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Costo dei farmaci e influsso sulla decisione prescrittiva, negli Usa è polemica

Negli Usa non mancano polemiche alla tendenza crescente, da parte dei più influenti gruppi medici, a raccomandare ai camici bianchi di considerare non solo l’efficacia delle terapie prima di avviare una cura, ma di soppesarne anche l’aspetto economico. «Noi medici ci rendiamo conto che siamo responsabili, nel nostro ambulatorio, del paziente e della società in senso più ampio» commenta Lowell E. Schnipper, direttore di una task force sul valore della cura del cancro dell’American society of clinical oncology (Asco). Le più recenti linee guida in effetti cercano di rendere i medici più consapevoli delle conseguenze economiche delle loro decisioni, anche se non vi è obbligo di rispettare tali vincoli, da qualcuno ritenuti una forma di razionamento. L’Asco, comunque, allarmata dall’aumento dei prezzi dei farmaci oncologici, sta mettendo a punto una “scorecard” per valutare i farmaci in base a costo e valore, tanto quanto a efficacia ed effetti collaterali. A loro volta l’American college of cardiology (Acc) e l’American heart association (Aha) hanno annunciato che inizieranno a usare i dati relativi ai costi dei trattamenti per classificarne il valore nelle loro linee guida congiunte. Una voce fuori dal coro è quella di Martin A. Samuels, direttore del dipartimento di Neurologia al Brigham and women’s Hospital di Boston. I medici – sostiene Samuels – perderebbero la fiducia dei pazienti se dicessero loro la verità: «Non farò quello che ritengo sia il meglio per te perché penso sia negativo per il budget della Sanità del Massachusetts». Da sottolineare che (come in Italia) anche negli Usa è accesa la polemica sul caso Avastin/Lucentis e suscita preoccupazione il costo di sofosbuvir, nuovo inibitore della polimerasi anti-epatite C. Aspetti che possono rendere più complesso il quadro. D’altra parte, le stesse società scientifiche che aderiscono all’iniziativa “Choosing wisely”, in cui ampio risalto è dato alle procedure da evitare perché inutili e costose, firmano che «proteggere i pazienti dalla rovina finanziaria è fondamentale ai fini del precetto ‘primum non nocere’». Le società cardiologiche Usa, per ora, hanno deciso di adottare il criterio britannico QalyY (anno di vita aggiustato per la qualità) per stabilire il valore di un trattamento: basso se il Qaly è superiore a 150mila dollari, alto se inferiore a 50mila dollari.

Arturo Zenorini

Lunedì, 28 Aprile 2014 – Doctor

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