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LA CRISI E IL PHARMA

Quanto incide la crisi finanziaria mondiale sulle grandi aziende del farmaco? La domanda è più che legittima visto il precipitare repentino della situazione e nel mondo del Pharma non pochi se lo sono domandati. Nessuno meglio dell’agenzia internazionale di rating Standard & Poor’s (S&P) è in grado di rispondere e di disegnare anche, nei limiti del possibile, uno scenario futuro. E non a caso l’agenzia ha avuto le richieste di molte aziende di settore. In risposta S&P ha prodotto un documento nel quale riassume i principali interrogativi ricevuti con annesse risposte. E le cose non sembrano andare così male. L’agenzia di rating vede, infatti, ben posizionata l’industria farmaceutica rispetto a molti altri settori commerciali, nell’affrontare la crisi in corso. Qualche problema in più per le aziende biotech e per le specializzate che potrebbero soffrire un po’ di più visto che operano in settori di mercato più ristretti.

L’analisi di S&P inizia dai grandi gruppi per concludere che il rischio è basso. Aziende come Pfizer, Merck&Co., Eli Lilly, Novartis non sembrano correre grandi rischi e la conferma arriva dal fatto che il rating A-, che indica una buona sicurezza di capitale, è destinato a essere mantenuto. Il fatto è, spiegano gli esperti, che nonostante la recessione le persone continueranno ad aver bisogno di farmaci. La conseguenza è evidente: i guadagni e il flusso di cassa delle aziende Big Pharma sono meno esposte a rischi, nonostante una maggiore visibilità sul mercato. E anche il settore della ricerca e sviluppo non sembra dover venire granché condizionato. E’ evidente che si tratta di un settore costoso e da "alimentare", ma le risorse a disposizione dovrebbero bastare. Il problema piuttosto potrebbe sorgere per la scadenza di numerosi brevetti su prodotti rilevanti, un fatto che potrebbe condurre molti attori del settore a ridurre il proprio impegno e a ri-focalizzare l’area ricerca e sviluppo. C’è poi il capitolo delle acquisizioni, uno fra i metodi più utilizzati proprio per mettersi al riparo dalla perdita di protezione commerciale su farmaci blockbuster. Il caso più recente, di cui Pharmamarketing si è occupato nel numero scorso, è quello di Eli Lilly che ha da poco annunciato l’acquisto di ImClone per 6,5 miliardi di dollari. Ma anche su questo fronte S&P si mostra fiduciosa. I bersagli preferiti di questo tipo di acquisizioni è proprio quello delle aziende biotech, che, non a caso, in questo momento all’interno del settore sono le meno forti. Il problema salta all’occhio, in particolare per quelle emergenti e di piccole dimensioni, che non possiedono ancora flussi di cassa robusti perché impegnate in ricerca. Ma non mancano le eccezioni. Tra queste il rapporto Standard&Poor’s cita BioMarin Pharmaceuticals che, pur presente sul mercato da poco, ha già raggiunto una posizione sufficientemente solida da stare tranquilla per i prossimi due anni. Le compagnie che invece sono ancora fuori dal commercio potrebbero correre qualche rischio in più. Infine il capitolo delle aziende specializzate, probabilmente il settore più a rischio. Il fatto di orientarsi su precise aree terapeutiche, infatti, determina maggiore difficoltà a rafforzare le vendite e a reperire fondi per la ricerca, con la conseguente crescita della minaccia di acquisizioni da parte di aziende più sane. Con il rischio tangibile di speculazioni. In conclusione l’agenzia di rating affronta la situazione delle imprese di generici, che non dovrebbero essere toccate dalla crisi. Si tratta di imprese, conclude S&P nella sua analisi, in fase di consolidamento e con un ruolo di primo piano nel mercato. Un ruolo che dà sicurezza.

Fonte: "Pharmamarketing"

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