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Emergenza Covid. Scelto “Immuni” l’app per il tracciamento. Problema privacy

Anonimato, bluetooth, volontarietà. Come funziona Immuni l’app per tracciare i contagi.

L’app servirà a tracciare i casi di coronavirus nella fase 2

RAI News – 17 aprile 2020

L’Italia ha scelto l’app che dovrà aiutare il tracciamento dei contagi nella fase 2. Si tratta di Immuni, soluzione nata da una sinergia tra il Centro medico Santagostino e Bending Spoons, impresa italiana di sviluppo di app per iOS.

Che cos’è il contact tracing, ossia la tracciatura dei contatti

È una delle “azioni di sanità pubblica utilizzate per la prevenzione e il contenimento di molte malattie infettive perché può aiutare a identificare individui potenzialmente infetti prima che emergano sintomi e può impedire la trasmissione successiva dei casi secondari”, si legge nell’ordinanza con cui il commissario straordinario Domenico Arcuri ha disposto la stipula del contratto di concessione gratuita dell’app da parte della milanese Bending Spoons. L’importanza del controllo accurato dei contagi è stata sottolineata anche dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che a marzo, nel pieno dell’epidemia nel nostro Paese, indicava la strada per interrompere la catena del virus: testare tutti gli individui con sospetta infezione da coronavirus, isolarli se positivi, tracciarne i contatti avuti sino ai due giorni precedenti ai sintomi ed estendere il test anche a queste persone.

L’applicazione delle nuove tecnologie consente un tracciamento di prossimità molto più efficiente e rapido del tradizionale che non sempre è efficace e comporta maggior dispendio di risorse. L’app proposta da Bending Spoons e Centro medico Santagostino dovrebbe consentire di fare proprio questo: rintracciare le persone con cui è entrato in contatto il soggetto positivo al Covid-19 nei giorni precedenti e ricostruire la cronologia dei suoi spostamenti. Ma come conciliare tutto questo con la privacy?

Anonimato, bluetooth e volontarietà

In osservanza delle linee guida sulla tutela dei dati personali adottate a livello europeo, Immuni: – garantirà l’anonimato – non utilizzerà la geolocalizzazione (come avviene in Corea del Sud, per esempio) – sfrutterà la connettività Bluetooth – avrà base di utilizzo volontaria L’app in sostanza dovrebbe consentire agli utenti di tenere un forte controllo sui propri dati. I contatti avuti con gli altri vengono tracciati, ma restano ‘bloccati’ nello smartphone dell’utente fino a quando non si ha certezza che la persona che l’ha installata sul proprio cellulare è risultata positiva al test del Covid-19. A quel punto la persona stessa può dare il consenso al trattamento dei propri dati conservati sul cellulare, permettendo quindi di rintracciare tutti quelli con cui è entrata in contatto nei giorni precedenti.

Diario e tracciamento

L’app, da quanto si è appreso finora, si compone di due parti: un registro sullo stato di salute della persona e della sua eventuale sintomatologia, se affetta da coronavirus, e un tracciamento dei contatti che consentirà al software di riconoscere e tenere memoria dei dispositivi con cui lo smartphone del paziente è entrato in contatto. Nessuno dei dati raccolti verrà raccolto o diffuso prima che il paziente, se affetto da covid-19, abbia deciso di dare il consenso al loro utilizzo.

Il diario clinico

È un registro sullo stato di salute della persona. Vi sono indicati i dati che l’utente sceglie di inserire (un po’ come per le app di salute o fitness): sesso, età, malattie pregresse, farmaci assunti. Bisognerà aggiornare quotidianamente il diario con eventuali sintomi e dettagli sullo stato di salute. Come avviene anche per chi usa l’app AllertaLOM (CercaCovid) della Regione Lombardia.

Tracciamento dei contatti via Bluetooth:

Il Bluetooth consente di rilevare la vicinanza di due smartphone (bisognerà capire quali sono i parametri di distanza che saranno adottati). L’utente potrà quindi sapere se è venuto in contatto con una persona positiva al COVID-19. Sarà inoltre possibile ripercorrere tutti gli incontri di una persona positiva per tracciare e isolare i potenziali contagiati: l’app conserva infatti un registro con i codici identificativi anonimi di tutti gli altri smartphone in prossimità dei quali si è stati vicino.

Bluetooth o Gps?

Al di là degli aspetti legati alla privacy, la tecnologia bluetooth sembra costituire un sistema più performante in materia di contact tracing. Il bluetooth infatti certifica che due telefoni si sono incontrati in maniera diretta e immediata. Con i sistemi di geolocalizzazione, che comunque possono avere un margine di errore di qualche metro, si colloca una persona in una certa posizione. Per certificare chi era vicino occorre confrontare le posizioni rilevate dal satellite.

Ambito di applicazione dell’app

Immuni sarà un’app adottata a livello nazionale: non dovrebbe esserci o quantomeno dovrebbe essere ridotta la frammentazione degli strumenti di tracciamento e monitoraggio che le Regioni stanno adottando in ordine sparso (come la Regione Lombardia). Si dovrebbe partire con alcune regioni pilota – ancora da definire – per poi estenderne l’uso a un’area più vasta.

I limiti

Il limite principale è lo stesso riscontrato in tutto il mondo: la volontà dell’utente. Per essere efficace Immuni dovrà essere utilizzata su base giornaliera dal 60 % degli italiani.

Dubbi sull’efficacia delle app

La discussione è aperta. E non solo per questioni di privacy. La Corea del Sud è stata spesso citata come modello, così come Singapore, dove sono state adottate soluzioni simili a quella scelta dall’Italia. I sistemi di monitoraggio utilizzati in questi paesi sono il frutto di un percorso iniziato per fronteggiare precedenti epidemie come la SARS e la MERS. E quindi possiamo dire, che, in parte, è già stato rodato. Si tratta spesso di Paesi i cui governi godono di un certo livello di discrezionalità in tema di sfruttamento dei dati. In Italia la mappa dei nostri spostamenti è ricostruibile usando solo i dati delle compagnie telefoniche e quelli provenienti da Google, Facebook e Apple.

Per quanto riguarda la privacy, disciplinata in Europa dal GDPR, bisogna ricordare che il decreto-legge del 9 marzo per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale prevede, all’articolo 14, in via eccezionale e per la durata dell’emergenza COVID-19, una deroga al GDPR per il trattamento e la comunicazione da parte di soggetti qualificati dei dati sanitari dei cittadini interessati dal Coronavirus.

Sul punto si è espresso il Comitato Europeo per la Protezione dei dati (EDPB) che, in una nota diramata il 19 marzo dal titolo Dichiarazione sul trattamento dei dati personali nel contesto dell’epidemia di COVID-19, ha specificato che “Ie autorità pubbliche dovrebbero innanzitutto cercare di trattare i dati relativi all’ubicazione in modo anonimo (ossia, trattare dati in forma aggregata e tale da non consentire la successiva re-identificazione delle persone), il che potrebbe permettere di generare analisi sulla concentrazione di dispositivi mobili in un determinato luogo (“cartografia”).

Il caso Singapore

Una delle applicazioni in uso è TraceTogether: consente alle autorità locali di rintracciare rapidamente le persone che sono state esposte a casi confermati di coronavirus e di identificare le persone che si sono trovate nelle immediate vicinanze – nel raggio di 2 metri per almeno 30 minuti – di pazienti affetti da coronavirus utilizzando la tecnologia Bluetooth. Un aspetto che, a detta del Government Technology Agency (GovTech) e del Ministero della Salute (MOH), può rivelarsi particolarmente utile nei casi in cui le persone infette non conoscono tutti coloro con cui sono stati nelle vicinanze per un periodo di tempo prolungato.

“Credo che proprio Singapore sia un esempio perfetto per anticipare quello che potrà succedere in Italia, perché lì non è stato deciso il lockdown ma solo alcune restrizioni e l’app come aiuto per il tracciamento dei contagi”, spiega all’AGI Marco Trombetti, fondatore di Pi-Campus e tra i maggiori esperti in Italia di nuove tecnologie. Quindi Singapore vive una situazione simile a quella che possiamo possiamo immaginare in Italia con la Fase 2 dell’epidemia.  “E se guardiamo quello che è successo a Singapore, possiamo dire che è stato un disastro”, commenta. “L’applicazione adottata dal governo è stata scaricata meno di un milione di volte su circa sei milioni di abitanti, circa il 18%. Di questi solo il 50% ha attivato l’app, quindi circa mezzo milione di persone. Non solo. C’e’ un gap nei dati raccolti perché il Bluetooth non traccia automaticamente gli iPhone, che a Singapore sono circa il 38% degli smartphone usati”.

Il parere degli esperti:

“In chiaro il codice sorgente” “Il codice sorgente dell’app Immuni dovrebbe essere messo in chiaro per trasparenza e possibilità di integrazione” da altri sviluppatori: è il parere di Stefano Zanero, professore associato di computer security al Politecnico di Milano. “L’open source – sottolinea – è una scelta fatta da altri sistemi di tracciamento in Europa e anche da Singapore”.   “Rilasciare il codice sorgente serve a poter analizzare l’app in ottica di sicurezza e privacy, per vedere esattamente l’applicazione cosa fa dietro le quinte, oltre che per scoprire eventuali vulnerabilità”, dice Andrea Zapparoli Manzoni, esperto internazionale di cyber security governativa.”Poiché Bending Spoons – continua – ha dato codice sorgente e proprietà intellettuale dell’app al governo, dovrebbe essere quest’ultimo a rilasciarlo”.

“Non è facile dare un giudizio su questa applicazione perché non c’è ancora niente di pubblico, un white paper, un documento che spieghi le caratteristiche tecniche e neanche le osservazioni della task force del ministero dell’Innovazione che ha scelto l’app – osserva Zanero – Ci sono vari modi per fare ‘contact tracing’ nel rispetto delle privacy e con l’uso del bluetooth e sembra che l’app scelta vada in questa direzione, ma nessuna considerazione è stata resa pubblica, sarebbe utile per valutarla meglio e per capire perché la scelta è caduta su questa proposta e non su altre arrivate alla task force del ministero, come l’altra app considerata in pole position cioè l’app Covid Community Alert che è open source”.

La carica delle app

Sono almeno una sessantina le iniziative avviate su scala regionale e anche di singola Asl in campo digitale nell’ambito del contrasto al coronavirus, secondo il censimento realizzato nel Terzo Instant Report Covid-19 da Altems, Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica.

Sul fronte “digital” in particolare la Regione Lazio ha disposto l’attivazione dell’app “DoctorCovid”, che permette a medici di famiglia e pediatri di libera scelta di gestire le persone in quarantena a domicilio oltre che a monitorare cittadini a casa con sintomi ma che non avevano ricevuto il tampone, contribuendo così decongestionare iCovid Hospital attivati. Le altre Regioni si caratterizzano per diverse iniziative lanciate a livello aziendale, 21 globalmente nelle 6 regioni mappate delle 64 individuate a livello nazionale(tutte le Regioni). Di queste ben 8 sono state attivate da aziende sanitarie della Regione Lombardia e 8 da aziende della Regione Veneto.

In Lombardia è attiva l’applicazione AllertaLOM della Regione che ha l’obbiettivo di tracciare la mappa del contagio. Nel messaggio arrivato via sms ai residenti si chiede di compilare ogni giorno il questionario anonimo sul proprio stato di salute che è contenuto nell’applicazione per “aiutare a tracciare la mappa del contagio”. All’iniziativa hanno aderito quasi un milione di lombardi. “Grazie all’analisi di questi dati statistici – ha detto il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala – riferiti alla più vasta area che subito il maggior contagio da coronavirus, i nostri ricercatori potranno definire una mappa del rischio”. Sala ha ricordato: “Il questionario è assolutamente anonimo, va ripetuto ogni giorno e invito chi ha già scaricato la nostra app gratuita dalle piattaforme Ios e Android a invitare le persone che conoscono, i figli e i loro contatti a coinvolgere quanti più cittadini possibili in modo da raggiungere in tempi brevi il nostro obiettivo di un milione di lombardi che dispongono dell’app, partecipano al nostro progetto e aggiornano quotidianamente i loro dati”.

Notizie correlate: App “Immuni”: chi gestirà i dati dei nostri spostamenti?


Immuni, l’app anti-coronavirus: il Fatto: “Dietro ci sono i figli di Silvio Berlusconi e l’amico di Renzi”

Libero Quotidiano – 18 aprile 2020

Le aziende coinvolte nella App “Immuni” per tracciare i possibili contagi da coronavirus sono tre: Bending Spoons, che realizza l’infrastruttura, il Centro Medico Sant’ Agostino di Luca Foresti e il colosso dell’e-marketing Jakala, guidato da Matteo de Brabant. Tutte con sede a Milano. Bending Spoons, riporta il Fatto quotidiano di Marco Travaglio, è stata fondata da quattro ragazzi nel 2013 – Francesco Patarnello, Luca Ferrari, Matteo Danieli e Luca Querella -e  sviluppa applicazioni che hanno avuto decine di milioni di download. Alla fine del 2019 aveva circa 130 dipendenti e un fatturato (che era previsto più che raddoppiare rispetto al 2018, 90 milioni contro i 37,5 certificati dall’ ultimo bilancio disponibile).

Numeri che hanno attirato gli interessi degli investitori: a luglio 2019 sono entrati col 5,7% nella compagine proprietaria – fino ad allora costituita dai fondatori e da alcuni dipendenti di Bending Spoons – tre società, vale a dire H14 di Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi, Nuo Capital dalla famiglia Pao Cheng di Hong Kong e StarTip (veicolo di Tamburi Investments Partners spa).

“Curiosamente”, scrive il Fatto, “la H14 dei figli di secondo letto di Silvio Berlusconi la troviamo con una piccola quota anche nel capitale di Jakala”.  Il fondatore è Matteo de Brabant, sostenitore ai tempi del’Expo del candidato sindaco Beppe Sala. Luca Foresti che guida la rete di poliambulatori Centro medico Sant’ Agostino a Milano “è vicino a Matteo Renzi: nel 2013, quando il fiorentino si preparava a giubilare Enrico Letta, partecipò alla Leopolda”.

 

Redazione Fedaisf

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