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Al teatro “dei lupini”

 La sceneggiata è un genere teatrale napoletano. Nel linguaggio parlato, invece, con questo termine s’intende una messinscena, una simulazione, una finzione. La sceneggiata è amata dai napoletani. Ogni amante delle canzoni napoletane di successo l’apprezza ma, fuori dal teatro, anche chi si è lasciato coinvolgere dalla messinscena, sa che la realtà è cosa diversa dalla finzione scenica.
Al teatro “dei lupini” in questi giorni è stata rappresentata una sceneggiata grottesca dal titolo “guarda papà cosa fanno i vicini ”. I personaggi sono:
– il figlio guardone che cerca di capire cosa succede in casa dei dirimpettai avendo notato dei movimenti a lui inconsueti;
– lo zio lupin che capisce meno del nipote ma, essendogli antipatici i vicini perché l’hanno colto in flagranza di reato, ne influenza e stimola la fantasia ed i commenti;
– il padre invidioso il cui desiderio malsano verso chi possiede qualità migliori delle proprie lo porta ad assecondare figlio e zio nei loro gesti e, di tanto in tanto, a millantare quelle doti che non ha;
– don Carmine il portinaio;
– I parenti ignari che, non sanno ma, nel dubbio, alimentano le congetture;
– La madre saggia.
Il programma, ridicolo per stranezza, bizzarria e goffaggine, va avanti a colpi di teatro all’altezza della migliore tradizione della sceneggiata napoletana.

L’opera inizia con Il figlio guardone che scorge in casa altrui un normale atto di democrazia a lui oscuro: il capo di quella casa si è dimesso ed ha affidato, come prevede il loro Regolamento, al suo vice la gestione ordinaria. Non capendo cosa succede, perché in casa sua non si usa, il figlio guardone comincia a parlare di fazioni e faide.
Lo zio lupin, che nel frattempo ha raggiunto la finestra, prontamente gli suggerisce intrighi e trame e, per giustificare ciò, indica al nipote guardone un componente dell’odiata famiglia, il ravennate, che a suo dire starebbe denunciando le malefatte familiari. Lo zio lupin sa che il ravennate non sta facendo altro che parlare di economia domestica con gli altri componenti della sua famiglia ma la mistificazione lo affascina. Indica altri spiati, il piemontese ed il veneto, che stanno tranquillamente chiedendo spiegazioni (come si conviene nelle famiglie per bene!), ricevendone, e li apostrofa dicendo: <vedi nipote mio quei signori sanno che si sta consumando una truffa, hanno capito che li vogliono fregare e stanno protestando>.
Il nipote spione prova a dire che a lui questa interpretazione non lo convince ma, prontamente, interviene il padre invidioso dicendo: <dà retta a tuo zio! Quelli sono dei fetentoni! Vedi, si vantano sempre dei successi ottenuti. Parlano con tanta gente come loro: con Farmindustria, con le Università, con le Istituzioni, con i Sindacati grossi. Ma chi si credono di essere!! Mica sono come noi che parliamo solo con quel gran signore di don Carmine! >
<Chi è don Carmine papà?> chiede il figlio spione.  <Il nostro portinaio?>
<Ma che dici?!> risponde il padre invidioso, <don Carmine non è solo il nostro portinaio è anche un grande esperto di litigi! Appena vede qualcuno che litiga, subito corre e tira fuori le bandiere dicendo che lui è “autonomo” e può fare qualcosa per loro. In realtà non ha mai fatto nulla ma, come sa dire lui che è bravo non lo sa dire nessuno. Niente a che fare con la gentaglia

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