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Da banco? Dipende dal banco

C’è fermento nell’OTC, e non si tratta solo di quello italico e nemmeno della dispensazione attraverso i supermercati. O meglio, non soltanto.
Ci sono infatti alcune tendenze più generali, di qua e di là dall’Atlantico, che movimentano lo scenario. Le ha rilevate in un lungo articolo Pharma Voice, periodico specializzato statunitense. In primo luogo c’è una constatazione forte: 700 prodotti che oggi sono in libera vendita, 25 anni fa erano ancora sottoposti alla prescrizione. Questo comporta almeno due conseguenze. La prima è che si assiste, oggi e in futuro, a un rallentamento dello switch, semplicemente perché  i casi in cui questo può essere fatto con facilità sono sempre meno. Inoltre, se si vuole considerare il passaggio alla libera vendita come un elemento standard del ciclo vitale di un prodotto è bene che l’azienda ci pensi per tempo.
Per Andy Tisman, capo sel settore consumer di IMS, se si prevede il passaggio allo stato di OTC,  le ricerche ad hoc devono cominciare già nella fase III della sperimentazione clinica,  così da valutare efficacia e sicurezza di dosaggi diversi. Certamente a un investimento che potrebbe dare un ritorno soltanto dopo una quindicina d’anni, non tutti sono propensi. Quanto alle aree che restano più appetibili e praticabili vi è quella gastroenterologica, dove il Prilosek di AstraZeneca ha aperto la strada, e quella dei disturbi delle alte vie respiratorie, con il possibile arrivo della cetirizina di Pfizer, anche qui sulla scorta della loratadina di Schering Plough. Poi c’è il classico settore degli antidolorifici, ma si sta parlando di un segmento affollato, visto che ibuprofene, naprossene e gli altri FANS più o meno collaudati già da tempo spopolano. Sempre secondo Tisman, le novità potrebbero giungere nel trattamento dell’asma e per quanto riguarda i prodotti lifestyle, ovvero trattamenti per l’obesità, la disfunzione erettile e la contraccezione ormonale. Per questi ultimi due punti è facile intuire una visione molto americana della questione, lontana cioè dai condizionamenti religiosi, per quanto riguarda la pillola, e da uno sguardo un po’ più cauto delle Autorità regolatorie sui farmaci per l’erezione (e pazienza se sono stati smerciati anche attraverso i porno-shop). Del resto anche negli Stati Uniti l’arrivo del levonorgestrel  per la contraccezione d’emergenza (il Plan B della Bar Pharmaceutichals) ha dato luogo a una doppia modalità di dispensazione: dietro prescrizione per le donne under-18 e come OTC per le diciottenni e oltre.
C’è anche chi prefigura sviluppi nel settore dei medicinali dedicati ai fattori di rischio, come le statine nella prevenzione primaria. Anche qui non manca un precedente: la simvastatina, introdotta come OTC nel mercato britannico. L’idea non ha avuto successo, in termini di vendite e, secondo Tisman questo si  deve al targetting. La statina infatti si rivolgeva ai giovani con ipercolesterolemia lieve – moderata, persone poco inclini a ritenersi malate e, quindi, a intraprendere una terapia cronica, anche se un recente commento , firmato da Cesare Sirtori su Lancet, riteneva che vi fossero elementi sufficienti, dal punto di vista della salute pubblica, per consigliare una tale strategia. Il punto, però, resta che l’OTC è ancora considerato la risorsa principe per le condizioni acute e, alla fine, autolimitanti.  In pratica, senza il disagio del sintomo, è difficile che il paziente, in asenza del medico, sviluppi compliance e adherence adeguate. A meno che, e forse in Italia questo sarebbe il momento adatto, non ci si affidi alla pharmaceutical care.
Paradossalmente, l’arrivo di molecole dalla gestione più problematica, incontrerebbe meno difficoltà in una situazione come quella europea dove anche il f

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