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MANCA IL BUON ESEMPIO DEL SERVIZIO SANITARIO.

Nel mondo del software libero, quello di GNU e Linux, per intendersi, è opinione corrente che l’assedio ai sistemi proprietari, Windows per intendersi, avrebbe raggiunto il punto culminante quando le pubbliche amministrazioni avessero cominciato a dotarsi, per evidenti ragioni di risparmio e interoperabilità, di sistemi aperti. Situazione analoga per il farmaco generico, che è per molti versi analogo al software libero, visto che è privo di proprietà intellettuale. Anche qui, l’atteggiamento della mano pubblica è a ragione ritenuto fondamentale perché il generico guadagni spazio. Senza contare che è razionale pensare che sia il pubblico a dare il buon esempio. Però, non sembra essere così e a denunciare la circostanza è stato una segnalazione dell’Autorità garante del mercato e della concorrenza, meglio nota (purtroppo) come antitrust. In particolare l’oggetto delle critiche è il metodo delle gare "a pacchetto" utilizzato da molte Aziende sanitarie italiane per l’acquisto dei farmaci che, secondo il garante, "limita significativamente, per le imprese che producono farmaci generici, la possibilità di aggiudicazione della gara"
Secondo l’Autorità, in queste gare "le imprese fornitrici possono raggruppare a propria discrezione alcuni o tutti i principi attivi oggetto di gara concedendo, oltre allo sconto sui singoli principi attivi, uno sconto aggiuntivo sull’intero pacchetto che contiene sia farmaci brevettati sia farmaci a brevetto scaduto". Il fenomeno, sostiene, "produce l’effetto di limitare significativamente, per le imprese che producono farmaci generici, la possibilità di aggiudicazione della gara favorendo unicamente le imprese originator, le sole in grado di presentare offerte che abbracciano sia prodotti brevettati che a brevetto scaduto. E anche l’offerta di un consistente sconto da parte di imprese genericiste, relativo ad un singolo farmaco generico, avrà infatti poche opportunità di prevalere su un’offerta di un originator relativa a un pacchetto che include farmaci brevettati, per i quali esistono maggiori margini di manovra sui prezzi e rispetto ai quali l’impresa opera sostanzialmente in regime di esclusiva". Dunque, fa notare l’Antitrust, "grazie al potere di mercato che deriva loro dall’esclusiva garantita dai brevetti, gli originator possono assicurarsi l’aggiudicazione di vari lotti pur offrendo prezzi dei farmaci off-patent più elevati di quelli che offrirebbero i genericisti. La possibilità di offrire pacchetti misti consente di fatto alle imprese farmaceutiche, titolari di brevetti, di effettuare sussidi incrociati tra prezzi dei farmaci brevettati e quelli degli off-patent, mantenendo complessivamente un vantaggio competitivo sulle imprese genericiste e limitando in tal modo la vendita dei generici negli ospedali". Il ragionamento non fa una grinza, salvo forse il pensare che sul generico esistano minori margini di manovra: non è quello che sostengono gli analisti del settore, visto che l’OTC a marchio della grande distribuzione, dove esiste, può costare anche un quinto del branded e del cosiddetto generico di marca.

"La difficoltà di un farmaco generico di affermarsi nelle gare ospedaliere" prosegue il Garante "si riflette sulla diffusione dello stesso farmaco anche in farmacia, data la continuità esistente tra la terapia ospedaliera e la terapia domiciliare seguita dal paziente…Sarebbe quindi opportuno che le ASL continuassero ad avvalersi delle gare "a pacchetto" raggruppando principi attivi coperti da privativa brevettuale e principi attivi off-patent, solo quando strettamente indispensabile. Ogni qualvolta possibile, invece, i bandi dovrebbero mantenere distinti i lotti composti da farmaci sotto tutela brevet

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