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Antitumorali senza griffe. I dubbi di medici e pazienti

Il primo brevetto a scadere, quest’anno, sarà quello del rituximab, un anticorpo monoclonale per la cura dei linfomi non-Hodgkin, seguito a ruota da altri due, nel 2014: quello del cetuximab per il carcinoma del colon-retto e del trastuzumab per il carcinoma mammario. Alcuni antitumorali biotecnologici, costituiti da anticorpi monoclonali ed entrati in clinica a partire da vent’anni fa, perderanno la “griffe” e diventeranno generici o meglio “biosimilari”. Saranno, come succede per i generici meno costosi, e certamente offriranno vantaggi in termini di riduzione dei costi delle terapie. La comunità scientifica, però, vuole saperne di più e i pazienti chiedono garanzie.

DIVERSI DAI GENERICI – «Gli anticorpi monoclonali saranno biosimilari di seconda generazione – precisa Michele Carruba, Direttore del Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Milano – Infatti esistono già farmaci biosimilari, come l’eritropoietina o il fattore di stimolazione delle colonie dei leucociti, utilizzati nella cura dei tumori, ma si tratta di molecole che servono come terapia di supporto e non come antitumorali veri e propri». Le «copie» dei farmaci biologici sono definite biosimilari, e non generici come invece avviene per i composti chimici, perché la loro struttura è molto più complessa e i sistemi di produzione più complicati. Ecco perché si pone, più che per i generici, un problema di sicurezza. «I composti chimici sono costituiti da molecole piccole – continua Carruba – mentre i biologici sono composti da molecole molto più grandi che spesso sono proteine e hanno, quindi, una struttura terziaria, cioè una particolare conformazione nello spazio che ne condiziona l’attività biologica. Ecco perché il processo di produzione è più complicato e il risultato finale potrebbe non essere esattamente identico alla molecola originale. Ed ecco perché si definiscono biosimilari».

INDAGINE DELL’AIOM – Il concetto di biosimilare non è chiarissimo agli oncologi, come ha dimostrato un sondaggio dell’Aiom, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica, sui suoi iscritti (su 2000 hanno risposto più di 500), ma gli specialisti sono consapevoli che i biosimilari possono funzionare in modo diverso rispetto agli originator e sono immunogenici, cioè sono in grado suscitare reazioni immu

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