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Farmacisti: allarme mercato parallelo dei medicinali

ROMA — L’indagine è locale, il problema nazionale. Federfarma Salerno ha istituito una commissione ad hoc che avrà il compito di monitorare la situazione di una ventina di medicinali che risultano mancanti nelle farmacie italiane o difficilmente reperibili sul mercato nazionale. Il sospetto, avanzato dagli esperti del settore, è che i farmaci vengano dirottati sul mercato parallelo e quindi esportati nei paesi esteri, dove il prezzo è più alto.

Il fenomeno lucroso è stato portato alla luce da diversi farmacisti, ma solo di recente ha raggiunto livelli così estesi e preoccupanti. Secondo quanto è emerso, diverse farmacie, grossisti ed aziende specializzate, “rastrellano” dal mercato grandi quantità di farmaci per poi aggregarle e esportarle in mercati dove i farmaci vengono commercializzati a costi più elevati.

Fra i medicinali maggiormente ricercati e praticamente introvabili in gran parte delle farmacie italiane ci sono i cosiddetti “contingentati”: Clexane, Cymbalta, Questran, Requip, Seroquel, Sinemet, Tegretol, Xeristar.

Il fenomeno del mercato parallelo e la pratica dell’import export di farmaci sono ovviamente poco graditi dalle case produttrici. Per evitarli, le industrie farmaceutiche sono ricorse al cosiddetto “microbrik”, ovvero la suddivisione rigorosa del territorio italiano, con un fabbisogno massimo determinato. In sostanza, il farmaco viene immesso sul territorio in piccole quantità predefinite, stabilite per grossista o per singola farmacia.

Gli sforzi però non paiono aver ottenuto i risultati voluti, dal momento che un numero preoccupante di grossisti e farmacie si starebbe dedicando a rastrellare dal mercato medicinali in quantità per poi spedirli all’estero.

E dire che la pratica, per quanto lucrosa, non ha nulla di illegale. La norma che la consente è contenuta nel cosiddetto “Decreto Bersani”. Decreto che, detto per inciso, aveva ben altre finalità, ma che alla fine sta determinando un danno al mondo della farmaceutica tradizionale.

L’export di farmaci può infatti essere esercitato grazie a un’autorizzazione disponibile fin dal 2006, cioè da quando è stata cancellata la norma che stabiliva il divieto di cumulo fra l’attività farmaceutica vera e propria e quella di grossista.

Risultato: un numero sempre maggiore di farmacisti si sono dati al commercio all’ingrosso, rastrellando sul mercato nazionale quei medicinali che risultano contingentati, e quindi scarsamente reperibili dai produttori o dai grossisti istituzionali.

Farmacie di questo tipo, spiegano gli esperti del settore, sono di solito in contatto con operatori commerciali che acquistano lotti di medicinali per poi esportarli in paesi stranieri dove il prezzo lievita esponenzialmente.

Il che significa fare utili in grandi quantità, ma nel contempo

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