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Farmindustria. Discordia sul contratto dei chimici

Che succede in Confindustria? La rivoluzione annunciata delle relazioni industriali non c’è stata. La fronda veneta innesca la protesta. Contratto dei chimici in contraddizione con la linea messa a punto a luglio da Confindustria: poco innovativo e assai distante dal «Manifesto per le relazioni industriali»

Squinzi, Dolcetta e i contratti della discordia

Bruno Guarini – 21/10/2015 – formiche

Sarà il contratto dei chimici il cavallo di Troia sindacale per aggirare la linea dura della Confindustria e mettere in difficoltà Giorgio Squinzi?

E’ stata questa all’incirca la domanda che si poneva lo scorso 13 ottobre la firma del Corriere della SeraDario Di Vico, che segue da anni le vicende e le evoluzioni dei sindacati dei lavoratori e degli imprenditori.

La risposta è arrivata qualche giorno dopo con il rinnovo del contratto da parte di Federchimica – espressione anche di Squinzi, patron della Mapei – e di Cgil, Cisl e Uil.

Il rinnovo si basa su una piattaforma non del tutto coincidente con l’impostazione più severa anche in termini economici che era stata espressa qualche giorno prima dal presidente di Confindustria, secondo alcune letture sindacali.

“Tutto era già pronto da tempo – ha scritto invece l’ex giornalista del Sole 24 OreMassimo Mascini, sul Diario del lavoro – serviva il via libera da Confindustria che voleva prima far arrivare a tutti il proprio pentalogo di indicazioni”.

Per Di Vico, invece, la firma unitaria per il contratto dei chimici segna un punto a favore in particolare del segretario della Cgil: “Camusso ha piazzato un colpo secco alla volontà di Squinzi di imprimere una svolta alle relazioni industriali spostando il baricentro dai contratti nazionali alla fabbrica”.

In questa situazione fluida s’inserisce la notizia della lettera inviata a Squinzi da parte di Stefano Dolcetta (nella foto sotto a destra), vicepresidente della confederazione con deleghe proprio alle relazioni industriali e al welfare: “Non mi sono dimesso, gli ho chiesto chiarimenti sulla questione contrattuale”, ha detto Dolcetta. Oggi è in programma un incontro fra Squinzi e Dolcetta, esponente di Federmeccanica, vicentino, amministratore delegato di Fiamm, l’azienda che produce batterie.

Parole indicative, quelle di Dolcetta, frutto anche degli sbuffi giunti dagli industriali veneti, come raccontato oggi dal Gazzettino di Venezia. Il vicepresidente con delega proprio alle relazioni industriali, secondo la ricostruzione di Formiche.net, condivide le perplessità della Federmeccanica sull’ultimo rinnovo contrattuale dei chimici al quale potrebbe seguire presto anche quello nel settore alimentare con la confindustriale Federalimentare pronta a chiudere un accordo con i tre sindacali, proprio come successo tra Federchimica e le organizzazioni sindacali.

La decisione di Federchimica e Federalimentare ha messo in mostra una mancanza di linea comune all’interno della confederazione. Un aspetto sul quale Dolcetta avrebbe posto l’accento nei pour parler avuti in questi giorni.

Sullo sfondo, secondo alcuni osservatori, ci sarebbe anche la lunga marcia già iniziata per la successione a Squinzi Mentre altri pongono l’attenzione su differenze più di forma che di sostanza: “Non è un problema di ‘linea’ ma di governance della ‘linea’”.

Dolcetta: «Resto, ma non tutto è risolto»

Riforma dei contratti, faccia a faccia non decisivo tra il vicepresidente di Confindustria e il leader Squinzi. La fronda veneta rischia di innescare la protesta

VENEZIA «Resto, ma non tutto è risolto». Stefano Dolcetta, amministratore delegato del colosso degli accumulatori Fiamm e vicepresidente nazionale di Confindustria con delega alle relazioni sindacali, è uscito così mercoledì 21 a Roma dal faccia a faccia con il leader Giorgio Squinzi. Incontro atteso come chiarificatore, dopo la rottura sfiorata sul contrattolampo dei chimici – di cui fa parte anche la Mapei di Squinzi – firmato giovedì scorso, su cui Dolcetta, trovatosi spiazzato, aveva minacciato le dimissioni. Trovando alle spalle il sostegno delle Confindustrie venete, dopo la lettera firmata lunedì dai presidenti di Vicenza, Padova e Treviso, Giuseppe Zigliotto, Massimo Finco e Maria Cristina Piovesana. Un duro atto di censura, in cui i tre esprimono «sorpresa» per la firma del contratto dei chimici. «Ci attendavamo un forte cambiamento anche nelle relazioni con il sindacato – scrivono i leader -. Invece questa vicenda assume un forte significato di rafforzamento della Cgil, tanto che lo stesso segretario nazionale ha parlato di scommessa vinta».

E soprattutto sta in piena contraddizione con la linea messa a punto a luglio da Confindustria, e confermata al consiglio generale di Taranto a fine settembre, di spostare più in avanti i rinnovi contrattuali, per spingere prima sul rinnovo del sistema contrattuale, che sposti la trattativa sugli aumenti di stipendio dalla sede nazionale a quella locale e azienda per azienda, legandola alla produttività. Linea che Squinzi aveva confermato anche all’assemblea di Confindustria Vicenza , il 28 settembre, e che ora è difficile da sostenere (e il 5 novembre parte la trattativa sul contratto dei metalmeccanici, vera spina dorsale delle relazioni industriali), di fronte ad una firma come questa. Nella lettera, i tre presidenti parlano di «precedente che mette in evidente difficoltà le altre categorie». «In ballo c’è il rinnovo molto delicato dei metalmeccanici. E adesso si aprono scenari nuovi. Sarebbe sbagliato non tenere la linea», si limita a dire Zigliotto. Ma la lettera delle tre Confindustrie è di fatto la linea del Veneto, pur se nelle associazioni pochi concedono parole. «Sono argomenti sui quali siamo tutti d’accordo – dice ad esempio il leader di Belluno, Luca Barbini – prima si deve creare il reddito, poi si può pensare a distribuirlo. Non possiamo ancora seguire modelli come questo, che riconosce un 2% annuo di inflazione programmata, anche se non c’è più».

E Dolcetta? Il chiarimento con Squinzi c’è stato fino a un certo punto. Complice un incontro solo lampo nel pomeriggio. «C’erano due punti da affrontare, di metodo e di merito – dice con diplomazia Dolcetta -. Sul primo ci siamo chiariti, sul secondo non abbiamo ancora risolto tutto. Resto al mio posto, ma ancora non abbiamo sciolto tutti i nodi». Insomma, par di capire, passi per l’esser scavalcati; ma il nodo di sostanza che resta da risolvere è sulla linea da tenere ora, se sarà confermata quella di cercare una svolta sul modello contrattuale, dopo un pesante passo falso. Sarà questo il test decisivo sui cui Dolcetta deciderà di confermare la sua permanenza alla vicepresidenza. «Prima si produce la ricchezza, poi la si distribuisce – dice lui -. Dobbiamo recuperare un pesante gap di produttività con gli altri Paesi. E non credo che nel contratto dei chimici si sia visto un passo avanti su questa strada». Insomma, la sostanza vera è ancora tutta da sciogliere.

E giovedì 22 Confindustria vivrà un altro giorno della verità nel consiglio generale a Roma. Una riunione che alla vigilia si annuncia rovente e in cui la fronda veneta contro Squinzi sul nodo dei contratti rischia di trovarsi in affollata compagnia. Sullo sfondo si pone già a questo punto anche la questione della partita del dopo- Squinzi, che passerà la mano nella primavera 2016. Va detto con chiarezza che i distinguo di Dolcetta e la linea dura dei veneti nulla hanno a che vedere direttamente con questo, nemmeno nel senso di saggiare schieramenti di partenza o eventuali candidature (che tra l’altro Dolcetta non cerca), nella partita che si apre a campo sgombro, dopo il ritiro di un candidato di peso come il presidente di Assolombarda, Gianfelice Rocca. Ma in questo quadro l’altolà di Dolcetta e la dura lettera dei presidenti veneti su una questione sentita come la revisione dei contratti rimette il Nordest al centro della partita della presidenza che si prepara al fischio d’inizio.

22 ottobre 2015 . Corriere del Veneto

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Per ora il dopo-Squinzi si gioca solo a carte coperte

Redazione Fedaisf

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