biologico”, a cui afferisce il Coronavirus, è in capo al datore di lavoro, con la collaborazione del medico competente.

La sorveglianza sanitaria, alla quale è tenuto il datore di lavoro in tali casi, deve necessariamente considerare la concreta situazione di rischio che, ad oggi, in Italia, è caratterizzata dall’assenza di circolazione del virus. E pertanto restano applicabili le indicazioni generali rilasciate dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità con riferimento alla prevenzione dalle malattie trasmesse per via respiratoria.

Al riguardo, è consigliabile che i datori di lavoro invitino i propri dipendenti ad adottare alcuni accorgimenti, tra cui ad esempio: lavarsi frequentemente le mani, curare l’igiene delle superfici, evitare contatti prolungati e ravvicinati con persone che presentano i sintomi dell’influenza e così via.

Il Ministero invita, inoltre, i datori di lavoro a predisporre il materiale informativo necessario e a diffondere tra i dipendenti notizie sui principali sintomi del virus e sui comportamenti igienico-sanitari da adottare.

I casi di intervento immediato vengono invece ricondotti esclusivamente ai soggetti che presentino sintomi influenzali e che siano stati a contatto con persone malate o che provengano dalle zone coinvolte dal contagio (per l’individuazione delle zone a rischio la circolare rinvia al sito web dell’OMS). In simili circostanze, i datori di lavoro sono invitati a segnalare il caso “sospetto” ai servizi sanitari adottando, nell’attesa dell’intervento, misure atte ad evitare la possibile diffusione del contagio.

La circolare non affronta il tema degli “expat”, cioè i lavoratori in distacco o trasferta all’estero; tuttavia, sia il Ministero della salute (tramite le FAQ reperibili sul sito), sia il Ministero degli esteri (nell’apposito FOCUS sul sito) consigliano di posticipare i viaggi non necessari verso le aree colpite dall’epidemia.

Associazione ambiente e lavoro


Il ministero del Lavoro annuncia che ha individuato una misura per sostenere i dipendenti: ”E’ quella di concedere loro la Cassa integrazione ordinaria (Cigo)” si legge in una nota. ”Trattandosi di un evento imprevedibile, qual è questo, non c’è bisogno di una norma ad hoc. È un primo ma tempestivo intervento che possiamo mettere in campo e siamo pronti a predisporne altri qualora ve ne fosse la necessità”.


Covid-19, Consiglio straordinario dei ministri vara decreto legge

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019. Il provvedimento è stato illustrato in una conferenza stampa dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, con il Capo della Protezione civile Angelo Borrelli, il Ministro della Salute Roberto Speranza, il Presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro. Il punto sulla situazione da parte del Capo della protezione civile: 79 persone colpite, di queste 76 positive al test, 2 deceduti, un dimesso (guarito). Dei 76 positivi al test: 54 sono in Lombardia, 17 in Veneto, 2 in Emila Romagna, 1 in Piemonte, oltre i 2 turisti cinesi ancora ricoverati allo Spallanzani di Roma. Il ministro Speranza: “Misure per la tutela della salute delle comunità, contiamo sulla collaborazione di tutti i cittadini”.

Guarda il video della conferenza stampa

Il decreto interviene in modo organico, nell’attuale situazione di emergenza sanitaria internazionale dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità, allo scopo di prevenire e contrastare l’ulteriore trasmissione del virus.

Il testo prevede, tra l’altro, che nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio, le autorità competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica.

Tra le misure sono inclusi, tra l’altro:

  • il divieto di allontanamento e quello di accesso al Comune o all’area interessata;
  • la sospensione di manifestazioni, eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato;
  • la sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole e dei viaggi di istruzione;
  • la sospensione dell’apertura al pubblico dei musei;
  • la sospensione delle procedure concorsuali e delle attività degli uffici pubblici, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità;
  • l’applicazione della quarantena con sorveglianza attiva a chi ha avuto contatti stretti con persone affette dal virus e la previsione dell’obbligo per chi fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico di comunicarlo al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente, per l’adozione della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva;
  • la sospensione dell’attività lavorativa per alcune tipologie di impresa e la chiusura di alcune tipologie di attività commerciale;
  • la possibilità che l’accesso ai servizi pubblici essenziali e agli esercizi commerciali per l’acquisto di beni di prima necessità sia condizionato all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale;
  • la limitazione all’accesso o la sospensione dei servizi del trasporto di merci e di persone, salvo specifiche deroghe.

Si introduce, inoltre, la facoltà, per le autorità competenti, di adottare ulteriori misure di contenimento, al fine di prevenire la diffusione del virus anche fuori dai casi già elencati.

L’attuazione delle misure di contenimento sarà disposta con specifici decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti i Ministri e il Presidente della Regione competente ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui gli eventi riguardino più regioni. Nei casi di estrema necessità ed urgenza, le stesse misure potranno essere adottate dalle autorità regionali o locali, ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, fino all’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ai fini sanzionatori, il decreto stabilisce che il mancato rispetto delle misure di contenimento è punito ai sensi dell’articolo 650 del Codice penale.

Infine, il testo prevede che il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’Interno, assicuri l’esecuzione delle misure avvalendosi delle forze di polizia e, ove occorra, delle forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali.

Comunicato Ministero della Salute – 23 febbraio 2020


Comunicato sindacati lombardi

Redazione Fedaisf

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