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Marketing, il futuro è già cominciato ma servono nuove competenze

Roma, 17 dicembre 2012 – CHI HA SUBÌTO un trapianto di rene, fegato o di altri organi è «speciale» perché ha bisogno di farmaci che minimizzino il rischio di rigetto e la perdita dell’organo trapiantato dal donatore. E occorre assicurare farmaci che garantiscano l’effetto desiderato.

Nasce da questa osservazione il richiamo della Società Italiana Trapianti d’Organo (SITO) per far sì che a queste persone siano assicurati i medicinali originali, anche in caso di disponibilità di equivalenti.

«ALCUNI farmaci immunosoppressori, come tacrolimus, rientrano nella categoria dei farmaci a basso indice terapeutico: anche lievi modificazioni della concentrazione plasmatica di questi farmaci possono comportare gravi conseguenze in termini di tossicità o perdita di efficacia – afferma spiega Pasquale Berloco (nella foto), Presidente SITO – . In questo particolare ambito terapeutico, la sostituzione di un farmaco originale con uno generico, o quella di un generico con un altro generico, deve essere prescritta da un medico esperto del trapianto e valutata nel suo rapporto rischio/beneficio poiché ogni sostituzione deve essere seguita da controlli dei livelli plasmatici del farmaco e sostituzioni ripetute e consecutive devono assolutamente essere evitate».

In Italia sono circa tremila ogni anno le persone sottoposte a trapianto d’organo. Le percentuali di successo sono elevate, specie per i trapianti di fegato, rene e cuore e valido è anche il ritorno alla vita di ogni giorno. I pazienti italiani sottoposti a trapianto che lavorano o sono nelle condizioni di farlo, sono il 90,3 per cento per il trapianto di cuore, 78,2 per cento per il trapianto di fegato e 89,8 per cento per il trapianto di rene.

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