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Gemmato, responsabile sanità di fratelli d’Italia: «No alle case di comunità»

Le Case di Comunità

Le Case di Comunità rappresentano un nuovo strumento del Servizio Sanitario Nazionale che andrà collocato in modo appropriato nel sistema delle cure territoriali e che, grazie ai finanziamenti del PNRR (2 miliardi), si svilupperà in 1288 strutture, ampliabili a 1350, una ogni 40/50.000 abitanti.

La Casa di Comunità introduce un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare attraverso la modalità operativa dell’équipe multiprofessionale territoriale. L’attività, infatti, deve essere organizzata in modo tale da permettere un’azione d’équipe tra Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, Specialisti Ambulatoriali Interni – anche nelle loro forme organizzative – Infermieri di Famiglia o Comunità (IFAoC), altri professionisti della salute disponibili a legislazione vigente nell’ambito delle aziende sanitarie, quali ad esempio Psicologi, Ostetrici, Professionisti dell’area della Prevenzione, della Riabilitazione e Tecnica, e Assistenti Sociali.

Ci sarà una «presenza medica» 24 ore al giorno sette giorni su sette, insieme agli infermieri (12 ore al giorno per 7 giorni).

 Dovranno lavorare come un filtro sul territorio per evitare accessi impropri negli ospedali gestendo in particolare i pazienti anziani e cronici con più patologie

La riforma della sanità territoriale con la configurazione delle nuove Case di Comunità non trova tutti entusiasti. Il Forum Terzo Settore ha espresso la sua delusione: “Il testo che esce dalla Conferenza Unificata viene ‘sbianchettato’, viene chirurgicamente tolto tutto ciò che fa riferimento all’integrazione socio-sanitaria. Ora le Case di Comunità sono state riconfigurate, assolvono in larga parte a funzioni di tipo sanitario», ha dichiarato il coordinatore del Forum, Dr. Speziale. La Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti da mesi denuncia però l’assenza di un progetto concreto da parte delle Regioni e l’assenza di una direttrice chiara da parte del Governo centrale.

La proposta

Marcello Gemmato, farmacista di Terlizzi (BA), responsabile sanità di FdI e rieletto alla Camera, che potrebbe avere un ruolo importante nel futuro governo, ieri ha annunciato: «No alle case di comunità. Per offrire una concreta medicina di prossimità serve puntare sui medici di famiglia e i farmacisti dotati di strumenti diagnostici di base. Con la dotazione che nel Pnrr è prevista (7 miliardi) per la telemedicina, questi professionisti possono fare di studi e farmacie gli hub in cui fare analisi di prima istanza, ecografie, elettrocardiogrammi. Si potrebbe contare in questo modo su una sanità diffusa che può sopperire anche alla chiusura di tanti ospedali». Una posizione che sembra prefigurare il ritorno al passato, pre Servizio sanitario nazionale. Continua Gemmato: «Rischiamo di non realizzare una vera medicina di prossimità escludendo i paesini, le aree disagiate. Per alcuni potrebbe significare farsi 20 minuti di auto per arrivare alla casa di comunità. Mentre il medico di base e il farmacista attrezzati garantiscono l’assistenza davvero prossima». [dichiarazioni raccolte da Quotidiano Sanità,  dal Manifesto, Nurse Times, Infermieristicamente, RifDay, ecc.].

Dalle sue parole viene fuori anche un altro punto nodale dei piani di FdI: mettere in discussione il Pnrr senza dirlo in modo esplicito.

Critiche sono state espresse da Andrea Filippi, segretario nazionale Fp Cgil Medici: «Abbiamo contestato la riforma di Speranza per la mancanza di una visione di sistema che davvero potenziasse servizi multiprofessionali. Ora addirittura le proposte di Gemmato insistono sulla frammentazione degli studi privati e delle farmacie. Come dire: siccome non è stato previsto il personale, e noi di FdI non vogliamo metterci le risorse, arrangiamoci. Sembra una strategia per svuotare il Ssn lasciando campo libero alla privatizzazione». Dalla Lorenzin: “Attenzione a far saltare la riforma della medicina territoriale. Rischiamo il disastro”. Il presidente dell’Ordine dei Biologi, D’Anna: “Non bastano solo i medici e i farmacisti per farla funzionare”. Annamaria Parente (Iv): “Proposta di Gemmato non convince, il peso non può ricadere solo su medici base”

Notizie correlate:

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Redazione Fedaisf

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