Medici di famiglia ‘visitati’ undici volte a settimana dagli informatori scientifici del farmaco. ‘Frequenza’ che sale a 12 volte per i camici bianchi con più assistiti e si attesta a 10 per quelli con meno pazienti. Ad ogni ‘incontro’ gli informatori presentano, in media, cinque farmaci della propria azienda: due in modo più approfondito mentre per gli altri tre si limitano a ‘ricordare il marchio’. Con una novità: oltre a usare il ‘classico’ materiale autorizzato (depliant, brochure ecc), gli informatori danno notizie e aggiornamenti estratti da siti internet (quindi non approvati come necessario). Ma senza lasciarne ‘traccia’, cioè non consegnando nessun documento al medico. E’ quanto emerge da un’indagine condotta, su un campione di 310 medici di famiglia, dall’Unità di farmacologia medica dell’Università’ di Verona, in collaborazione con la Fondazione Smith Kline, presentata a Roma, al convegno su “Informazione scientifica del farmaco nuovi scenari”, organizzata dalla rivista ‘Economia politica del farmaco”. L’indagine ha voluto ‘misurare’ la quantità e la qualità delle informazioni date ai medici e sondare le loro opinioni in materia. Dai risultati – secondo gli autori della ricerca, guidati da Giampaolo Velo dell’Università di Verona – emerge che sono “troppi i prodotti illustrati nel tempo limitato di una visita dell’informatore. Una promozione fatta con tecniche di comunicazione più di tipo pubblicitario che mirate a informare sul migliore e più appropriato uso del medicinale”. Quanto alle informazioni prese da internet e ricevute da un medico su tre intervistati, “testimoniano, da un lato, l’esigenza dell’informatore – spiega Velo – di fornire dati e notizie più recenti possibile, che i tempi di approvazione ministeriale e quelli di elaborazione del materiale da parte delle aziende non permettono. Dall’altro, internet permette al singolo informatore di elaborare un’informazione personalizzata, al di fuori degli schemi previsti dai propri referenti aziendali. Comunque – aggiunge – è poco probabile che questo tipo di materiale sia stato ‘depositato’ e approvato dall’Aifa, come necessario e, come si sa, non sempre la ‘rete’ è una fonte affidabile”. A questo si aggiunge un’altra particolarità: “che spesso le aziende ignorano questa ‘tendenza’, tanto è vero che gli informatori non lasciano mai materiale estratto dai vari siti”.
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