
È reato somministrare un farmaco scaduto da 20 giorni? Secondo la Cassazione no o per lo meno non c’è una responsabilità penale automatica in presenza di un farmaco scaduto, in assenza di un accertamento tecnico circa la sua effettiva pericolosità.
Riportiamo uno stralcio della Sentenza della Cassazione.
Il giorno 22 febbraio 2018 veniva effettuata dai NAS dei Carabinieri di Pescara una ispezione presso la RSA Villa Dorotea sita in Scoppito (L’Aquila). I militari dell’Arma avevano rinvenuto nel carrello delle terapie e nell’armadio della infermeria due scatole del farmaco ‘Duloxetina Teva Italia’ 60 mg (indicato nelle schede di somministrazione con il nome griffato di ‘Cymbalta’) in capsule con scadenza 31 gennaio 2018.
Gli ispettori dei NAS avevano accertato che l’armadio dei farmaci non era chiuso e che il ‘Cymbalta’ veniva somministrato unicamente ad una paziente; sulla relativa scatola era scritta la data di scadenza con un pennarello nero. A seguito dell’esame delle relative schede, gli operanti avevano identificato gli infermieri che – dal 1or al 21 febbraio 2018 alle ore 20:00 avevano somministrato il farmaco. Gli infermieri ed il medico responsabile della RSA e della somministrazione dei farmaci, che aveva colposamente violato gli obblighi di sorveglianza che incombevano su di lui, erano stati mandati a giudizio.
Gli imputati erano stati condannati a 4 mesi di reclusione (con pena sospesa) e 400 euro di multa il medico, gli altri operatori 8 mesi di reclusione (pena sospesa) e 800 euro di multa ciascuno. Condanne che erano state integralmente confermate dalla Corte d’appello dell’Aquila.
La Corte di Cassazione, a cui avevano ricorso, osserva che l’art. 443 cod. pen., rubricato “commercio o somministrazione di medicinali guasti”, punisce “chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti”, tutelando, in questo modo, l’interesse alla salute pubblica dalle condotte di conservazione o di preparazione di tali supporti sanitari privi di reale efficacia terapeutica per ragioni naturali e, dunque, fuori dai casi di contraffazione o di adulterazione degli stessi.
La particolare rilevanza del bene giuridico tutelato ha indotto il legislatore a costruire la fattispecie incriminatrice come reato di pericolo. Si è detto che l’oggetto materiale delle varie condotte di reato è costituito dai farmaci “guasti o imperfetti” e che le relative nozioni rimandano a situazioni in cui, rispettivamente, le sostanze medicinali siano state corrotte o deteriorate per cause naturali, senza l’intervento dell’uomo.
Una nozione, dunque, la quale, nella sua ampiezza, riconprende qualunque difettosità del medicinale, a condizione che essa sia tale da determinare un effettivo e apprezzabile depauperamento dell’efficacia curativa del farmaco. Tale esito interpretativo ha uno specifico riverbero in relazione ai medicinali scaduti, che, secondo un risalente indirizzo giurisprudenziale, dovrebbero essere considerati “inefficaci o comunque imperfetti”.
Il Collegio rileva che il semplice sopraggiungere della data di scadenza non appare necessariamente sussumibile (ndr: “inquadrato” in una categoria o regola più ampia) nella nozione di farmaco “guasto o imperfetto”, potendo il principio attivo dello stesso non essere stato reso ancora inefficace, in specie a breve distanza dalla scadenza (come verificatosi nel caso in esame nel quale il farmaco era scaduto il 31 gennaio 2018), rispondendo ad una massima di comune esperienza che un medicinale conserva la propria efficacia terapeutica anche dopo qualche tempo dalla data di scadenza indicata sulla confezione.
Ciò che, conseguentemente, renderà necessario verificare in concreto, attraverso un accertamento tecnico, se il farmaco scaduto sia effettivamente andato incontro a un processo di alterazione, divenendo pericoloso per la salute.
Deve rilevarsi che, non essendo stato compiuto alcun concreto accertamento, almeno alla luce dei dati fattuali indicati in sentenza, sul venir meno dell’efficacia terapeutica del farmaco scaduto, non è possibile affermare che essi fossero “guasti o imperfetti” nell’accezione prima ricordata. Ciò in ragione del fatto, già evidenziato, che la nozione di medicinale “guasto o imperfetto” presuppone una verifica sulle caratteristiche del farmaco scaduto, impedendo l’eventuale idoneità terapeutica del medicinale, in specie in epoca prossima allo spirare della data indicata sulla confezione, di qualificarlo nei termini indicati.
Ne consegue che un farmaco scaduto, ma comunque efficace sul piano dei principi attivi non può essere ricondotto all’oggetto materiale come descritto dalla norma incriminatrice (ovvero come “guasto o imperfetto”)
Ora dovrà esprimersi di nuovo la Corte d’appello di Perugia, chiamata a giudicare sul rinvio deciso dai giudici di Cassazione
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 1 Num. 22658 Anno 2025
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