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Ticket Anti-sprechi nella Sanità

Ticket, tasse di scopo, recupero dei disavanzi. E azzeramento di un deficit che—secondo la Corte dei conti—potrebbe registrare solo per il 2006 la cifra record dei 10 miliardi di disavanzo per il Servizio sanitario nazionale. In questo scorcio di fine estate, condito dalle polemiche sulle riforme della spesa pubblica e del federalismo fiscale che viaggiano a pieno regime, la questione del controllo e della qualificazione della spesa sanitaria resta una partita aperta e si prepara a tener banco fin dalle battute d’avvio del cantiere della Finanziaria 2007.
E proprio la questione ticket—ufficialmente introdotta a inizio luglio dal ministro della Salute, Livia Turco— potrebbe rappresentare l’ago della bilancia e il terreno ultimo di scontro al momento delle scelte. Entrati come elementi di contorno nel disegno del «New Deal» della salute pubblica annunciato dal ministro, la compartecipazione al costo alberghiero della degenza sanitaria per i soli redditi alti e il “ticket sugli sprechi” si candidano infatti a rappresentare i capisaldi di una manovra che dovrà necessariamente puntare alla pulizia e all’equità.
Il rebus da risolvere resta quello delineato dal Dpef: scegliere gli interventi strutturali giusti per massimizzare l’uso delle risorse e non intaccare i livelli di assistenza attualmente garantiti. Migliorandoli, anzi, e rendendo più facile la vita del Ssn con finanziamenti triennali stabili il cui importo è però ben lungi dall’essere stato definito.
Il rapporto spesa sanitaria/Pil è passato dal 5,7% del 2000 al 6,7% del 2005. L’incidenza reale del finanziamento del Fondo sanitario sempre nel 2005 si è attestata al 6,2% del Pil. La Turco ha chiesto di fissare l’asticella a quota 6,6% a fronte di una spesa tendenziale che viaggia attorno al 7%.
Le Regioni, infine, hanno già detto che per la gestione della salute pubblica serviranno almeno 98-100miliardi. Rinnovi contrattuali esclusi, si intende. Ed è proprio attorno al peso di questa richiesta che si accenderanno i riflettori al tavolo dell’Economia, quando dalle parole si passerà ai fatti. Stabilendo in primo luogo se sarà necessario fare ancora ricorso a medicine amare come l’aumento automatico delle aliquote Irpef e Irap scattato per le Regioni in deficit nel 2005.
Il primo momento della verità arriverà a settembre quando l’Economia dovrà scegliere promossi e bocciati tra le Regioni che fino al 2005  hanno accumulato disavanzi non ancora coperti.
La partita dei monitoraggi si è conclusa a fine luglio, ma la verifica sull’efficacia delle manovre di rientro è ancora aperta: tetti di spesa, razionalizzazione della rete ospedaliera, controlli a tappeto sulla spesa farmaceutica e verifica sull’appropriatezza delle prestazioni sanitarie sono gli interventi più gettonati dalle Regioni.
Ma quelle con i deficit più alti puntano anche a maxi-cartolarizzazioni sulla cui reale validità l’Economia dirà l’ultima parola solo a ottobre, dopo aver registrato il parere di Eurostat. La partita dei deficit pregressi rischia di approdare anche nella prossima Finanziaria, in vista di ulteriori ripiani eventualmente concessi dal Governo.
Un quadro in bilico, insomma.
Tanto più che a “premere” per farsi spazio nelle pieghe della manovra c’è anche il Fondo per la non autosufficienza, sponsorizzato da ben tre dicasteri e destinato a essere sostenuto con una «tassa di scopo» tutta da inventare. Fin qui la spesa e i venti di Finanziaria.
Anche se — almeno nelle speranze della Turco e delle Regioni — la barra del settore dovrebbe essere affidata al «Patto per la salute» candidato dallo stesso Dpef a ridisegnare regole e organizzazione delle cure e dell’assi

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