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CLASS ACTION, TUTELA NELLA SALUTE?

 

SESSANTATRE italiani su cento non si sentono tutelati a sufficienza nei loro diritti di acquirenti/utilizzatoli di beni e servizi. I primi tre settori nei quali ritengono di essere più indifesi sono l’alimentazione (58%), l’energia (34%) e salute e sanità (25%). Il 79 per cento dei nostri connazionali sa dell’esistenza di leggi a difesa del consumatore ma il 63% di coloro che le conoscono le considera inefficaci e il 52% comunque scarse. Questi sono alcuni dei risultati dell’indagine di Astra, Ricerche Speranze e timori del consumatore, presentata nel corso del recente convegno romano dell’Unione nazionale consumatori su liberalizzazioni e Class Action. Risultati che suggeriscono che nel nostro paese c’è spazio e bisogno per l’Azione collettiva, cioè per la possibilità per i consumatori di intraprendere azioni legali collettive (contro multinazionali, banche….) per ottenere risarcimenti dell’eventuale danno subito. E dall’incontro, dove era ospite d’onore Ralph Nader, l’inventore della Class Action d’Oltreocerano, due volte in corsa alla Casa Bianca («la Class Action fa bene ai consumatori e all’economia, purtroppo il mercato oggi è a favore di chi vende e non di chi compra») è subito risultato chiaro che il problema non è se la Class Action si farà o no, ma piuttosto come si farà. Per esempio: chi sarà titolato a promuoverla? E come evitare che vengano calpestati i diritti dei consumatori ma anche quelli delle imprese? «Suggerisco un filtro preventivo per la Class Action: intasare la giustizia civile con migliaia di azioni collettive non ha senso», ha detto Antonio Catricalà, presidente dell’Autorità garante. «L’industria è per il libero mercato, ma non vogliamo che l’azione dei consumatori sia pretesto di ricatto», ha sostenuto Ettore Artìoli, di Confindustria, «Ci vogliono tempi certi, non anni, e filtri adeguati». Per Guido Alpa, presidente del Consiglio Nazionale Forense «il testo approvato al Senato non dava risposte precise, che sono necessarie. Per noi deve essere il giudice ordinario a poter decidere se è fondata o no una azione collettiva. E l’azione deve poter essere promossa non solo dalle associazioni ma anche da cittadini». «Non esiste che in Italia non ci sia la Class Action», ha detto Pieriuigi Bersani, ministro dello Sviluppo economico. «Vogliamo snellire e rendere rapida la norma, chiarire chi potrà promuove l’azione e porre un filtro». Correzioni awvenute alla Camera. In un’intervista Sergio Dompé, presidente Farmindustria, riconoscendo il valore per i consumatori della Class Action, ha riproposto i timori, ipotizzando la "specializzazione del giudice-filtro". Le azioni legali nel campo della salute aumentano in modo vertiginoso e Dompé teme, con una legge fatta male, il blocco della sperimentazione clinica. «Sia chiaro», ha detto, «con la mia impresa faccio ricerca negli Usa e lì non temo la Class Action, vorrei in Italia le stesse garanzie». 
La Repubblica Salute del 20/12/2007 , articolo di Tina Simoniello  N. 561 DICEMBRE 2007  p. 51 

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