
È stato approvato dal Consiglio dei Ministri il disegno di legge delega al governo in
materia di professioni sanitarie e disposizioni relative alla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie. Il provvedimento modifica la normativa attualmente vigente. Con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, lo scudo penale per i medici, già previsto durante il periodo della pandemia di Covid e poi prorogato più volte, diventa strutturale.
Viene confermata la responsabilità penale per colpa grave per chi esercita la professione sanitaria, per cui non si lede in alcun modo il diritto dei cittadini al giusto risarcimento di danni subiti. La legge però non definisce la “colpa grave”, come invece aveva tentato di fare la Commissione Nordio, presieduta da Adelchi d’Ippolito, incaricata il 28 marzo 2023 di approfondire le problematiche relative alla colpa professionale medica.
La norma mira a ridurre gli effetti perniciosi della cosiddetta medicina difensiva, che a sua volta è conseguente alle numerose e spesso infondate denunce nei confronti dei medici, con ricadute disastrose per l’efficienza del servizio sanitario e per la stessa salute dei cittadini. La medicina difensiva, che costa mediamente 11 miliardi l’anno e allunga le liste d’attesa, infatti induce i medici a prescrivere esami costosi, spesso inutili e invasivi, che non soltanto gravano sui bilanci delle Asl ma ritardano gli interventi sui malati realmente bisognosi, che non hanno l’ardire di prospettare ai medici eventuali azioni risarcitorie. Da qui le liste d’attesa.
Con una modifica del Codice penale, si prevede che il sanitario che commette reati di lesioni o omicidio colposo nell’esercizio della propria attività sia punibile solo per “colpa grave”, a condizione che abbia seguito linee guida accreditate o buone pratiche clinico-assistenziali, tenendo conto anche del contesto operativo e della “scarsità delle risorse umane e materiali disponibili”. La modifica al codice penale aggiunge due nuovi commi all’articolo 590, ma va anche a cambiare le norme della legge Gelli Bianco del 2017 che aveva già modificato la parte penale e civile della responsabilità sanitaria.
Su quest’ultimo fronte le nuove norme ribadiscono come il personale sanitario debba attenersi alle buone pratiche clinico-assistenziali e introducono, come per la responsabilità penale, la valutazione della colpa alla luce dei fattori di contesto che possono impattare sull’attività sanitaria (dalla carenza del personale ai casi di emergenza). Infine le linee guida vengono rafforzate e definite “inderogabili”.
In particolare il nuovo articolo 590 sexies prevede che “quando l’esercente la professione sanitaria si attiene alle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge o alle buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le predette raccomandazioni o buone pratiche risultino adeguate alle specificità del caso concreto, è punibile solo per colpa grave”. Mentre l’articolo 590 septies prevede che il giudice “nell’accertamento della colpa o del suo grado si tiene conto anche della scarsità delle risorse umane e materiali disponibili, nonché delle eventuali carenze organizzative, quando la scarsità e le carenze non sono evitabili da parte dell’esercente l’attività sanitaria, della mancanza, limitatezza o contraddittorietà delle conoscenze scientifiche sulla patologia o sulla terapia, della concreta disponibilità di terapie adeguate, della complessità della patologia o della concreta difficoltà dell’attività sanitaria, dello specifico ruolo svolto in caso di cooperazione multidisciplinare, nonché della presenza di situazioni di urgenza o emergenza”
Inoltre la delega riguarda anche l’equiparazione della formazione in medicina generale alle specializzazioni. Per Rings (FNOMCeO) “l’equiparazione della formazione in medicina generale alle specializzazioni è un atto dovuto, che ci pone in linea con gli altri Paesi europei e che mette sullo stesso piano, anche dal punto di vista del titolo, la cura della persona nella sua interezza con quella organo-specifica. Ci aspettiamo ora un analogo provvedimento per equiparare, sin da subito, il trattamento anche economico dei corsisti con quello degli specializzandi”
Filippo Anelli, Presidente FMONCeO, ha dichiarato che “L’intervento sulla
responsabilità professionale in ambito sanitario è un provvedimento auspicato tanto dal mondo sanitario come da quello giudiziario: il 97-98% delle cause contro i professionisti si conclude infatti con un nulla di fatto, con l’assoluzione o l’archiviazione”. “Ci auguriamo – conclude Rings – che il DDL sia presto sottoposto al Parlamento per una rapida approvazione”.
There Fimmg guarda con particolare interesse a due ambiti qualificanti del D.d.l. delega: la responsabilità professionale, con l’intento dichiarato di ridurre gli effetti perniciosi della medicina difensiva, e l’articolo 5, che prevede la trasformazione dell’attuale corso regionale di formazione specifica in medicina generale in una Scuola di
Specializzazione.
Per Fimmg (Scotti), l’area della responsabilità professionale deve favorire contesti di cura sicuri e responsabili, distinguendo con chiarezza l’errore dall’esito avverso non prevenibile, valorizzando linee guida e buone pratiche, audit clinico e gestione del rischio.
La riformulazione dei percorsi formativi punta ad aumentare l’attrattività della professione e a colmare la carenza di medici di famiglia, per Fimmg è imprescindibile un investimento chiaro e mirato che copra l’attuale spesa per le borse di studio, tenga conto della durata del corso e preveda, già nella prossima Legge di Bilancio, un incremento del numero di borse per rispondere alle necessità del sistema.
Se diventa legge la delega al Governo, è prevedibile che la riforma sarà presto oggetto di aggressione giurisdizionale davanti alla Corte costituzionale, perché afferma in sostanza il principio che la colpa non è uguale per tutti. Viene infatti sostanzialmente prevista una diversità di trattamento dei professionisti sanitari rispetto ad altre categorie di professionisti, con relativi problemi di compatibilità con il principio di uguaglianza. L’arma più potente per aggredire la riforma sarebbe appunto il principio di uguaglianza, che risulta leso quando la diversità di trattamento appare irragionevole, secondo consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale.
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