
Forfettari sotto esame: controlli in corso in tutta Italia
Informazione fiscale – di Sandra Pennacini
Verifiche fiscali in corso in tutta Italia sui contribuenti titolari di partita IVA in regime forfettario: ecco cosa sta succedendo
The flat rate scheme dovrebbe essere caratterizzato dalla convenienza in termini di carico fiscale – peraltro, non sempre verificata – e dalla semplicità di gestione.
Teoricamente, non dovrebbero rilevarsi particolari difficoltà, o sussistere trabocchetti normativi ed imprevisti, anche sotto il profilo dell’accertamento.
Tuttavia, quando si ha a che fare con il fisco, teoria e pratica possono divergere profondamente. Non sfuggono alla regola i forfettari, da mesi oggetto di controlli fiscali in tutta Italia.
Di seguito una breve analisi delle richieste avanzate dall’Revenue Agency.
Gli inviti dell’Agenzia delle Entrate
Un primo fronte sul quale si sta muovendo l’Agenzia delle Entrate, al momento con riferimento all’anno di imposta 2021, è quello di recapitare inviti a esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento, ai sensi dell’articolo 51 del DPR 633/1972 e dell’articolo 32 del DPR 600/1973.
Si osservi il richiamo al decreto IVA, D.P.R. 633/1972, che già lascia intuire una delle conseguenze più pesanti nelle quali i contribuenti interessati dagli accertamenti potrebbero incorrere.
L’esame della posizione fiscale del contribuente, infatti, è finalizzata non tanto, o non solo, a mettere in discussione quanto dallo stesso dichiarato in sede di dichiarazione dei redditi, quanto piuttosto la spettanza stessa del regime forfettario.
Da ciò, una possibile riliquidazione dell’intera posizione del contribuente, chiamato non solo a versare IRPEF ad aliquota progressiva e relative addizionali, invece che imposta sostitutiva, ma anche l’IVA calcolata su tutti i ricavi o compensi.
Gli inviti trovano spesso giustificazione in non meglio precisate “incongruenze derivanti dal raffronto tra i dati presenti nelle banche dati dell’Anagrafe Tributaria”; quali siano tali incongruenze purtroppo non è dato a sapere con precisione, ma alcune verifiche preliminari possono già aiutare a comprendere le possibili problematiche rilevate.
Molto spesso, se trattasi di professionisti in regime forfettario, l’incongruenza emerge a causa della mancata quadratura tra i compensi dichiarati dal forfettario nel quadro LM e le Certificazioni Uniche rilasciate dai suoi committenti (che, ricordiamo, fino allo scorso anno dovevano essere trasmesse anche con riferimento ai percipienti forfettari).
In tal caso, sempre che a essere errata sia la CU e non il quadro LM, dimostrare la bontà della posizione del contribuente richiederà un po’ di lavoro, ma l’esito sarà senza dubbio positivo.
La documentazione da produrre
Entriamo più nel dettaglio, analizzando quali sono le richieste avanzatedall’Revenue Agency.
Normalmente, viene richiesta l’esibizione della copia di tutte le fatture emesse e di tutta la documentazione bancaria atta a verificare l’aspetto finanziario, che ricordiamo essere determinante anche sotto il profilo reddituale, posto che i ricavi o compensi rilevanti per i contribuenti in regime forfettario non si basano sul “sales”, bensì sono determinati secondo il principio di cassa, ovvero sulla base di quanto effettivamente è stato incassato.
Curiosamente, spesso viene anche richiesta copia del “registro incassi/ pagamenti”, registro che per i forfettari non esiste.
Quanto sopra non deve comunque destare eccessiva preoccupazione; si tratta di un’infelice formulazione che comunque è volta a richiedere quello che, al fine di migliorare l’interlocuzione con l’Agenzia, è comunque opportuno produrre, ovvero un prospetto di raccordo che, a partire dalle fatture emesse, abbini il rispettivo movimento finanziario, sino ad arrivare a quadratura con quanto indicato nel quadro LM.
Se una o più fatture emesse nell’anno di imposta sotto esame sono state incassate in anni successivi, si ritiene opportuno documentare anche tali movimenti finanziari, al fine di sgombrare il campo da qualsiasi dubbio in merito all’irrilevanza di tali fatture, sotto il profilo impositivo, nell’anno oggetto di verifica.
Allo stesso modo, se alcune fatture emesse in anni precedenti sono state incassate nell’anno oggetto dell’invito, è opportuno allegare anche tutta la documentazione relativa.
A esempio di predisposizione del prospetto di raccordo, afferente ad un ipotetico invito relativo all’anno di imposta 2021:
Quando l’errore è palese
Certamente più complesso, e quasi irrisolvibile, è invece il caso dei contribuenti in regime forfettario che in luogo di una richiesta di presentazione di documentazione ricevono direttamente l’accertamento.
Si tratta dei soggetti per i quali l’Agenzia delle Entrate non ha necessità di effettuare alcun approfondimento, perché la mancata spettanza del regime forfettario è palese e quasi sempre già stata implicitamente dichiarata dal contribuente stesso.
Si tratta di casi comuni e teoricamente di facile lettura, ma che nel continuo mutare delle norme possono essere sfuggiti, con conseguenze purtroppo davvero pesanti.
È il caso, ad esempio:
- dei contribuenti che nel 2020 hanno dichiarato redditi di lavoro dipendente e/o pensione di ammontare superiore a 30.000 euro (causa di esclusione dal regime forfettario reintrodotta dalla legge n. 160 del 27 dicembre 2019);
- oppure dei contribuenti che risultano essere soci di società di persone (anche solo a titolo di nuda proprietà) e che non si sono liberati della partecipazione entro il 31 dicembre dell’anno precedente.
Questi due degli esempi diversi, probabilmente tra i più banali tra quelli che si possono trovare nelle mille sfumature del regime forfettario, già sono sufficienti ad evidenziare quanto tale regime, tra norme, Circolari ed Interpelli, si sia fatto via via sempre più insidioso.
Per tale ragione, è indispensabile evitare di pensare a tale regime come a un qualcosa di facile ed immediato, anche perché un errore che comporti il vedersi qualificati, a posteriori, come contribuenti in regime ordinario porta con sé un carico considerevole di imposte dirette, IVA, e relative sanzioni.
Occorre, inoltre, prendere atto che il flat rate scheme non è una “zona franca” dalle verifiche fiscali, come si poteva immaginare proprio alla luce dell’apparente semplicità, anzi, all’opposto, proprio per la semplicità con il quale può essere oggetto di accertamento, richiede attenzione e studio al fine di evitare gravi conseguenze economiche e fiscali.
Per rimanere aggiornati in modo puntuale e completo in materia di regime forfettario abbiamo realizzato una guida utilissima e aggiornata, unitamente a un webinar formativo in diretta che si terrà il prossimo 7 maggio alle 15.00 (video corso che potrà essere seguito in differita per chi acquisterà il prodotto):
Related news: Regime forfettario 2025: tutte le regole
Dichiarazione annuale Iva 2025, ultimi giorni per l’invio
Agenzia Entrate. Regime forfetario – Che cos’è
Editor's note:
Cosa dice la legge per gli informatori scientifici del farmaco (ISF)
Art. 122, comma 3 del D.Lgs. 219/06: L’attività degli informatori scientifici è svolta sulla base di un rapporto di lavoro instaurato con un’unica impresa farmaceutica. Con decreto del Ministro della salute, su proposta dell’AIFA, possono essere previste, in ragione delle dimensioni e delle caratteristiche delle imprese, deroghe alle disposizioni previste dal precedente periodo.
Se lavori per un solo committente (cioè con un’unica impresa farmaceutica) sei considerato una falsa Partita IVA e, in caso di accertamenti da parte delle autorità, il tuo committente potrebbe essere obbligato a:
- assumerti a tempo indeterminato
- pagarti gli arretrati dall’inizio della vostra collaborazione, ovvero:
- salary
- contributions
- tasse da versare per conto tuo
- pagare delle sanzioni
Sei una falsa Partita IVA se hai queste condizioni:
- prestazione esclusivamente personale: il rapporto tra te e il tuo committente non è diretto e personale ma entri a fare parte a tutti gli effetti della sua struttura aziendale
- continuatività: la vostra collaborazione è continuativa nel tempo e non limitata ad un singolo progetto
- organizzazione e ripetizione: le tue mansioni vengono organizzate dal committente, che stabilisce orari di lavoro fissi e richiede la tua presenza nel suo ufficio o nella sede della sua azienda
Se si verificano almeno due di questi casi casi si parla di presunzione di subordinazione, che significa che se sei un libero professionista o un lavoratore autonomo ma lavori solo per un committente, è probabile che tu sia trattato come se fossi un dipendente a tutti gli effetti. (Legge 92/2012)
Queste regole sono state introdotte per tutelare te come lavoratore, che altrimenti potresti essere sfruttato da un committente disonesto che in questo modo ottiene tutti i benefici di un dipendente, senza dover pagare tutti i costi legati all’avere un lavoratore subordinato come ad esempio i contributi.
Per scoraggiare i rapporti con Partite Iva che nascondono veri e propri rapporti di subordinazione, è stata prevista l’inversione dell’onere della prova, che spetta quindi eventualmente al committente.
Sarà l’azienda eventualmente ad avere l’onere di provare che non si è trattato di un rapporto subordinato e in caso contrario dovrà trasformare il contratto di collaborazione e pagare pesanti sanzioni.
Nel caso in cui l’azienda non riesca a provare che non vi era un rapporto di lavoro subordinato, sarà soggetta a sanzioni e il lavoratore autonomo sarà considerato a tutti gli effetti un lavoratore dipendente a tempo indeterminato.
Le sanzioni che dovrà (sempre eventualmente) pagare l’azienda, saranno in proporzione alla durata del rapporto di lavoro subordinato, presentato come se fosse un lavoro autonomo. Per il lavoratore non sono previste sanzioni.
Sarà sempre il datore di lavoro a dover riqualificare il rapporto, attraverso la sua trasformazione in contratto di lavoro dipendente indeterminato e adempiere a tutti gli obblighi ad esso collegati a partire dalla data di origine del rapporto.
Secondo l’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione professionale dei Lavoratori), in Italia sugli 8,8 milioni di posizioni Iva aperte (di cui circa 6,5 milioni attive), quasi 400 mila sarebbero le false partite Iva
Nel 2024 l’Agenzia delle Entrate ha chiuso d’ufficio circa 6.000 partite IVA false.
La presunzione di falsa Partita IVA non opera in presenza di prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richieda l’iscrizione ad un ordine professionale ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati, dettando specifici requisiti e condizioni. …Ironia della sorte!