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Ortolani (Fonchim), su Tfr si pensa a uovo oggi e non a gallina domani

E significa rendere più poveri i lavoratori che andranno in pensione. Quella della previdenza complementare, ricorda Ortolani, “è una realtà importante con 6 milioni di iscritti e un patrimonio di 121 mld complessivo

Articolo pubblicato il: 01/10/2014 – adnkronos

Anticipare il Tfr in busta paga significa “pensare all’uovo oggi e non alla gallina di domani e significa rendere più poveri i lavoratori che andranno in pensione”. E’ netto il giudizio di Fabio Ortolani, presidente di Fonchim, Fondo di previdenza complementare per i lavoratori dell’industria chimica e farmaceutica e dei settori affini, che parlando con Labitalia aggiunge: “Ritengo estremamente azzardate le intenzioni del governo Renzi di rendere disponibile il tfr perché metterebbero a rischio il futuro pensionistico degli italiani che hanno scelto o sceglieranno la previdenza complementare quale strumento di sostenibilità post lavorativa e renderebbero difficile la liquidità in molte imprese medio-piccole”.

“I fondi pensione -aggiunge Ortolani, che è stato membro della Commissione di Vigilanza Covip per 7 anni- sono stati introdotti e normati per garantire ai lavoratori una pensione complementare che si aggiunga a quella obbligatoria, che di fatto non è più in grado di garantire un contributo adeguato ai futuri pensionati: il tasso di sostituzione post lavorativo si aggira infatti intorno al 55/60% dell’ultima retribuzione”.

“Togliere una delle forme di finanziamento dei fondi pensione, il Tfr appunto, e lasciare solo la contribuzione del datore di lavoro e quella volontaria del lavoratore, ridurrebbe drasticamente il montante a disposizione -osserva Ortolani- con enormi riduzioni dell’assegno versato dopo il pensionamento e nei fatti annullandolo”.

Quella della previdenza complementare, ricorda Ortolani, “è una realtà importante con 6 milioni di iscritti e un patrimonio di 121 mld complessivo tra fondi negoziali, fondi aperti e pip”. Patrimonio composto “anche da 24 miliardi di Titoli di Stato come Bot e Cct e da 2,5m miliardi di obbligazioni e titoli azionari”, aggiunge.

Una ricchezza che, tramite i gestori, dice, “potrebbe anche essere investita nell’economia reale delle pmi se ci fosse una garanzia dello Stato su quelle attività”. Ma quest’ipotesi di passare dagli investimenti finanziari agli investimenti ‘reali’, avverte, “non si può assolutamente realizzare se si blocca l’afferenza del tfr, che alimenta una parte consistente della previdenza complementare”.

Ortolani sottolinea “che ancora una volta il governo italiano, per trovare soluzioni alla difficile situazione economica, pensa di mettere mano al futuro dei lavoratori italiani, che sono le vittime di questa condizione”. “E’ successo con le varie riforme pensionistiche, ultima quella messa in atto da Elsa Fornero, che ridurranno drasticamente il contributo ai futuri pensionati e potrebbe succedere -conclude- nuovamente con i fondi pensione”.

 

Redazione Fedaisf

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