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Farmaci: margini di ricavo.

Il CERM è un centro di ricerche indipendente con la finalità istituzionale di concorrere all’innalzamento della qualità tecnica e della trasparenza delle decisioni di politica economica e di regolazione dei mercati. Il CERM è presieduto e diretto dal Prof. Fabio Pammolli, docente di Economia e Management presso l’Università di Firenze e Direttore di I.M.T. Alti Studi Lucca. Più volte il CERM si è occupato di farmaci e della filiera distributiva analizzandone i livelli di regolamentazione legislativa ed economica. Nello studio presentato Fabio Pammolli e Nicola C. Salerno analizzano i margini di ricavo dei farmaci di fascia C giungendo a in sintesi ai seguenti risultati. (vai al documento)
Se si prendono in esame le prime 30 confezioni (per controvalore delle vendite nel 2003) di farmaci “C” con e senza obbligo di prescrizione e over the counter (30 per ciascuna delle tre categorie), e si confrontano prezzi ex-factory e prezzi al consumo, emerge un risultato chiar il margine di ricavo della distribuzione è proporzionale al prezzo con aliquota allineata a quella (33,35%) stabilita ex lege per il primo scaglione di prezzo dei farmaci rimborsabili, senza applicazione dello sconto obbligatorio dovuto dalle farmacie al SSN. Questo avviene, nonostante in fascia “C” siano liberi sin dal 1995 sia i prezzi exfactory che i margini della distribuzione.
Il perfetto allineamento dei margini di ricavo di confezioni di prodotti diversi di case produttrici diverse è un altro sintomo della condizione di chiusura al mercato e di forte istinto corporativistico della filiera distributiva, che riesce a mantenere sempre invariate le condizioni contrattuali, senza distinguo per la tipologia di produttore/prodotto e per i volumi in transazione. Si tratta di un risultato compatibile con la presenza di un vero e proprio monopsonio, cioè di un “acquirente unico” (la filiera distributiva) attraverso cui è necessario passare e che può quindi imporre indistintamente e arbitrariamente il suo potere contrattuale.
Si spiega così la “classifica” redatta per conto della Commissione Europea dall’Istituto di Alti Studi di Vienna, che pone l’Italia al vertice per ricavo medio della distribuzione sulla standard unit di tutti i farmaci (“A” e “C”): + 34% rispetto alla media UE e più del doppio del Regno Unito.
In conclusione, non esiste una filiera distributiva per i farmaci rimborsabili ed una, separata, per i farmaci non rimborsabili: operatori e strumenti sono i medesimi ed è logico, quindi, che malfunzionamenti ed inefficienze si trasferiscano da una parte all’altra. Sia in fascia “A” che in fascia “C” l’obiettivo che il policy maker dovrebbe perseguire è quello di avvicinare il più possibile i ricavi ai costi efficienti di produzione. La soluzione è comune:
[a] liberalizzare completamente l’apertura delle farmacie;
[b] liberalizzare completamente i margini di ricavo delle farmacie;
[c] come diretta conseguenza di 1. e 2., permettere piena concorrenza à la Bertrand tra farmacie, cioè concorrenza sul margine da loro richiesto, sotto il vincolo del prezzo massimo al consumo per l’ammissione a rimborso.
Senza il primo punto (la liberalizzazione di base dell’offerta) gli altri due facilmente rimangono facoltà formalmente percorribili ma concretamente non convenienti e quindi accantonate, come testimoniato dalla forma, dal livello e dall’allineamento dei margini di ricavo in fascia “C” .
L’apertura al mercato fa bene sia in fascia “A” che in fascia “C”.
Da “movimento nazionale liberi Farmacisti

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