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Corruzione e sanità, un matrimonio che resiste a ogni tempesta

Per l’Ispe l’incidenza sul sistema è di 5-6 miliardi. Il nodo più delicato è il procurement. Ma le irregolarità riguardano anche fatture, farmaci, nomine. L’articolo di “pagina99″.

Roma: dieci arresti e 26 indagati per un giro di corruzione sugli appalti legati alla ristrutturazione dell’ospedale San Camillo di Roma in vista del Giubileo. Catania: 5 arresti tra medici e imprenditori perché dirottavano sulle cliniche private pazienti che avevano bisogno di dialisi. E ancora, Toscana: medici indagati per aver usato dispositivi cardiologici prodotti da due aziende in cambio di benefit di vario titolo. Pescara: un medico del lavoro induceva i titolari di diverse aziende nelle quali effettuava ispezioni a rivolgersi a un’impresa di consulenza specializzata che in cambio lo remunerava con tangenti.

DATI CERTI NON ESISTONO. E poi, la condanna in primo grado dell’ex governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, che avrebbe goduto di benefit in cambio di delibere favorevoli alla Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia e all’ospedale San Raffaele di Milano. Sono solo alcuni dei casi di corruzione passati alle cronache negli ultimi sei mesi. La lista potrebbe continuare a lungo perché quello tra corruzione e sanità in Italia pare un matrimonio che resiste a ogni tempesta. Quanto costi alla collettività è impossibile da sapere: «Sulla corruzione dati numerici non esistono e chiunque dice che si può avere un numero dice una bugia», ha affermato recentemente il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone. «Gli unici sono le sentenze penali».

Risultati immagini per corruzione sanità«LA CORRUZIONE INCIDE PER 5-6 MLD». Ma queste ultime non fotografano che una piccolissima parte di un un fenomeno che trae dall’ombra la sua linfa vitale mentre definire un’entità di grandezza è essenziale per capire la pervasività della corruzione nella sanità. «Le nostre stime dicono che la corruzione incide per 5-6 miliardi di euro», ci dice Francesco Macchia, presidente di Ispe Sanità, organizzazione non profit che da anni analizza i fenomeni corruttivi in questo ambito e che è riuscita a mappare le aree in cui più tenacemente si annidano.

“Nella farmaceutica si continuano a registrare casi di sovrautilizzo interessato di alcuni prodotti, prezzi eccessivi, scarso uso dei generici. Fenomeni spesso collegati ad accordi sotto banco”

«L’area più importante è di certo quella legata al procurement, quei servizi che non sono strettamente collegati con l’esito di salute (pulizia e mense, tanto per fare due esempi) e che hanno un peso che si aggira intorno al 10% della spesa sanitaria». In questo settore le analisi di Ispe hanno osservato contratti prorogati per anni senza giustificazione alcuna, gare non necessarie, procedure non corrette, false attestazioni di forniture, fino all’infiltrazione del crimine organizzato. Ma non è che una parte del fenomeno: «Altro ambito sensibile è quello della farmaceutica, in cui si continuano a registrare casi di sovrautilizzo interessato di alcuni prodotti, prezzi eccessivi, scarso uso dei farmaci generici. Fenomeni spesso collegati ad accordi sotto banco», dice ancora Macchia.

IL TEMA DELLE NOMINE. E poi resta aperto il tema delle nomine, talvolta clientelari. «Se nel caso dei direttori generali si è raggiunto il traguardo della creazione di un albo nazionale da cui scegliere i direttori, per la componente clinica non è così. E in tal caso l’impatto sull’efficacia e l’efficienza può essere enorme». Critici sono anche i rapporti con la sanità privata, ambito in cui si registrano per esempio numerosi casi di sovrafatturazione e in cui latitano i controlli.

LA NEGLIGENZA MEDICA. Per ultima, la negligenza medica. In tal caso, l’origine delle storture ha soprattutto un nome: intramoenia, cioè la possibilità, data ai medici del servizio sanitario pubblico, di svolgere la professione privata all’interno della struttura in cui operano. Non si contano i casi in cui l’intramoenia sia stata venduta dai medici come via di accesso privilegiata al servizio sanitario: per consentire a pazienti di aggirare liste d’attesa, per esempio, o per ottenere, dietro un cospicuo compenso, trattamenti di cui in realtà avevano pieno diritto. Pratiche così diffuse che abbiamo finito per assuefarci senza renderci conto che in realtà si tratta di reati.

Questo articolo è tratto dal nuovo numero di pagina99, ‘”se è Facebook a eleggere il presidente” , in edicola, in digitale e in abbonamento dal 4 febbraio 2017.

Lettera43 – 05 febbraio 2017

Notizie correlate: Sprechi Sanità, come buttare 25 miliardi all’anno

Dall’articolo di ANTONINO MICHIENZI – Pagina99 – 4 febbraio 2017

Troppe medicine

E che dire dei farmaci? Le fonti di spreco anche in questo caso sono innumerevoli: la sostituzione di vecchi ed economici medicinali con novità infinitamente più costose che apportano solo minimi benefici e poi un’infinità di utilizzi sbagliati. Per esempio gli antibiotici: l’Ocse ha stimato che in media il 50% di tutte le prescrizioni di antibiotici non sono corrette, ma se si esce dagli ospedali la percentuale in alcuni casi sfiora il 90 per cento.

Gli utilizzi più errati: antibiotici prescritti (o presi spontaneamente) per infezioni dell’alto tratto respiratorio e delle vie urinarie. In questo caso i costi non sono solo quelli dei farmaci sprecati perché inefficaci, ma quelli delle conseguenze di un’assunzione scorretta, in particolare lo sviluppo di infezioni resistenti ai farmaci. Basti pensare che l’antibioticoresistenza nel 2012 negli Usa è costata qualcosa come 20 miliardi di dollari.

E che dire dei farmaci generici? Laddove il mercato dei generici è dinamico il prezzo è dell’80-85% più basso dell’originale consentendo di liberare risorse per altro, dice l’Ocse. Ma l’Italia, seppure con qualche miglioramento, è ancora fanalino di coda. Ora, si apre inoltre la ricca partita dei biosimilari, cioè della versione generica dei costosi farmaci biologici. Tra il 2016 e il 2020, dice l’Ocse, otto farmaci biologici perderanno la copertura brevettuale e potranno essere affiancati da versioni equivalenti con un impatto economico enorme.

Uno studio su Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Usa ha stimato che se non ci saranno intoppi e i medici inizieranno a usare i nuovi biosimilari questo produrrà un risparmio di 50 miliardi di euro soltanto in questi cinque Paesi. Un piccolo gruzzolo potrebbe essere recuperato inoltre dai medicinali che ogni anno scadono senza che vengano utilizzati: nel solo Regno Unito sono 200 milioni di sterline ogni anno.

Il catalogo delle fonti di spreco è lunghissimo. Si va dagli errori medici, che negli Usa sono la terza causa di morte, a quelli che producono eventi avversi: si stima che in ospedale aumentino del 13-16% i costi e che siano fino al 70% evitabili. Dalle procedure per comprare i farmaci (in Italia l’introduzione di una centrale unica di acquisto ha consentito una riduzione del 20% del costo medio), agli accessi inappropriati al pronto soccorso. Fino ad arrivare alle pecche organizzative e di programmazione, il cui impatto è spesso non quantificabile.

Un esempio? Sul finire del 2015, il presidente della Regione Lazio annunciò che tutte le ambulanze afferenti alla provincia di Viterbo sarebbero state dotate di un macchinario in grado di trasmettere il tracciato dell’elettrocardiogramma a una centrale operativa. Ciò avrebbe consentito la consultazione immediata da parte di un cardiologo altrimenti non disponibile in ambulanza, migliorando e accelerando così la diagnosi.

Nessuno aveva pensato che, in un momento di carenza di medici, può accadere che il cardiologo si debba dividere tra reparto e monitor dell’emergenza, allungando così i tempi della diagnosi. In questo modo, anche le migliori delle intenzioni possono produrre sprechi. Migliorare è possibile, ma non è semplice. Per l’Ocse, una maggiore informazione al fruitore finale del servizio, cioè il paziente, è un ingrediente necessario. Ma è solo una piccolissima parte di una soluzione che porti a una più efficiente e giusta allocazione delle risorse.

«Occorre cambiare il modo di affrontare i problemi», dice Bonaldi. E cominciare a rendersi conto che la responsabilità è a tutti i livelli: dalla politica ai medici arrivando anche alla stampa e ai cittadini. «Bisogna per esempio correggere quell’atteggiamento culturale che dice che se fai di più è meglio; occorre riallineare la conoscenza e la pratica; prendere atto che la sanità è una realtà in cui il mercato la fa da padrone». Sarebbe già un buon inizio. Ma non sarebbe che l’inizio.

Redazione Fedaisf

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