Il 13 settembre si è celebrata la Giornata mondiale contro la sepsi World Sepsis Day, un’iniziativa globale giunta quest’anno alla sua undicesima edizione. La giornata è volta ad accrescere la consapevolezza pubblica sulla sepsi, per migliorarne la prevenzione, il riconoscimento e la gestione clinica.
Anche quest’anno il Ministero della Salute rinnova il proprio impegno nel sostenere la campagna promossa dall’World Health Organization (OMS).
Ministero della Salute – 13 settembre 2023
Cosa è la sepsi
La sepsi è un problema grave di salute pubblica, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo (Low-to-Middle-Income Country, LMIC), ma anche nel nostro Paese.
La definizione di sepsi, pubblicata nel febbraio 2016 da parte dell’European Society of Intensive Care Medicine e della Society of Critical Care Medicine, la descrive come una disfunzione d’organo con pericolo per la vita causata da una inappropriata risposta dell’ospite a una infezione.
La sepsi si verifica in risposta a una infezione, che danneggia tessuti e organi e che può portare a shock, insufficienza multiorgano e morte, soprattutto se non riconosciuta e non prontamente trattata.
Alcune persone sono più a rischio di sepsi, come le persone con malattie croniche a polmoni, fegato o cuore, le persone senza milza o con sistema immunitario indebolito, i bambini di età inferiore a un anno, gli adulti con più di 60 anni.
I pazienti affetti da malattie oncologiche hanno un rischio di sepsi 10 volte maggiore rispetto a pazienti non oncologici.
Il fumo è un fattore di rischio di sepsi, poiché aumenta il rischio di infezione respiratoria.
Molti pazienti colpiti da sepsi hanno bisogno di trasfusioni di sangue o di emoderivati. Pertanto, disporre di una riserva sicura di sangue è importante per la lotta alla sepsi.
Alcuni dati
Nel mondo si verificano, ogni anno, circa 47-50 milioni di casi di sepsi, di cui solo il 20% avviene in ospedale.
Globalmente, 1 decesso su 5 è associato a sepsi, per un totale di almeno 11 milioni di decessi l’anno, pari a 1 morte ogni 2,8 secondi. Inoltre, gli effetti a lungo termine della sepsi, noti come sindrome post-sepsi, si verificano fino al 50% dei sopravvissuti, i quali soffrono di sequele fisiche, cognitive e psicologiche persistenti. Il recupero può richiedere mesi o anni.
Il 40% dei casi di sepsi è rappresentato da bambini di età inferiore ai 5 anni. Nei paesi industrializzati può determinare la morte nel 3-4% dei neonati e fino al 24% dei neonati nati in paesi in via di sviluppo. Ogni anno si verificano nel mondo circa 680.000 decessi neonatali per sepsi, con un rischio particolarmente elevato in India, Pakistan, Nigeria, Congo, e Cina.
La sepsi neonatale può portare, inoltre, a gravi manifestazioni cliniche, spesso associate a deficit irreversibili a lungo termine.
In Italy, alcuni studi hanno rilevato che il numero di certificati di morte che hanno riportato sepsi è aumentato da 18.939 nel 2003 a 49.010 nel 2015 (dal 3% all’8% di tutti i decessi in Italia registrati in questi anni).
Cosa fare
Organizzazioni internazionali, come World Health Assembly (WHA), The European Society of Intensive Care Medicine (ESICM), The Global Sepsis Alliance (GSA) e The Society of Critical Care Medicine (SCCM), sottolineano la necessità di migliorare la prevenzione delle infezioni per contrastare la lotta alla sepsi mediante:
- la frequente igiene delle mani eseguita correttamente
- l’applicazione scrupolosa delle misure di prevenzione e controllo delle infezioni (Infection prevention and control IPC) nei setting di cura
- l’aggiornamento periodico del personale sanitario in materia di IPC e infezioni antimicrobico-resistenti
- la disponibilità di ambienti sicuri e puliti per il parto
- l’uso delle vaccinazioni disponibili.
Recenti documenti descrivono l’uso dei nuovi antibiotici per il trattamento della sepsi. Specifici biomarcatori possono essere utilizzati per la diagnosi precoce di sepsi neonatale.
to know more
- Infezioni correlate all’assistenza (ICA) thematic site Infectious diseases
- page Sepsis site World Health Organization
- opuscolo informativo sulla sepsi per i sopravvissuti, le loro famiglie e gli operatori sanitari (in inglese e altre lingue)
- page Life after sepsis guide site European Sepsis Alliance
- materiale informativo World Sepsis Day
- poster Informazioni sulla sepsi
- poster Emergenza sanitaria globale 1
- poster Emergenza sanitaria globale 2
- poster La prevenzione salva la vita
- poster La prevenzione salva la vita 2
- video Cos’è la sepsi
Ignác Fülöp Semmelweis : il medico ungherese sbeffeggiato perché diceva ai colleghi di lavarsi le mani prima degli interventi
Fra genio e follia la storia del medico che intuì il valore del lavaggio delle mani.
Ignác Fülöp Semmelweis nacque il 01 luglio 1818 a Buda, oggi Budapest, e fu un medico che cambiò il volto della medicina intuendo che un gesto semplice come lavarsi le mani poteva salvare la vita di molte donne che morivano di sepsi puerperale.
Dopo la laurea, nel 1844, ottenne un dottorato dall’Università di Vienna con una specializzazione in ostetricia e due anni più tardi venne nominato assistente professore alla clinica ostetrica dell’Ospedale generale di Vienna, il più moderno ospedale europeo. Si trattava di una struttura pubblica, portata all’eccellenza medico-scientifica per volontà dell’Imperatore Giuseppe II che offriva assistenza gratuita alle partorienti con lo scopo principale di ridurre l’infanticidio. La clinica era frequentata da studenti in medicina che dovevano eseguire quotidianamente numerose autopsie e, contemporaneamente, senza lavarsi le mani e cambiarsi il camice, dovevano anche assistere le partorienti. Adiacente alla clinica universitaria frequentata dai medici ve ne era una seconda frequentata solamente da infermiere ed ostetriche.
Quando Semmelweis prese servizio la situazione non era delle migliori nonostante il reparto fosse gestito alla perfezione e utilizzasse tutte le più avanzate tecniche mediche dell’epoca.
La mortalità puerperale era molto alta e le puerpere avevano febbre altissima associata a brividi e tachicardia. Molte donne cercavano di tenersi alla larga dalla clinica frequentata dai medici e anche le prostitute preferivano partorire per strada piuttosto che correre i rischi che comportava varcare la porta di quella clinica.
L’intuizione di Semmelweiss ebbe origine da due osservazioni: notò che un suo caro amico e collega era deceduto dopo essersi ferito durante un’autopsia del cadavere di una delle puerpere ed aveva riportato gli stessi sintomi della febbre puerperale.
La seconda osservazione era ancora più evidente, riscontrò che la mortalità puerperale era decisamente più bassa nel reparto gestito dalle sole ostetriche (3-4%) rispetto che in quello gestito dai medici (11%). L’unica differenza fra i due reparti consisteva solo nel fatto che infermiere e ostetriche non assistevano alle dissezioni dei cadaveri.
Sulla base di queste osservazioni Semmelweis, in accordo con la Direzione Sanitaria, iniziò uno studio col quale impose ai medici e agli studenti di lavarsi le mani con ipoclorito di calcio dopo aver eseguito le dissezioni anatomiche e comunque sempre prima di assistere una partoriente.
Dopo il periodo di sperimentazione, durato alcuni mesi, il numero delle morti puerperali diminuì vertiginosamente avvicinandosi alla percentuale rilevabile nel reparto delle ostetriche.
Quando Semmelweis espose ai colleghi i risultati della sperimentazione ottenne una reazione inaspettata. Venne insultato dal mondo accademico e dai colleghi, nonostante l’evidenza statistica, per aver costretto i medici ad una pratica indecorosa, priva di alcun fondamento reale dato che “è ridicolo lavarsi le mani per qualcosa che non si vede” e anche perché le puerpere “venivano chiamate a lasciare questo mondo dal Buon Dio e non per colpa dei medici”.
I medici non vollero lavarsi le mani e cambiare il camice nel passare da un reparto all’altro, incuranti che i decessi tra le puerpere tornassero alti e Semmelweis venne privato di una posizione accademica ma non si arrese.
Scrisse molte lettere a colleghi dentro e fuori l’impero senza essere, però, mai compreso. Molti e illustri medici europei gli risposero, con qualche apprezzamento, ma senza che alcuno di loro riuscisse realmente a comprendere la portata dell’intuizione.
Semmelweis cadde in depressione ma ancora non si arrese e scrisse un libro intitolato “L’eziologia della febbre puerperale” che venne pubblicato nel 1858 e che , oltre che riportare i risultati ottenuti all’ospedale di Vienna, divenne un vero e proprio compendio di lotta contro la febbre puerperale.
Qualche anno dopo, finalmente, Louis Pasteur, un chimico francese, dimostrò in modo inequivocabile che sono alcuni germi a provocare la febbre puerperale ma per Semmelweis è troppo tardi. La sua mente non era più lucida, in parte ossessionata dalle sue idee, in parte delirante: venne rinchiuso in un istituto per malati mentali a Vienna dove morì il 13 agosto 1865 probabilmente in seguito alle infezioni provocate dalle percosse delle guardie.
Semmelweis fu il primo a comprendere, prima di chiunque altro, che le nostre mani possono essere veicolo di trasmissione di agenti infettivi che possono minacciare la nostra salute.
Oggi viene definito “riflesso di Semmelweis” l’attitudine a respingere le prove di una nuova scoperta.
“La sua opera è eterna. Tuttavia nella sua epoca, venne assolutamente misconosciuta. (…) Pasteur doveva rischiarare con una luce più potente, in modo totale e irrefutabile, la verità microbica. In quanto a Semmelweis, sembra che la sua scoperta superasse le forze del suo genio” tratto dalla tesi di laurea in medicina del 1924 dell’ungherese Louis Ferdinand Celine.
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