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ECCO LE REGIONI CHE CI NEGANO LE MEDICINE

 

TEMPI LUNGHI PER INSERIRE I FARMACI NEI PRONTUARI TERAPEUTICI. MOLECOLE SALVAVITA BLOCCATE PER RISPARMIARE. IL FEDERALISMO HA ACCENTUATO LA DISEGUAGLIANZA NELLE CURE DEI PAZIENTI GRAVI: DAL VENETO ALLA SICILIA

In Veneto il signor Mario C. ha presentato un ricorso. E alla fine, solo attraverso il Tar, è riuscito a ottenere ciò che il suo ospedale gli negava. Un farmaco innovativo per la cura del mieloma multiplo, malattia rara che in Italia colpisce circa 10 mila persone. A un anno dall’approvazione "centralizzata" dell’Emea, l’agenzia europea del farmaco, la molecola non è ancora arrivata nella metà dei nostri reparti ematologici. Nonostante il via libera alla distribuzione in fascia H (quella dei nosocomi, appunto) sia scattato a metà marzo con la pubblicazione in Gazzetta della delibera dell’Aifa, l’agenzia del ministero ora nell’occhio del ciclone per un’inchiesta aperta dalla procura di Torino, una parte delle Regioni non hanno inserito il nuovo prodotto nei loro prontuari. Il risultato è una diseguaglianza di trattamento dei pazienti che in base alla diagnosi dovrebbero avere il diritto di riceverlo. Esempio. In Lombardia la cura è già disponibile. Ma basta sconfinare in Emilia Romagna per scoprire che la lenalidomide non è nella lista dei rimborsi. La commissione tecnica regionale chiamata per un parere definitivo sui prodotti destinati al commercio non ha concluso il lavoro istruttorio, oltretutto superfluo. Che bisogno c’è di approfondire l’esame del dossier scientifico se quel farmaco ha superato l’esame dell’Emea e dell’Aifa? Non finisce qui. In Emilia come se non bastasse esistono prontuari terapeutici provinciali che a loro volta devono recepire gli aggiornamenti regionali. In conclusione: un malato con mieloma multiplo aspetta diversi mesi in più se abita a Bologna anziché a Milano Viene rimandato l’avvio di una cura che, sulla base degli studi condotti, allunga la sopravvivenza di quanti non rispondono ai trattamenti tradizionali ed è efficace nel 90% dei casi. Non è una storia isolata. Il federalismo ha generato un sistema sensibile alle diseguaglianze. Risultato. Di fronte alla sanità non siamo tutti uguali. A volte le difformità di accesso alle terapie variano addirittura da Asl a Asl. Guardiamo ciò che sta accadendo per esempio per la vaccinazione contro l’Hpv, il virus responsabile del cancro all’utero. Non è un "salvavita", viene dato gratis alle bambine di 12 anni, prima dell’inizio dei rapporti sessuali. Ne esistono due tipi efficaci rispettivamente contro due e quattro ceppi del virus del papilloma virus. Anche il costo è diverso. Uno è meno caro dell’altro e un’azienda sanitaria è libera di decidere quale acquistare, sulla base di valutazioni di risparmio. Non ci sono linee guida nazionali.

I MEDICI FANNO QUEL CHE POSSONO Il problema è ancora più grave e discutibile sul piano etico quando sono in ballo molecole salvavita. I medici dei reparti di oncologia ed ematologia si arrampicano sugli specchi per evitare di deludere il malato. Ciò vale soprattutto per i prodotti oncologici o per le malattie cosiddette orfane, dall’incidenza inferiore a 5 casi ogni 10 mila abitanti. Cure in genere molto costose. Diverse migliaia di euro al mese per ogni paziente. E si capisce come gli ospedali tendano a temporeggiare. O a discostarsi dalle indicazioni nazionali. Sempre in Emilia Romagna una nuova terapia orale per la talassemia, da prescrivere in alternativa alle iniezioni, viene rimborsata in modo discrezionale e non esattamente in base alle disposizioni dell’Aifa. Antonio Gaudioso, vicepresidente di Cittadinanza Attiva-Tribunale del malato, parla di sistema schizofrenico: «Il federalismo in sanità avrebbe dovuto

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