
Farmaceutica, Trump minaccia dazi del 200%
L’annuncio oggi via social, dopo una riunione di gabinetto alla Casa Bianca – Ma potrebbe esserci un periodo di transizione
Corriere del Ticino – 8 luglio 2025
Una nuova «stangata» che spaventa non poco la Svizzera. In attesa della lettera dalla Casa Bianca a Berna,
che potrebbe arrivare in queste ore o nei prossimi giorni, oggi Donald Trump ha postato nuove anticipazioni sui dazi che potrebbero colpire il settore farmaceutico e delle materie prime, con percentuali a doppie e triple cifre.
Gli Stati Uniti – si legge sul social trumpiano Truth – imporranno a breve tariffe del 50% sulle importazioni di rame e potrebbero fissare tariffe del 200% sui prodotti farmaceutici dopo un periodo di transizione che potrebbe durare più di un anno.
«Annunceremo molto presto qualcosa sui prodotti farmaceutici», ha detto Trump durante una riunione di gabinetto martedì. «Daremo alle persone circa un anno, un anno e mezzo per entrare, e dopo di che saranno tassati se devono portare i prodotti farmaceutici nel Paese ad un tasso molto alto, come il 200 per cento».
Martedì scorso, il Presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che la scadenza del 1° agosto non sarà prorogata.
E il rame vola in Borsa
La reazione del mercato all’annuncio di Trump non è tardata ad arrivare. Il primo rimbalzo è quello del rame: le quotazioni del metallo sull’indice Comex sono salite del 10,5% a 5,89 dollari alla libbra, subito dopo l’annuncio del dazio.
Note:
Le parole di Trump sui dazi continuano ad alimentare l’incertezza, oggi parla di dazi del 200%, ieri del 25, domani chissà? Da un lato sembra ci siano segnali di distensione nel negoziato con Bruxelles, ma dall’altra il presidente Usa minaccia di colpire nuovi settori con tariffe spropositate.
«La Ue ora ci sta trattando molto bene», ha detto il tycoon in una riunione di governo, riferendo dei contatti avuti con la presidente della commissione europea e annunciando che «probabilmente siamo a due giorni dall’invio della lettera alla Ue» che preciserà l’entità dei dazi sull’export europeo. Nel frattempo minaccia di colpire la pharmaceutical con tariffe del 200% e fa sapere: «Annunceremo dazi sul rame, penso che saranno al 50%». (Fonte Corriere della Sera Economia)
“Presto annunceremo qualcosa sui prodotti farmaceutici. Daremo alle compagnie un anno, un anno e mezzo per venire qui e dopodiché dovranno pagare dazi doganali”, ha dichiarato il presidente americano durante la riunione di gabinetto. Ha aggiunto che si potrebbe arrivare a “qualcosa come il 200%”.
Quali sono le conseguenze dei dazi?
Dipende dall’aggiustamento di domanda e offerta, ma in generale provocano aumenti dei prezzi: per esempio beni essenziali e non facilmente sostituibili, come i farmaci importati negli Stati Uniti dall’Europa o gli alimentari importati da Messico e Canada, scaricano subito l’aumento tariffario sulle famiglie.
Secondo un’analisi di Goldman Sachs ogni punto percentuale di dazi in più sulle merci canadesi e messicane si traduce in un aumento dell’inflazione americana pari allo 0,1 per cento. (Fonte The sun 24 hours)
Gli Stati Uniti importano il 70% dei farmaci, dunque l’imposizione di dazi comporterebbe in primo luogo un danno per i consumatori USA, che si troverebbero a fronteggiare aumento dei prezzi (triplicati) e carenza di medicinali. I prezzi dei farmaci negli Stati Uniti sono generalmente molto più alti rispetto ad altri paesi sviluppati, spesso due o tre volte superiori, e in alcuni casi anche dieci volte più cari. Questo è vero sia per i farmaci di marca che per quelli generici, e può avere un impatto significativo sui costi sanitari dei e per i pazienti, la maggior parte dei quali deve pagarli di tasca propria. I prezzi dei farmaci in Europa sono amministrati dagli enti regolatori, negli States sono definiti dal mercato. Questo rende gli Usa, dove il sistema sanitario è dominato dalle assicurazioni private, una delle maggiori fonti di profitto per le multinazionali e le aziende europee. Non a caso in America c’è carenza di farmaci da banco, che non si producono più nel Paese. I prezzi negli Usa sono così in media da due a tre volte superiori a quelli di altre nazioni sviluppate e fino a 10 volte superiori rispetto ad alcuni Paesi.
L’aspetto più contradditorio è che Trump ha rilanciato anche una politica che mira a ridurre i costi dei farmaci legando i prezzi di alcuni medicinali negli Stati Uniti a quelli significativamente più bassi praticati all’estero. “Pagheremo il prezzo più basso al mondo. Prenderemo chiunque paghi il prezzo più basso, quello è il prezzo che otterremo”. Aveva dichiarato a maggio. Problematico da attuare con dazi del 200%.
L’eventuale futura imposizione di dazi doganali da parte degli USA sui farmaci importati dall’Europa comporterebbe dei danni anche per i produttori europei. L’Italia esporta farmaci nel mondo per complessivi 54 miliardi di euro all’anno, verso gli Stati Uniti per 11 miliardi di euro all’anno. Un provvedimento in questo senso comporterebbe anche ostacoli al progresso della ricerca farmacologica in tutto il mondo.
Secondo Marcello Cattani, presidente Farmindustria l‘applicazione di dazi reciproci, ipotizziamo, al 25% sui farmaci tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi potrebbe avere un impatto enorme sulla farmaceutica globale con 76,6 miliardi di dollari di costi per le aziende, 2,5 dei quali a carico delle imprese farmaceutiche che operano in Italia.
La minaccia di dazi è “un rischio concreto per le nostre aziende e per l’intera filiera manifatturiera farmaceutica. Avrebbe però contraccolpi anche per gli Usa e per i suoi cittadini”, spiega Marcello Cattani, presidente di Farmindustria.
Secondo l’economista sanitario, Fabrizio Gianfrate, l’applicazione dei dazi rischia di produrre effetti negativi su larga scala. Almeno una parte dell’aggravio dei costi in carico alle aziende, per esempio, verrebbe trasferita sul prezzo dei farmaci, finendo per gravare sui pazienti o sugli Stati. Inoltre, alcuni medicinali, a causa dell’aumento dei costi, potrebbero diventare non più profittevoli per le aziende ed essere ritirati, dando luogo a carenze. Inoltre l’effetto inflazionistico con l’aumento dei prezzi sarebbe a spirale: prezzi più elevati, maggiori i dazi da pagare, quindi prezzi ancora più su e così via a crescere, in una pericolosa escalation che ad un certo punto richiederebbe interventi normativi che imporrebbero in modo direttivo regole calmieratrici anti-mercato a loro volta potenzialmente foriere di ulteriori distorsioni e anomalie.
I primi effetti della decisione di Trump sono tuttavia di evidenza empirica con un pesante calo in Borsa delle principali case farmaceutiche
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