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CALABRIA, L’INFERMIERA: “LA SIGNORA NON RESPIRA, NON PREOCCUPARTI, LA FACCIAMO FUORI NOI”

 

Crea nega: il miliardo per aprire la clinica? Risparmi tenuti sotto un mattone IL SEGRETARIO DI CREA DAVANTI AL PM «Lui deve allontanare certi individui, gli dice amico bello, ci vediamo fra 4 mesi» Il consigliere regionale interrogato in carcere nega le accuse di collusione con le cosche

dal nostro inviato RITA DI GIOVACCHINO CATANZARO – L’assessore alla Sanità ha azzerato i vertici del Dipartimento regionale, il governatore ha sospeso dagli incarichi tutti gli amministratori coinvolti nell’inchiesta sull’Onorata Sanità. Provvedimenti tardivi, rimozioni che non placano la protesta dell’opposizione che chiede a gran voce le dimissioni di Agazio Loiero. E’ carico di tensione e polemiche il «day after» che vede in carcere politici e mafiosi accusati di aver disastrato la sanità in Calabria. Gli unici a tacere sono stati i magistrati, impegnati per tutto il giorno negli interrogatori di garanzia. Primo ad essere ascoltato l’assessore Domenico Crea, 56 anni, per la pubblica accusa "referente" delle cosche joniche interessate ad appozzare in quei 7 milioni di euro, il 3o per cento del bilancio regionale, destinato alla sanità. Un business più importante e meno rischioso del traffico di droga. Almeno finora. Novanta minuti nei quali, assistito dagli avvocati Michele Albanese e Domenico Canale, l’assessore regionale ha respinto le accuse mossegli dal gip Roberto Lucisano che vorrebbe inchiodarlo ai reati di concorso esterno in associazione mafiosa, truffa, falso in atto pubblico. Al centro dell’interrogatorio i misteri di Villa Anya, la clinica degli orrori, costruita da Crea alla fine degli anni Novanta con un miliardo e 350 milioni di cui i giudici non sono riusciti a stabilire la provenienza. A dire dell’assessore sarebbero frutto dei risparmi del suocero uso tenere i soldi «sotto un mattone», per i giudici il provento della sua attività di corruttela a favore della ‘ndrangheta. Tra le accuse c’è anche il fatto che la clinica sia stata dichiarata agibile grazie a una lunga serie di false certificazioni assicurategli dalla passata giunta di centrodestra e dall’ iter amministrativo seguito per ottenere la convenzione dall’Asl 11 di Reggio Calabria. E proprio dalla vicenda del convenzionamento è emerso un imponente falso in bilancio addebitato a Giuseppe Biamonte, dirigente generale ad interim dell’assessorato alla Sanità. «Uno storno – spiega Mario Andrigo della Dda – di 500 mila euro sottratto al bilancio regionale». Villa Anya era praticamente un ospizio in grado di accogliere una sessantina di vecchietti, molti lasciati morire da soli perché i medici lì non c’erano mai. A rispondere della mancata assitenza ad almeno undici pazienti in agonia è stato il figlio trentenne, Antonio Crea, medico e direttore sanitario della clinica, interrogato subito dopo il padre. Nei prossimi giorni sarà ascoltata anche la moglie Laura Autelitano, agli arresti domiciliari, entrambi dovranno spiegare certificati di comodo forniti dal pronto soccorso dell’ospedale di Melito Porto Salvo dove venivano trasferiti degenti già morti. Lo dimostrano alcune intercettazioni, tra cui una particolarmente agghiacciante tra un’infermiera e la signora Autelitano. L’infermiera chiama la moglie di Crea per avvertirla che una paziente è in fin di vita sta malissimo «non respira, non connette, non risponde agli stimoli». Ma Antonio è ad accompagnare i figli all’asilo, niente da fare per un po’. «Devo chiamare il 118?», s’informa la moglie. «Non ti preoccupare, la facciamo fuori noi, ciao», e la donna ride come per una battuta, l’anziana muore poco dopo. Interrogato anche Tonio Iacopino, capo della segreteria politica di Crea e per l’accusa amministratore occulto di Villa Anya. Agli atti c’è una conversazione tra lui e il figlio di Cre

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